A chi mastica un po’ di cinema spagnolo non sarà difficile riconoscere Michel Ángel Silvestre, nato il 6 aprile del 1982 a Castellón de la Plana – o Castelló per gli all catalan; oppure basta aver visto l’ultimo film di Pedro Almodóvar, dato che ha partecipato al ricco cast de Los amantes pasajeros (2013); oppure basta sintonizzarsi sui Raiuno e guardare Velvet per ritrovarlo nei panni del protagonista Alberto.
Attore possente, Miguel Ángel Silvestre non può lasciare indifferenti. Se l’attore è corpo, e soltanto in seconda battuta è anche voce e testo, MÁS è attore per definizione.
La perfezione del suo fisico, la sua muscolatura taurina, i tratti somatici tipicamente spagnoli, il biotipo moro e lontano anni luce dallo stile metrosexual ormai radicato nella società di oggi, contribuiscono a renderlo icona di una virilità di cui si stanno perdendo le tracce. I suoi ruoli sono spesso e volentieri ambigui e oscuri, fisici e passionali. Non è un attore da pussy-generation, per dirla alla Regazzoni (1), tutt’altro, è invece un attore che porta in volto e sul corpo le caratteristiche di generi maschili per definizione come il poliziesco, il noir, il boxe movie o fight movie e ovviamente l’avventura in ogni sua declinazione. Si presta bene per la commedia e la sua bellezza lo vincola anche alle storie d’amore. MÁS dà comunque il meglio di sé in quei ruoli dove la femminilità è marginale alla storia, funzionale solo in alcuni passaggi, mentre tutto il resto è maschile.
Esordisce in tv, in un episodio di Mis adorables vecinos, nel 2004, ma è il suo debutto cinematografico ad essere azzeccato. Sempre nel 2004, è tra gli interpreti di una favola nera e realista ambientata nella Spagna di fine anni ’70, uno dei momenti più neri e tesi della sua storia. In Vida y Color, di Santiago Tabernero, MÁS ricopre un ruolo di contorno, dato che i protagonisti della vicenda sono tre ragazzi adolescenti di periferia, ma è comunque centrale e iconologicamente funzionale allo sviluppo della trama e del contenuto.
Un esordio solido di cui dà grande prova di sé e della sua presenza fisica di cui il nudo diventerà uno dei suoi linguaggi più espressivi. Non in pochi lavori infatti, troviamo Miguel Ángel Silvestre nudo e crudo, e mai gratuitamente. Non sono nudi che cercano la morbosità dello sguardo, bensì svelano il corpo come prima cifra riconoscibile di quel particolare personaggio; la sua vera anima, la sua vera essenza è il suo corpo. Così in Motivos personales, serie televisiva del 2005, in La distancia (2006) e in Lo mejor de Eva (2011), non a caso due de suoi titoli fondamentali.
Nel film diretto da Iñaki Dorronsoro, La distancia, è un giovane pugile che viene incastrato da un poliziotto corrotto e mandato in carcere. Qui, per poter uscire senza problemi, gli viene comandato di uccidere un detenuto. Uscito di prigione, il protagonista si trova immischiato suo malgrado in una rete di giochi sporchi tra poliziotti e criminalità varia. Il cast è impreziosito dalla presenza di José Coronado, Lluís Homar e Federico Luppi, ma è Miguel Ángel Silvestre che ruba la scena. Potenziato il fisico per essere un credibile boxeador, l’attore valenciano diventa un toro che va a testa bassa contro ogni ostacolo, contro ogni nemico.
La furia taurina che lo caratterizza fin dagli esordi sarà così, lungo l’arco della sua carriera, la sua cifra stilistica e la sua firma attorica. Lo ritroviamo duro e puro ne Il riflesso dell’assassino (2008), filmaccio da cassetta con un bollito Timothy Hutton; in Sin tetas no hay paraíso, serie cult del 2008 in cui interpreta il Duca, personaggio chiave per la sua carriera, sia perché ne definirà il carattere a lui più appropriato, sia perché lo farà conoscere al grande pubblico; in Alakrana (2010), serie tv in due puntate per Telecinco, ottimo esempio di fiction tratta dalla cronaca geopolitica (2); e in Verbo (2011), soporifero film dal nobile tema, il suicidio tra adolescenti, dove MÁS sembra essere capitato lì per sbaglio.
Stupisce anche nella commedia, riutilizzando il suo corpo guerriero come agente di contrasto per ruoli buffi, tonti, autoironici, come in The Pelayos (2012), un Ocean’Eleven spagnolo, e in Los amantes pasajeros di Almodóvar.
I drammi sono sicuramente il territorio che meglio si confà a Miguel Ángel Silvestre. In 3:19 (2009) è un ragazzo malato di cancro che non vuol far sapere della sua esistenza alla ragazza di cui si è innamorato, svelando tutto solo dopo il tragico giorno, grazie all’aiuto dei suoi due migliori amici. In Lo mejor de Eva, di Mariano Barroso, MÁS è di nuovo ambiguo e oscuro, come nei suoi film migliori, e interpreta un ragazzo che si insinua nella vita di una giudice nei giorni in cui deve dimostrare la colpevolezza di un uomo ricco e potente. Inoltre, la sua avventura americana continua senza sosta e sarà uno dei personaggi principali di Sense8 (2015), serie sci-fi diretta dai fratelli Wachowski per Netflix, in cui interpreterà un famoso attore con una doppia vita omosessuale.
In Todo es silencio (2012), tratto dall’omonimo romanzo di Manuel Rivas, il regista José Luis Cuerda gli cuce addosso il ruolo di un piccolo criminale di paese che ingaggia un duello tutto personale con il suo miglior amico di infanzia, interpretato da Quim Gutiérrez, altro nome di punta dell’attuale generazione spagnola.
In Alacrán enamorado lascia il ruolo di protagonista a un altro volto noto del cinema e della televisione spagnoli, Álex González, lo scorpione del titolo, e si ritaglia invece un bellissimo ruolo da naziskin al fianco di Javier Bardem. Il film, una denuncia alle ideologie fasciste e razziste che stanno nascendo un po’ in tutta Europa, è ambientato nuovamente nel mondo del pugilato e mette nuovamente uno contro l’altro due ex amici.
In Velvet (2014) ha sbancato e fatto il botto. È il tormentato Alberto, figlio di un grande imprenditore di moda, proprietario della lussuosa galleria Velvet. Ci sono i soliti intrighi telenovelici, ma il tutto è sorretto da un’ottima fattura registica, un ottimo testo e degli attori trascinanti come Paula Echevarría, José Sacritán, Aitana Sánchez-Gijón, Amalia Salamanca, Adrián Lastra, Marta Hazas, Maxi Iglesias e lo stesso Miguel Ángel Silvestre – noi certe fiction ce le sogniamo.
In conclusione, l’attore taurino, insieme ad altri solidi attori spagnoli come Yon González (3), Mario Casas e Martiño Rivas (4), porta sul suo corpo tutta la hispanidad che il suo biotipo gli conferisce e la restituisce attraverso un’attitudine attoriale fisica e viscerale. Ha una grande voce y una sonrisa encantadora, un’ottima versatilità di carattere e una sottile autoironia. Miguel Ángel Silvestre va come un toro contro ogni ostacolo e la sua recitazione è combattiva ed irruenta come il re dell’arena.
Note:
(1) REGAZZONI Simone, Sfortunato il paese che non ha eroi. Etica dell’eroismo, Ponte alle Grazie, Milano, 2012.
(2) Alakrana è il nome di un peschereccio di tonni spagnolo, sequestrato dai pirati somali nell’ottobre del 2009. Dopo 47 giorni di umiliazioni e privazioni, viene pagato un riscatto di 4 milioni di dollari e la ciurma viene liberata.
(3) Per Yon González si veda questo mio post: //www.filmtv.it/post/21962/yon-gonzalez-l-attore-alfa
(4) Per Martiño Rivas si veda questo mio post: //www.filmtv.it/post/30601/non-chiamatelo-romeo-martino-rivas-l-attore-no-romantico
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