È in atto un fenomeno interessante e curioso, soprattutto per chi è iberista come il sottoscritto. Da sempre, la cinematografia e la letteratura spagnola di Spagna, estremamente sottovalutate ed erroneamente ritenute marginali nel panorama artistico europeo, sono bandite dal nostro bel paese per chissà quale assurdo e recondito motivo. A loro si preferiscono film e romanzi dei cugini sudamericani, molti dei quali davvero belli e interessanti sotto più aspetti, molti altri invece sono mediocri, di poco conto, fino scadenti, ma l’importante è che siano argentini, colombiani, cileni, venezuelani perché il Sudamerica è figo! È cool! Una moda che va avanti dagli anni ’70.
Il panorama editoriale italiano, storicamente atrofizzato, pubblica ad occhi chiusi i libri di autori sudamericani, mentre è restio a pubblicare autori spagnoli se non prettamente commerciali. Anche autori del passato spagnolo più o meno recente come Unamuno, Valle-Inclán, Ramón J. Sender e Camilo J. Cela faticano ad essere tradotti e pubblicati.
Lo stesso succede inspiegabilmente con il cinema. Film bellissimi e acclamati vengono tranquillamente ignorati dal nostro mercato. Il capolavoro di Álex de la Iglesia, Balada triste de trompeta (2010, conosciuto da noi come Ballata dell’odio e dell’amore), ha vinto a Venezia 2010 il premio alla regia, l’osella alla sceneggiatura firmata sempre dal regista e il premio Arca Cinema Giovani; pioggia di nominations ai Goya dello stesso anno portando a casa solo due premi minori, trucco ed effetti speciali. Parliamo comunque di un film notevole, passato a Venezia e vincitore di premi importanti, eppure mai uscito in sala, ma solo in dvd. Misteri di un paese in continua caduta libera, i cui segnali di una deriva aculturale sono in ottima salute almeno da più di vent’anni.
Il fenomeno curioso di cui parlavo poco sopra è che la serialità spagnola, pur non essendo sempre interessante e tecnicamente pregevole come quella americana, gode invece qui in Italia di un inaspettata promozione. Inoltre, se confrontiamo le fiction italiane con quelle spagnole notiamo una differenza abissale a più livelli: la fattura tecnica, la recitazione, le tematiche, i dialoghi, etc.
Va comunque detto che non è tutto oro ciò che luccica. La tv spagnola gode dello stesso deficit culturale della nostra – e anche gli americani non scherzano – ma ci sono fortunatamente emittenti come Antena 3 che fanno prodotti seriali di buona qualità toccando in alcuni casi vette di assoluta perfezione narrativa, artistica e tecnica.
L’altra faccia della medaglia è che la maggior parte delle serie tv spagnole che arrivano sulle nostre reti non è purtroppo quella dell’eccellenza, quasi a confermare l’impossibilità tutta italiana a migliorarsi, progredire, uscire dall’orticello dietro casa. Serie come Tierra de lobos (2010-in corso), di cui si applaude l’iconografia western, ma non la matrice telenovelica e Il segreto (2011-in corso), una telenovela dichiarata, sono dopotutto più in linea con l’orizzonte culturale italiano di quanto lo siano altre fiction ben più interessanti.
Le serie tv spagnole erano già approdate in Italia con scarso successo. Física o química (2008-2011) e Un paso adelante (2002-2005), entrambe di Antena 3, non hanno goduto dello stesso culto come in Spagna. Cuore ribelle (2011-2013), anche lei prodotta da Antena 3 e interpretata da una delle attrici di punta della serialità spagnola, la bella Marta Hazas, ha solo continuato a perdere ascolti fino all’oblio. Stessa sorte per El príncipe (2014-in corso) che nonostante l’enorme successo in patria e la spinosa tematica, in Italia ha dovuto cambiare orari e formato. Velvet (2014-in corso), sempre di Antena 3, sembra invece conquistare sempre più pubblico, a giusta ragione.
Bisogna però menzionare le collaborazioni recenti tra Spagna e Italia sempre in campo televisivo. Per il mediocre Romeo e Giulietta di Riccardo Donna (2014) c’è il bravo Martiño Rivas, uno dei migliori attori della Spagna di oggi, mentre per il davvero brutto La Bella e la bestia di Fabrizio Costa (2014) il cast vanta la presenza di Blanca Suárez, una delle più brave e affascinanti attrici spagnole.
Di seguito farò una breve radiografia delle migliori serie tv spagnole, almeno quelle che ho potuto visionare e che difficilmente e inspiegabilmente arriveranno in Italia. Anni luce davanti alle fiction di casa nostra – come dopotutto lo è anche il loro cinema – la serialità spagnola può essere accumunata in un unico tratto identificativo. Nonostante la differenza di generi e di stili, di ambientazioni e di epoche, di registri e bacini di utenza, le fiction spagnole hanno in comune il melodramma. Come il buon cinema di Almodóvar, anche le serie tv spagnole, con le dovute proporzioni, capiscono la necessità di iperbolizzare le passioni forti, semplici, primitive ed elementari, addirittura da retrobottega o sacrestia.
In un paese latino e cattolico questo significa, comprese le regole della serialità, sviluppare la vicenda su snodi narrativi da operetta come amori impossibili dovuti alla distanza sociale o religiosa, segreti, bugie, tradimenti, doppi giochi, colpi di scena eclatanti, agnizioni improbabili, morti resuscitati, figli dal passato, eredità nascoste e così via. Il tutto condito con il pathos mediterraneo che amplifica e patetizza la quisquilia e produce la classica reazione a catena che fidelizza lo spettatore. La differenza di qualità la fanno quelle serie che, pur modulandosi sui topoi del melodramma più popolare, riescono a non perdere di vista il loro argomento di base, l’intenzione iniziale del progetto e le varie tematiche che hanno voluto trattare, oltre ad un patto di maturità stilistica con lo spettatore – cosa che qui in Italia non avviene.
PS: questo post verrà aggiornato ogni volta che vedrò nuove serie tv spagnole, chi è interessato ci butti l’occhio ogni tanto ;)
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SMS (2006-2007).
Con questa serie, acronimo di Sin Miedo a Soñar, senza paura di sognare, che gioca ovviamente sul linguaggio della messaggistica da cellulare, si fanno conoscere diversi attori spagnoli che oggi, chi più chi meno, sono a giusta ragione sulla cresta dell’onda. Nomi come Yon González, Mario Casas, Martiño Rivas e Amaia Salamanca, molto presenti e attivi nelle produzioni iberiche, incroceranno le loro carriere più volte in futuro. La serie in sé non è fantastica. Per lo più girata in interni come qualsiasi fiction a basso budget e di poche pretese, punta tutto sulle relazioni sentimentali tra adolescenti. Mettendo spesso in mostra le grazie delle protagoniste e dei protagonisti negli spogliatoi della scuola, gioca ogni tanto qualche carta pruriginosa, ma tutto resta molto controllato e senza ripercussioni narrative. Sono solo shirtless moments senza i quali oggi non si può fare né fiction né cinema. È curioso il fatto che in Spagna, quando si tratta di raccontare storie di ragazzi sui banchi di scuola, si scelga sempre la scuola privata, il collegio o l’istituto di lusso.
Voto: 5.
El internado (2007-2010).
Un istituto privato, isolato nella selvaggia Pedriza madrileña, un gruppo di giovani studenti provenienti da ricche famiglie della capitale, segreti, bugie, trame sordide e doppi giochi nel mondo dei professori più un iconografia di taglio orrorifico con corridoi segreti, sotterranei inquietanti, mostri che si aggirano nel bosco e nazisti che fanno esperimenti sui bambini. Questa serie, prodotta da Globomedia, leader nel settore, per Antena 3, è una serie spartiacque nel panorama cine-televisivo spagnolo. Non solo è stata una serie di successo, nel complesso discreta, ma ha riunito sul set, come SMS, un gruppo di attori, già all’epoca interessanti, che grazie a El internado e al contemporaneo film del 2009, Mentiras y gordas, si sono confermati i volti di punta del giovane cinema iberico. Inoltre segna il debutto di un’idea di fiction che amalgama dramma, azione e mistero sci-fi con tocchi di horror-story di esempio per alcune serie successive. Yon González e Martiño Rivas danno vita a una più che riuscita coppia di amici-nemici in cui rivive il mito di Caino e Abele. Fin dalla prima puntata, il bullo e arrogante personaggio di Iván Noiret affascina grazie alla freschezza dell’interpretazione fisica di González, per poi evolvere nel tempo verso il ritratto di un ragazzo duro, ma molto sensibile, perfetta icona moderna dell’adolescente scontroso e ribelle. Molti i momenti omoerotici tra i due giovani attori – e qui i fans si sono scatenati nella proiezione di desideri nascosti, sul modello shipping che va di moda oggi nei vari fandom seriali. Questa ambiguità di fondo, la bravura istintiva dei due attori, le trame e le opposizioni della vicenda, hanno fatto sì che la coppia diventasse il perno della fiction. Allo stesso modo, la storia di amore tra Yon González e Blanca Suárez ha tenuto alto l’indice di ascolto. Nel cast appaiono altri attori di grande spessore come la cubana Ana de Armas, anche lei nel cast di Mentiras y gordas; Natalia Millán, Marta Hazas, la generosissima Amparo Baró e il grande Manuel de Blas.
Voto: 8.
Gran Hotel (2011-2013).
Prodotta da Bambú per Antena 3, Gran Hotel è ad oggi la serie di maggior successo di critica e pubblico della televisione spagnola. La serie è ambientata nella Península de la Magdalena, a Santander, in Cantabria, nei dintorni dell’immaginario borgo di Cantaloa. Lo scenario esclusivo della serie è il sontuoso Palacio de la Magdalena, il Gran Hotel del titolo, intorno al quale trionfa una natura aspra e scabrosa, quella degli alti fiordi oceanici e della furia dei venti provenienti dal mare. Un’ambientazione perfetta per il dramma nordico-borghese, anticlassista e fatale che vede per protagonista il solito perfetto Yon González nei panni di un umile ragazzo di provincia che va a trovare sua sorella, donna delle pulizie al Gran Hotel, di cui nessuno ha più tracce da più di un mese. Si fa assumere come cameriere sotto mentite spoglie per indagare e scoprire l’amara verità. Nel frattempo si innamora della figlia degli Alarcón, i proprietari dell’hotel, la cui distanza sociale impedisce un amore sereno. Interpretata dalla bellissima Amaia Salamanca, che Yon ritrova dopo l’esordio in SMS, l’attrice madrileña dà vita a un bel personaggio fuggevole e determinato. La storia d’amore tra i due personaggi tormentati da bugie e rivelazioni sconcertanti è tra le più acclamate della serialità spagnola di tutti i tempi. La serie è perfetta, tanto nel profilmico quanto nel filmico. Tecnicamente impeccabile poteva essere un capolavoro assoluto se il “gran finale” fosse stato costruito con più coraggio e si fosse giocati maggiormente sull’epica dello scontro finale, della celebre resa dei conti da feiulletton, il momento della verità, il faccia a faccia che tutti aspettano per la catarsi finale, tipico di ogni opera narrativa, soprattutto se seriale. Neanche a farlo apposta, è il cast a rendere ulteriormente perfetta la serie. La credibilità di attori del calibro di Yon González, Amaia Salamanca, Concha Velasco, Lluis Homar, Eloy Azorín, Manuel de Blas è fuori discussione, soprattutto la matriarca crudele interpretata da Adriana Ozores: credo uno dei ruoli e delle interpretazioni più belle e più carognesche mai viste. Chiudono il cerchio altri attori come Fele Martínez, Pedro Alonso, Megan Montaner e Asunción Balaguer. Azzeccata pure la coppia comica dei due detectives di paese ricalcata su quella Poirot-Hastings, affidata a Pep Antón Múñoz e Antonio Reyes.
Voto: 10.
El barco (2011-2013).
Uno dei maggiori successi televisivi della Spagna del terzo millennio è questa serie prodotta da Globomedia sempre per Antena 3. Sulla carta è davvero interessante: un gruppo di giovani viene imbarcato su un vascello-scuola capitanato da Juanjo Artero che porta con sé la figlia interpretata da Blanca Suárez. Sulla barca c’è una natura umana varia, tra cui il clandestino Ulises, interpretato da Mario Casas, il viscido e ambiguo professore di sopravvivenza di Juan Pablo Shuk e il seminarista di Bernabé Fernández. Succede che mentre la Estrella Polar, questo il nome della nave del titolo, solca l’oceano nella quiete della sua missione formativa, la terra viene spazzata via da una tormenta ionica causata da un segreto esperimento a Ginevra. Il mondo resta per il 90% acqua e loro sembrerebbero essere gli unici sopravvissuti. La serie può vedersi come un equel del precedente successo di rete, El internado, dove dramma, melodramma, azione e mistero sci-fi vengono mescolati tra loro per dar vita a una vicenda che possa guardare a più utenze e a più pubblico, anche se il taglio telenovelico dovuto ai drammi sentimentali resta l’ossatura portante. Questi infatti hanno la meglio su situazioni estreme come pesci giganti, attacchi di uccelli, nebbie velenose e ammutinamenti vari che sarebbero i caratterizzanti di genere della serie. Sembra tutto un po’ posticcio. I mezzi per una sci-fi credo fossero un miraggio in sede produttiva. Vanno applauditi la fantasia e il coraggio dell’operazione, ma purtroppo è una serie che fa “acqua” da tutte le parti e difficilmente la si segue con piacere, nonostante i grandi ascolti che hanno permesso lo sviluppo di tre stagioni. Un motivo per vedere la serie c’è: si chiama Mario Casas, il suo Ulises è un personaggio interessante interpretato con la grandezza a cui l’attore ci ha sempre abituato. La sua love story di amore-odio con Blanca Suárez e la rivalità con il cattivo professore di sopravvivenza sono i momenti più riusciti e più interessanti della serie. Il resto è improbabile, quanto telefonato.
Voto: 5.
Luna, el misterio de Calenda (2012).
Antena 3 ci riprova. Dopo il successo de El internado e de El barco, la più interessante emittente generalista spagnola torna al genere nero, horror o fantastico che sia, con Luna, el misterio de Calenda. Sulla scia del successo Mtv di Teen Wolf, anche gli spagnoli giocano la carta licantropica. Peccato che di orrorifico non ci sia proprio nulla e la carenza di mezzi porti tutto su un piano così puerile che c’è da mettersi le mani nei capelli. La leggenda del lupo mannaro di Calenda è una scusa per fare da cornice alle solite storie di pettegolezzo, amori impossibili, tradimenti, chiacchiere da paesotto e così via. C’è da dire che i segmenti narrativi prettamente attinenti al mito dell’uomo lupo sfoggiano con gusto il campionario tematico del caso, così che la sua narrativizzazione non risulta né bolsa né poco credibile. Anzi, ci sono dei dettagli nuovi – come per esempio decidere di diventare licantropo per curare malattie gravi – che danno una nuova spinta al motore narrativo. Peccato tutto resti avvolto in una trama melodrammatica e sentimentale tipica da operetta. Spiccano nel cast Belén Rueda e il giovane lupo Álvaro Cervantes.
Voto: 6.
El don de Alba (2013).
Serie tv di una sola stagione, prodotta Disney per Telecinco, è la dimostrazione che tra i canali generalisti spagnoli non sono tutti uguali. Con Antena 3 c’è una certa differenza di stile e qualità, nonostante sia un canale generalista. Certo, ci sono sempre case di produzione che lavorarono trasversalmente – Globomedia ha creato serie sia per Antena 3 che per La 1 e Telecinco – ma quando un prodotto arriva su Antena 3 la differenza si vede. I suoi comproprietari sono il gruppo italo-spagnolo Planeta De Agostini, la tedesca RTL e la spagnola Telefónica; è la prima tv spagnola privata nata nel 1990. Su Antena 3 sono passati i programmi e le fiction di maggior successo nella storia televisiva spagnola dal destape ad oggi, serie come Los hombres de Paco, El Internado e soprattutto Gran Hotel. Su Telecinco hanno visto la luce due tra le serie più viste e conosciute dal pubblico spagnolo, Los Serrano e Sin tetas no hay paraiso, e soprattutto le recenti Hermanos e El Príncipe, ma il confronto con le serie di Antena 3, sia per fattura che per qualità tecnica e artistica, è appannaggio dell’ammiraglia del Gruppo Planeta DeAgostini-RTL-Telefónica. Anche El don de Alba, incentrata sul dono della protagonista interpretata da Patricia Montero, ovvero vedere i morti, parlare con loro e aiutarli a fare luce sulla loro morte così da poter passare all’al di là serenamente, manifesta tutta la puerilità della messa in scena, la pochezza di mezzi, il pressapochismo della sceneggiatura e del linguaggio visivo che è tipico delle produzioni televisive del Gruppo Mediaset. Si salva solo Martiño Rivas che anche in un ruolo di contorno sa tenere la scena con classe e carisma.
Voto: 5.
El corazón del Océano (2014).
Sempre Antena 3 in collaborazione con Globomedia. Serie che non ha dato i frutti sperati, passando dai 3.400.000 milioni si spettatori della prima puntata ai 2.000.000 risicati dell’episodio finale. Sarà che mi piace l’avventura in terre esotiche, ma la serie mi è piaciuta e mi ha divertito. Non siamo ai livelli di Black Sails per intenderci, ma il gusto e il fascino per l’esotismo, con tutto ciò che consegue tematicamente come avventura, wilderness, pericoli, sessualità liberata, sono ben trattati e resi con una regia sì generalista, ma attenta anche allo sguardo cinematografico. In testa al reparto degli attori c’è Hugo Silva in una tormentata relazione a tre con Clara Lago e Íngrid Rubio, oltre ad Álvaro Cervantes e Ferrán Vilajosana nei panni dei due tipici pícari della Spagna cinquecentesca. La serie può vantare un certo trattamento libertino della sessualità, sempre facendola rientrale in forme di espressione generaliste, e un chiaro attacco allo schiavismo coloniale che all’epoca ammorbava le società cosiddette civilizzate.
Voto: 7.
El Príncipe (2014-in corso).
La serie prodotta direttamente da Telecinco è l’eccezione che conferma la regola. Nonostante la solita messa in scena televisiva, El príncipe fa degli esterni il suo punto forte, insieme all’argomento di base della fiction ovvero la convivenza nella cultura spagnola della religione cristiana e di quella musulmana puntando il dito soprattutto sui limiti di entrambe le religioni e sul reclutamento di giovani martiri votati alla causa islamica. Ambientata nella città autonoma di Ceuta, in Marocco, esattamente nel quartiere, il “barrio”, che da titolo alla serie, vede gli sforzi di Álex González, altro giovane attore di carattere della Generación del 9, agente del CNI, a El príncipe sotto copertura per smascherare un’organizzazione yihadista a cui forse collabora qualche agente del commissariato. Si dovrà scontrare con il poliziotto-bandiera del posto interpretata da uno dei più grandi attori spagnoli, José Coronado, corrotto, rude, grezzo e dai metodi poco ortodossi. Il quadro lo completano Fátima, la bellissima Hiba Abouk, idealista professoressa musulmana che lotta contro i terroristi e che inizia un amore impossibile con González; e Faruq, spietato e meschino fratello di Fátima, maggiore trafficante di droga del paese, sorprendentemente interpretato dal modello Rubén Contrada. Il suo personaggio è talmente reso con fascino criminale e sobrietà nella recitazione che il neo-attore rubato alle passerelle riesce addirittura a eclissare il titolare della serie. Gli può competere giusto José Coronado che in quanto a bravura non teme il confronto con nessuno.
Voto: 8.
Velvet (2014-incorso).
Pur essendo molto melodrammatica e in linea ereditaria con le telenovelas latine, vanta un’ottima fattura tecnica e un ottimo cast, su tutti Miguel Ángel Silvestre e Ángela Molina. Anche il testo non è il solito prevedibile e sciagurato testo da soap opera che tanto piace all’italico pubblico. Ci troviamo in una messa in scena sfarzosa che ricrea la Madrid degli anni cinquanta in digitale senza perdere credibili, ma acquistando fascino nostalgico. La storia è delle trite e ritrite, un amore impossibile, segreti, bugie, tradimenti, colpi di scena e molto altro. La differenza con una bieca telenovela per massaie a secco di malelingue è appunto l’ottima fattura della serie. La messa in scena, la regia, le inquadrature, i costumi, tutto il profilmico, attori compresi, svolgono perfettamente il loro ruolo. Il “reparto” è impreziosito da Aitana Sánchez-Gijón, attrice luniana che diventa sempre più intrigante con l’età, da Natalia Millán, una dei volti preferiti per le donne carognesche, il brillante Adrián Lastra, uno dei migliori in campo soprattutto nei duetti comici con Cecilia Freire, il buon José Sacristán e Maxi Iglesias che non è mai stato solo bello, ma possiede carattere e distacco.
Voto: 8.
Hermanos (2014).
Serie in sei episodi per Telecinco cha narra la storia di una famiglia tra gli anni ’80 e i duemila, o meglio si centra sul rapporto di amore-odio tra i due fratelli, Antonio Velázquez e Álvaro Cervantes che da sempre si contendono la stessa ragazza, María Valverde, e che entrano in due mondi completamente opposti: il primo, operaio, crescerà come sindacalista e lotterà per i diritti dei lavoratori; il secondo, dà via realmente il culo in università per laurearsi e per entrare a far parte di un giro massonico di uomini facoltosi, ricchi e franchisti che governano in ombra l’intera Spagna. Il ritratto generazionale ed epocale risente del limite televisivo, ma sa proporre storie e temi attuali e universali. Gli attori son ben diretti e ci mettono del loro. Forse è un po’ troppo manicheo il taglio che la produzione dà all’intera serie, ma grazie ad alcuni personaggi problematici e al rapporto fraterno tra i due protagonisti, i sottili confini tra bene e male a volte si confondono. Il che alza il tiro dell’intera serie.
Voto: 9.
Cuéntame un cuento (2014).
Antena 3 vola alto e prende cinque fiabe classiche e le attualizza nei temi e nella forma. La serie non ha avuto un grande successo – siamo fermi a 2.300.000 spettatori di media – ma è palese la difficoltà di una tale operazione per un pubblico televisivo, abituato a tematiche spicciole a una loro drammatizzazione puerile, semplificata e appunto generalista. Il pubblico vuole fidelizzarsi a personaggi, storie e situazioni che si ripetono, di modo che l’autoconclusività non aiuta, è un rischio. Per quanto mi riguarda la serie è pienamente riuscita. Certo, non tutti gli episodi sono venuti ugualmente bene, in certi casi ci sono scivoloni e telefonate imbarazzanti, ma nel complesso le fiabe sono state ritrasportate ai giorni nostri senza troppe forzature e sono pure interessanti i dettagli intertestuali con gli elementi caratterizzanti delle fiabe originali. L’episodio che ho preferito è stato Hansel e Gretel, con una bellissima ed irresistibile Aitana Hercal e una spassosa tanto quanto laida Blanca Portillo nei panni della strega. Per ovvie ragioni mi ha interessato molto Cappuccetto Rosso, anche se si poteva osare di più, e la rielaborazione dei Tre porcellini. Biancaneve riesce bene fino a metà poi si incasina, ma almeno c’è la ciliegina nera di Spagna, Blanca Suárez che catalizza l’attenzione; mentre La bella e la bestia, con Aitor Luna, fratello di Yon González, parte col piede sbagliato, ma poco alla volta si fa interessante e più che piacevole.
Voto: 9.
Bajo sospecha (2015-in corso).
Antena 3 vuole tornare ai fasti di Gran Hotel e tramite la Bambú Producciones e Atresmedia chiama a rapporto i volti maschili della serie precedente, Yon González e Pedro Alonso, e gli stessi creatori. Il risultato purtroppo, non è lo stesso. Bajo sospecha, in onda anche su Canale 5 nel maggio-giugno 2015, è tratta da una serie tv cilena ¿Dónde está Elisa? e racconta della sparizione di una bambina nel giorno della sua prima comunione. La sua scomparsa avviene in un luogo chiuso e circoscritto e i sospetti cadono ovviamente solo sui famigliari. Visti anche gli snodi drammatici molto coraggiosi, la serie non è totalmente da cestinare, ma la puerilità dei dialoghi, della messa in scena, l’improbabilità di tante situazioni e i racconti narrativi telefonatissimi ne fanno un prodotto quasi inguardabile. Gli attori sono buttati a caso in un’arena in cui si muovono goffamente e senza bussola. Un grande attore come Lluís Homar fa bene il suo mestiere, ma non può nulla contro la stitichezza della sceneggiatura; Yon González, uno dei migliori attori di sempre, viene marginalizzato, diretto con pressapochismo e all’attore stesso non resta che limitare i danni muovendosi come un elefante in un territorio che non gli appartiene; Blanca Romero è inguardabile, bastava prendere una scopa e vestirla in gessato grigio.
Voto: 5.
Serialità spagnola essenziale:
Un paso adelante (2002-2005)
Los Serrano (2003-2008)
Los hombres de Paco (2005-2010)
SMS (2006-2007)
El internado (2007-2010)
Películas para no dormir (2007-2009)
Física o química (2008-2011)
Sin tetas no hay paraíso (2008-2009)
Gran reserva (2010-2013)
Crematorio (2011)
Gran hotel (2011-2013)
Bandolera (2011-2013)
El barco (2011-2013)
Luna, el misterio de Calenda (2012)
Con el culo al aire (2012-2014)
El don de Alba (2013)
El corazón del Océano (2014)
Hermanos (2014)
Cuéntame un cuento (2014)
El Príncipe (2014-in corso)
Velvet (2014-in corso)
Bajo sospecha (2015-in corso)
Uno sguardo ai principali canali tv spagnoli.
• Gruppo Televisión Española (TVE), pubblico. La 1 (generalista), La 2 (generalista), Clan (tematizzato per i giovani), 24H (tematizzato per le notizie), Teledeporte (tematizzato per lo sport).
• Gruppo Mediaset España Comunicación, privato. Telecinco (generalista), Cuatro (generalista), Factoria de Ficción (tematizzato per fiction e giovani), Boing (tematizzato per pubblico infantile e giovane), Divinity (tematizzato per pubblico giovane e femminile), Energy (tematizzato per pubblico giovane e maschile).
• Gruppo Atresmedia (il gruppo di Antena 3), privato. Antena 3 (generalista), La Sexta (generalista), Neox (tematizzato per i giovani), Nova (tematizzato per un pubblico femminile e famigliare).
Blanca Portillo in Cuéntame un cuento - Hansel y Gretel.
Classifica serie tv spagnole.
1) El Príncipe (Telecinco), con 5.219.000 spettatori e il 27% di share.
2) Los Serrano (Telecinco), con 4.934.000 spettatori e il 28% di share.
3) Velvet (Antena 3), con 4.262.000 spettatori e il 22% di share.
4) El Internado (Antena 3), con 3.670.000 spettatori e il 20% di share.
5) Sin tetas no hay paraíso (Telecinco), con 3.668.00 spettatori e il 21% di share.
6) Un paso adelante (Antena 3), con 3.605.000 spettatori e il 21% di share.
7) Gran Reserva (La 1), con 3.346.000 spettatori e il 17% di share.
8) Los hombres de Paco (Antena 3), con 3.178.000 spettatori e il 19% di share.
9) El barco (Antena 3), con 3.166.000 spettatori e il 17% di share.
10) Gran Hotel (Antena 3), con 2.948.000 spettatori e il 16% di share.
11) Con el culo al aire (Antena 3), con 2.888.000 spettatori e il 16% di share.
12) Física o química (Antena 3), con 2.679.000 spettatori e il 15% di share.
13) Luna, el misterio de Calenda (Antena 3) con 2.645.000 spettatori e il 15% di share.
14) Tierra de lobos (Telecinco), con 2.618.000 spettatori e il 15% di share.
15) El corazón del Océano (Antena 3), con 2.520.000 spettatori e il 13% di share.
16) Cuéntame un cuento (Antena 3), con 2.337.000 spettatori e il 13% di share.
17) El secreto de Puente Viejo (Antena 3), con 1.787.000 spettatori e il 15% di share.
18) El don de Alba (Telecinco), con 1.642.000 spettatori e il 9% di share.
19) Bandolera (Antena 3), con 1.270.000 spettatori e il 10% di share.
20) Crematorio (Canal+), con 1.035.000 spettatori e il 6% di share.
Yon Gonzàlez in Gran Hotel.
Nota finale. Consideriamo che in America serie autoctone di successo come American Horror Story e True Detective viaggiano di media sui 3.300.000 spettatori la prima e 2.330.000 la seconda, mentre il cult acclamato da pubblica e critica degli ultimi anni, Sons of Anarchy è passato da 2.221.000 spettatori della prima stagione ai 4.653.000 dell’ultima, la settima, passando per i 7.480.000 spettatori della sesta stagione. Anche un successo mondiale come Il trono di spade, parte con una media di 2.515.000 spettatori nella prima stagione e finisce con i 6.846.000 della quarta. L’italiana Don Matteo 9 ha avuto invece ben 8.460.000 spettatori di media nei primi due episodi del 2014 e la riuscita serie di Raoul Bova, Come un delfino, totalizza una media di 7.391.000 spettatori e 4.220.000 nella seconda stagione. Le uniche considerazioni possibili e rapide con questi pochi dati a disposizione sono: primo, ogni paese ha la sua cultura televisiva; secondo, più le serie sono corte, più fanno pubblico e quindi successo, eccezion fatta per i prodotti nazional-popolari che hanno purtroppo il potere di catalizzare l’attenzione del grosso pubblico televisivo, di poca cultura, molto “di pancia” nella reattività sociale e conservatore nella visione del mondo; terzo, i prodotti coraggiosi, nuovi, originali, che non vogliono compiacere un pubblico di pantofoloni conservatori e abitudinari, può permettersi di fare successo anche in più stagioni – vedi Sons of Anarchy e Il trono di spade o la terza stagione di American Horror Story, Coven, che tocca i 4.000.000.
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