La Spagna lasciava il Novecento, povero, brutale e fratricida prima, colorato, disinibito ed esagerato dopo, con Todo sobre mi madre (1999) e l’Oscar a Pedro Almodóvar come Miglior film straniero. Seguendo il percorso del regista todo ibérico di Calzada de Calatrava, al confine con la caliente Andalucía, la Spagna entra nel nuovo millennio con Hable con ella (2002) e non senza premi: nuovamente Miglior film straniero ai Golden Globe come il precedente, più l’Oscar a don Pedro come miglior sceneggiatura originale – e la nomination come miglior regista. Il film, tra i più toccanti della sua carriera, precede quello che ritengo il capolavoro del regista post-oscar.
Dopo una prima parte della carriera, esuberante e colorata, che vede nel melodramma di Todo sobre mi madre l’apoteosi del dramma barocco, inseguito durante tutti gli anni novanta, e non senza successo già con Carne tremula (1997), Almodóvar entra negli anni duemila non solo con più sicurezza registica, ma anche con toni più scuri, più drammatici e più riflessivi, dove tutto si fa più sobrio e rigoroso e dove si attenua il famoso desbordamiento kitsch fatto di appartamenti colorati e look postmoderni. Nel 2004 firma il capolavoro di questi ultimi quindici anni, La mala educación, dove ritroviamo molte delle tematiche dell’autore manchego come l’esperienza sessuale nelle sue varie declinazioni, euforica, disinibita, ambigua, problematica, omoerotica, libidica, perversa o sacrilega, l’ingerenza della chiesa cattolica, la maternità, il gioco meta-narrativo e meta-visuale fatto di teatralità per nulla velate, di cinema che parla di se stesso anche attraverso inserti narrativi come pubblicità, cultura popolare, brani di altri film e così via. Lungo l’arco di questa sua seconda fase Pedro indagherà le forme e i contenuti della sua personale idea di melodramma con Volver (2006) e Los abrazos rotos (2009), toccando vette pop-gotiche in La piel que habito (2011) e regalando nel 2013 Los amantes pasajeros, un piccolo gioiello anarchico e spudorato, incompreso da critica e pubblico, dove un nutrito gruppo di attori di nuova generazione si prestano divertiti per il ritorno al desbordamiento kitsch di don Pedro.
Dopo un decennio esuberante, Álex de la Iglesia sembra aver perso il graffio degli esordi, ma è solo apparenza. Nel 2000 conquista la critica con La comunidad. L’attrice protagonista, l’almodovariana Carmen Maura, vincitrice del Goya per questo ruolo, sancisce con la sua presenza la buona relazione tra Álex de la Iglesia e Pedro Almodóvar. Una collaborazione iniziata già nei primi anni ’90, quando l’allora esordiente regista bilbaino, con il suo cortometraggio Mirindas asesinas (1991) attirò l’attenzione della Deseo di don Pedro che volle così partecipare alla produzione del suo primo lungometraggio, Acción mutante (1993).
Purtroppo, il film successivo a La comunidad, 800 balas, un omaggio non solo agli spaghetti-western e all’Almería, tierra de cine, terra di leoniana memoria, ma anche un omaggio ai tanti cascatori che lavorano tutto l’anno nei villaggi western come banditi, sceriffi e cowboys, tra polvere e temperature impossibili, è un fiasco totale. Incassa infatti due volte meno dei precedenti film di Álex: El día de la Bestia incassava più di 4 milioni di euro e Muertos de risa (1999) ben 6 milioni, La comunidad se ne portava a casa quasi 7, mentre questo sfortunato 800 balas ne incassa solo quasi 2 milioni. Se escludiamo il meritato Goya a Sancho Gracia, uno dei più grandi attori spagnoli scomparso nel 2012, il film sembrava segnare la fine prematura dell’irresistibile cinema di Álex de la Iglesia. Fortunatamente, le cose vanno in tutt'altro modo; seguono infatti, film che incassano e piacciono alla critica e anche al pubblico: Crimen ferpecto (2004), The Oxford Murders (2008), Balada triste de trompeta (2010) che è anche un successo internazionale premiato al Festival di Venezia, La chispa de la vida (2012) e il travolgente e anarchico Las brujas de Zugarramurdi (2013).
Il nuovo millennio non è solo appannaggio dei nuovi registi degli anni ’80 e ’90 con le loro esagerazioni e parabole kitsch, ma vede ugualmente in attività i grandi autori della recente cinematografia spagnola. Con un cinema più classico e tradizionale nella forma, ma personale e intellettualmente libero nei contenuti, continuano a fare film registi come Montxo Armendáriz, incapace di fare brutti film anche se si impegnasse, come Silencio roto (2011), Obaba (2005) e No tengas miedo (2011); Fernando León de Aranoa, che dopo gli ottimi esordi conquista pubblico e critica con Los lunes al sol, pluripremiato in patria, con Javier Bardem e Luis Tosar, segue con Princesas (2005), il documentario Invisibles (2007), Amador (2010) e Un día perfecto (2015), sempre mettendo al centro delle sue storie temi di attualità e di denuncia come il lavoro, la prostituzione, il disagio sociale e l’immigrazione.
Anche Alejandro Amenábar continua la sua carriera nel nuovo millennio. Poco prolifico, solo quattro film in quindici anni, il nativo cileno fa il giro del mondo con Los otros (2001) beneficiando sia della produzione internazionale e della presenza di Nicole Kidman, sia per l’attenzione che gravita intorno al nuovo cinema horror spagnolo. Il successo continua nel 2004 con Mar adentro, che porta in Spagna il quarto Oscar e che sdogana definitivamente Javier Bardem oltreoceano – Prima che sia notte è del 2000, ma è dopo il 2004 che inizia la vera carriera americana dell’attore canario. Successivamente Amenábar sembra perdersi. Nel 2009 dirige il controverso Agorá, sulla martire pagana Ipazia, che creerà non pochi problemi alla distribuzione del film, conquistando comunque ottimi consensi in patria. Tornerà alla regia cinematografica nel 2015 con Regression, produzione americana con Ethan Hawke e Emma Watson.
Tra i migliori registi spagnoli di oggi c’è sicuramente Alberto Rodríguez. Il regista sevigliano ha ancora una filmografia corta, ma i suoi titoli sono già tra le opere più rappresentative della Spagna degli anni duemila. Il suo respiro è ampio e internazionale; l’estetica è precisa e curata nel dettaglio e sa infondere anima a ogni luogo, dagli interni alle architetture esterne fino alla natura e a ogni suo angolo; i suoi personaggi sono romanzeschi e complessi, ma sono anche maschere e simboli, affidati ad attori di grande spessore e sempre ispirati; usa il cinema di genere per rappresentare e rileggere non solo il suo paese, ma i conflitti e i torbidi dell’uomo contemporaneo. Fin dal 2005, anno del suo terzo film, 7 vírgenes, è nominato ai Goya per ogni sua successiva regia e sceneggiatura originale: After (2009), Grupo 7 (2012) e La isla mínima che finalmente gli permette di conquistare i Goya personali per film, regia e sceneggiatura più altrettanti alla pellicola, come costumi, direzione artistica, montaggio, fotografia di Alex Catalán, musiche originali di Julio de la Rosa e gli attori Javier Gutiérrez e Nerea Barros. Insieme a Pedro Almodóvar e Álex de la Iglesia è il terzo grande regista spagnolo di oggi, con uno stile, una forma e un immaginario personali e riconoscibili.
Il terzo millennio vede perdersi un po’ per strada alcuni registi dei decenni precedenti. L’enfant terrible Juanma Bajo Ulloa, dopo Frágil (2004), firmerà solo il documentario Historia de un grupo de rock (2008) e il videoclip La flor del tiempo (2011) per la rock band indipendente Cronometrobudú; Imanol Uribe, dopo il buon Plenilunio (2000) girerà solo altri tre titoli in dodici anni; anche per José Luis Cuerda pochi titoli, seppur buoni come Los girasoles ciegos (2008) e Todo es silencio (2011); Julio Medem non raggiunge più le vette di Los amantes del Círculo Polar (1998) e di Lucía y el sexo (2000), girando solo due film, Caótica Ana (2007) e Habitación en Roma (2010), più tre cortometraggi e un documentario; più costante Vicente Aranda che resta però fermo a Luna caliente (2010), mentre Fernando Trueba, dopo qualche titolo passato inosservato, si ferma al 2012 con El artista y la modelo e sembra aver passato da tempo il testimone al fratello scrittore, David Trueba che tra Soldados de salamina (2002), Bienvenido a casa (2006), Madrid, 1987 (2010) e il successo limpido e cristallino di Vivir es fácil con los ojos cerrados (2014), selezionato dalla Spagna come film in corsa per gli Oscar, è tra gli autori spagnoli più interessanti del momento.
Caratteristica di questo particolare momento estetico e narrativo è la rielaborazione di generi non autoctoni come l’horror e il thriller che, come nel resto d’Europa, erano già stati risemantizzati tra i ’60 e i ’70 (1). Inoltre si consolidano e si cristallizzano altre tendenze narrativo-estetiche tipiche del cinema spagnolo come la commedia sentimentale o treintañera, di ambientazione urbana, senza dirette e forti denunce sociali, basata su problemi d’amore, problemi famigliari, problemi lavorativi, crisi dei trent’anni e così via, a volte commedia degli equivoci, a volte commedia di caratteri, a volte road movie o avventura picaresca come Las razones de mis amigos (2000), En la ciudad (2003), Fuga de cerebros (2009), Primos (2011), Por un puñado de besos (2014), Perdiendo el norte (2015) o l’intera filmografia della coppia David Menkes e Alfonso Albacete da Más que amor, frenesí (1996) a Entre vivir y soñar (2004), a cui fa da contraltare una commedia divertente e intelligente allo stesso tempo, più amara, più sociale, figlia di questa contemporaneità, una commedia d’autore che con il sorriso e la leggerezza del vivere non teme di puntare il dito su questioni di un certo peso etico o politico o esistenziale, come hanno fatto Krámpack (2000), A mi madre le gustan las mujeres (2002), AzulOscuroCasiNegro (2006), Spanish Movie (2009), La gran familia española (2013), Tres bodas de más (2013), Vivir es fácil con los ojos cerrados (2013), Ismael (2013), Ocho apellidos vascos (2014) e Sexo fácil, películas tristes (2015), un tipo di commedia i cui registi di riferimento sembrano essere Daniel Sánchez Arévalo e Javier Ruiz Caldera, mentre il volto più rappresentativo sembra essere quello di Quim Gutiérrez.
A queste due tipologie di commedia va aggiunta quella strettamente, tipicamente e unicamente spagnola: l’esperpento. Chi non ha fatto studi spagnoli forse non sa che “esperpento” significa tradizionalmente “spauracchio, mostriciattolo” e divenne a inizi del Novecento la parola chiave della poetica e dell’estetica di uno dei più grandi autori spagnoli della storia, Ramón María del Valle-Inclán, significando così “grottesco, caricaturale, deformato”. I tratti principali sono la cosificazione e l’animalizzazione dei personaggi e quindi anche degli attori e della loro recitazione a teatro; il gioco stilizzato dei contrasti; il miscuglio tra realtà e incubo, con ciò che comporta in termini estetici, tra cui la deformazione sensibile della realtà e un linguaggio popolaresco e colloquiale letteraturizzato; inoltre, queste varie forme di degradazione suggeriscono da un lato l’uso di ambienti marginali della società come taverne malfamate, bordelli, osterie popolari e comunque qualsiasi tipo di abitazione misera e in rovina, e dall’altro personaggi tipici di questi ambienti o di questa società marginale e deformata, come ubriaconi, prostitute, mendicanti, poveracci, ladruncoli e artisti squattrinati.
Questa poetica prettamente spagnola, seguendo l’eredità del barocco secentesco e mutuandosi con il coevo espressionismo tedesco, è la miglior forma di rappresentazione del famoso desengaño spagnolo, l’insanabile contrasto tra la grandezza e l’anima grottesca del regno di Spagna, che nel Novecento vedrà nella fratricida Guerra Civile l’apice di questo contrasto. Anche nel terzo millennio gli artisti spagnoli non si dimenticano di questa loro naturale forma di creazione che prende le mosse già tra quattro e cinquecento con La celestina e il Lazarillo de Tormes per certi versi, e l’opera di Francisco de Quevedo per altri, senza contare i dipinti di Francisco de Goya tra sette e ottocento. Squisitamente esperpenticos sono i film di Álex de la Iglesia e Santiago Segura, a cui si accodano Juanma Bajo Ulloa con Airbag (1997) e Isaki Lacuesta con Murieron por encima de sus posibilidades (2014). I toni sono estremamente grotteschi ed è immediata la percezione di fuga ludica e intellettuale dal realismo attraverso i ricorsi estetici dell’esagerazione, della deformazione e dell’esasperazione dei caratteri, degli ambienti, delle situazioni e del linguaggio: le persone diventano personaggi.
La Spagna, terra di grandi contrasti, ha anche un’ottima tradizione drammatica. Oltre alle commedie sentimentali, d’autore ed esperpentiche, ci sono numerosi esempi pienamente riusciti di drammi sociali, con un massimo di naturalismo e di denuncia civile e politica come Techo y comida (2015) di Juan Miguel del Castillo, A cambio de nada (2015) di Daniel Guzmán, i film del già citato Fernando León de Aranoa o la svolta severa della coppia Menkes y Albacete con Mentiras y gordas (2009).
Allo stesso modo, ma su binari opposti, viaggia il dramma mitico, fatto di metafore, simbologie, echi onirici e letterari, che si allontana dal tipico realismo sociale iberico pur restando ancorato ad un estetica naturalistica, e per il quale potremmo parlare di realismo magico. Da Las Hurdes di Luis Buñuel (1933) a La madre muerta di Juanma Bajo Ulloa (1993), Los amantes del Círculo Polar (1998) di Julio Medem, Secretos del corazón (1997) di Montxo Armendáriz, fino alle recenti produzioni in bilico tra realismo e fantasy, come Verbo (2010) di Eduardo Chapero-Jackson, Fin (2012) di Jorge Torregrossa e Todos están muertos (2014) di Beatriz Sanchís, per non parlare delle numerose pellicole costumbriste, ovvero di impianto realista con procedimenti naturalistici, che o per un elemento magico e fantastico o per uno sguardo registico che strizza l’occhio alla favola, soprattutto quando i protagonisti sono dei bambini, ammantano di magia il racconto realista, tanto da poter parlare di realismo magico costumbrista come Pa negre (2010) di Agustí Villarongau, Entrelobos (2010) di Gerardo Olivares, Alacrán enamorado (2013) di Santiago Zannou (2), ai quali va aggiunta la poesia della natura di Guadalquivir (2013) di Joaquín Gutiérrez Acha.
Anche la Spagna ha il suo cinema di avanguardia e sperimentale. Non solo Arrebato (1979) di Iván Zulueta, e prima ancora il cinema surrealista di Buñuel, ma anche il recente cinema di Jaime Rosales, vincitore del Goya nel 2007 con La soledad, che con Tiro en la cabeza (2008) filma i pedinamenti di un uomo lasciando allo spettatore soltanto rumori di fondo e dialoghi lontani. Lo sperimentalismo si sa non paga, ma può aiutare nella crescita del linguaggio cinematografico. L’osservazione di un oggetto in immagine fissa e in movimento in Unas fotos en la ciudad de Sylvia/En la ciudad de Sylvia (2007) di José Luis Guerín, tra documetario e narrazione; il silenzio o la sinfonia musicale come narrazione in El silencio antes de Bach (2007) di Pere Portabella; piani sequenza fissi o in movimenti come riflessione sullo sguardo e sulla narrazione come in La mujer sin piano (2010) di Javer Rebollo; possono tutti portare nuovi orizzonti linguistici e narrativi al racconto cinematografico.
Questa panoramica si può chiudere citando registi che pur discontinui o con una filmografia breve, hanno saputo colpire con uno o più titoli ben assestati, come Daniel Monzón (Celda 211, 2009; El Niño, 2014), Enrique Urbizu (La vida mancha, 2003; No habrá paz para lo malvados, 2014; 2.014 hijos de puta, 2015), Juanfer Andrés e Esteban Roel (Musarañas, 2014), Carlos Vermut (Magical Girl, 2014), Pablo Berger (Blancanieves, 2012), Achero Mañas (El bola, 2000; Noviembre, 2003), Manuel Martín Cuenca (La flaqueza del bolchevique, 2003; Caníbal, 2013), Fernando Franco (La herida, 2013), Albert Serra (El cant dels ocells, 2008; Història de la meva mort, 2013), Jonás Trueba, il più piccolo dei fratelli Trueba (Todas las canciones hablan de mí, 2010; Los exiliados románticos, 2015), Gracia Querejeta (Héctor, 2004; 15 años y un día, 2013) e Patricia Ferreira (Els nens salvatges, 2013).
Un caso a parte è la filmografia di un oggetto strano come Daniel Calparsoro. Il regista barcellonese dirige negli anni ’90 film tra il genere, il dramma e l’indipendente come Salto al vacío (1995), Pasajes (1996) e Morire a San Sebastian (1997), per poi buttarsi sul genere accion tra polizieschi e thriller commerciali pienamente riusciti come Guerreros (2002), Invasor (2012) e Combustión (2013), oppure incostanti come Asfalto (2000) e Ausentes (2005). Sicuramente i suoi film, compresi i tv-movie come El castigo (2008), La ira (2009) e Inocentes (2010) sono molto godibili, giocano con il genere e con le trame ad effetto, ma peccano di alcuni scivoloni di stile e di credibilità.
Note:
(1) Per il genere horror spagnolo arriverà un post mirato.
(2) È interessante vedere come la boxe, lo sport più cinematografico di tutti, è particolarmente presente nel cinema spagnolo: Segundo asalto (2005) e Alacrán enamorado (2013) hanno come boxeador Álex González, mentre La distancia (2006), di nuovo Alacrán enamorado e la serie tv Sin tetas no hay paraíso (2008) hanno come corpo guerriero l’attore Miguel Ángel Silvestre; la serie Gran Hotel (2011) invece usa l’ottimo Yon González come pugile per incontri clandestini; e Toro (2015) metterà sul ring Mario Casas.
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Filmografia parziale 2000-2015:
2000 Krampack
2000 Asfalto
2000 El bola
2000 Hijos del viento
2000 Plata Quemada
2000 La comunidad
2001 El espinazo del diablo
2001 Fausto 5.0
2001 Los otros
2001 Lucía y el sexo
2001 School Killer
2001 Silencio roto
2001 Torrente 2: Misión en Marbella
2002 800 balas
2002 A mi madre le Gustan las mujeres
2002 Guerreros
2002 Hable con ella
2002 Trece Campanadas
2003 Al sur de Granada
2003 La hija del caníbal
2003 Los novios búlgaros
2003 Más de mil cámaras velan por tu siguridad
2003 Noviembre
2004 A+ (Amas)
2004 Crimen ferpecto
2004 El habitante incierto
2004 Héctor
2004 Joves – Jovenes
2004 La mala educación
2004 Síndrome
2005 7 vírgenes
2005 Ausentes
2005 El calentito
2005 La fiesta del Chivo
2005 La noche del hermano
2005 Princesas
2005 Segundo asalto
2005 Semen, Una Historia de Amor
2005 Torrente 3: El protector
2005 Vida y color
2006 Bienvenido a Casa
2006 Bosque de sombras
2006 Cabeza de perro
2006 El camino de los ingleses
2006 El laberinto del fauno
2006 Kilómetro 31
2006 La central
2006 La noche de los girasoles
2006 La distancia
2006 Los Borgia
2006 Skizo
2006 Una rosa de Francia
2006 Volver
2007 [Rec]
2007 14 kilómetros
2007 Chuecatown
2007 Clandestinos
2007 El niño de barro
2007 El orfanato
2007 Invisibles
2007 Ladrones
2007 Luz de domingo
2008 3 días
2008 3:19
2008 8 citas
2008 Cobardes
2008 Diario de una ninfómana
2008 El juego del ahorcado
2008 El lince perdido
2008 Eskalofrio
2008 Gente de mala calidad
2008 Los girasoles ciegos
2008 No me pidas que te bese porque te besaré
2008 No mires para abajo
2008 Reflexiones
2008 Sexy Killer. Morirás por ella
2008 The Oxford Murders
2009 Fuga de cerebros
2009 [Rec] 2
2009 After
2009 Al final del camino
2009 Castillos de cartón
2009 Celda 211
2009 Dieta mediterranea
2009 Mentiras y gordas
2009 El cónsul de Sodoma
2009 Los abrazos rotos
2009 Pagafantas
2009 Siete Minutos
2010 Balada triste de trompeta
2010 Carne de neon
2010 El diario de Carlota
2010 Entrelobos
2010 Habitación en Roma
2010 La herencia Valdemar I e II
2010 Lope
2010 Los ojos de Julia
2010 Tensión sexual no resuelta
2010 Secuestrados
2010 Pa negre – Pan negro
2011 Extraterrestre
2011 La chispa de la vida
2011 La piel que hábito
2011 Lo contrario al amor
2011 Lo mejor de Eva
2011 Lobos de Arga
2011 Madrid, 1987
2011 Mientras duermes
2011 No habrá paz para los malvados
2011 No tengas miedo
2011 Paranormal Xperience 3D
2011 Primos
2011 The Pelayos
2011 Torrente 4: Crisis Letal
2011 Transgreción
2011 Verbo
2012 [Rec] 3
2012 Año de gracia
2012 Blancanieves
2012 Brujas
2012 Buscando a Eimish
2012 El cuerpo
2012 El sexo de los angeles
2012 Fin
2012 Grupo 7
2012 Miel de naranjas
2012 Todo es silencio
2013 15 años y un día
2013 3 bodas de más
2013 Afterparty
2013 Alacrán enamorado
2013 Caníbal
2013 Combustión
2013 Gran piano
2013 Hijo de Caín
2013 Ismael
2013 La gran familia española
2013 La hermandad
2013 La mula
2013 La por
2013 Las brujas de Zugarramurdi
2013 Los amantes pasajeros
2013 Omnívoros
2013 Tres60
2013 Una noche en el viejo México
2013 Vivir es fácil con los ojos cerrados
2013 Zip e Zap
2014 10.000 Km
2014 Diet of Sex
2014 El club de los incomprendidos
2014 El niño
2014 En apatía
2014 Estel fugaç – Estrella fugaz
2014 La cueva
2014 La isla mínima
2014 Magical Girl
2014 Ocho apellidos vascos
2014 Por un puñado de besos
2014 Purgatorio
2014 Yo soy la felicidad de este mundo
2014 Musarañas
2015 Matar el tiempo
2015 Mi gran noche
2015 Palmeras en la nieve
2015 Toro
2015 Perdiendo el norte
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