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Si sente il mare

Regia di Tomomi Mochizuki vedi scheda film

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La recensione su Si sente il mare

di Genga009
4 stelle

Realizzato nel 1993 - e arrivato in Italia l'anno scorso - da uno staff d'eccezione all'interno dello Studio Ghibli, prodotto sotto la supervisione di Toshio Suzuki ma senza le partecipazioni di Hayao Miyazaki e di Isao Takahata al progetto, Si sente il mare è un lungometraggio d'animazione nipponico dedicato esclusivamente alle trasmissioni televisive ed al mercato home video. Un cosiddetto TV-movie. La trama è tratta dal romanzo omonimo di Saeko Himuro [le cui illustrazioni sono composte da Katsuya Kondo nella sua novel I can hear the sea II: because there is love] e narra la storia di un ragazzo universitario giapponese alle prese col suo passato, gli amici e le conoscenze che al Liceo lo hanno aiutato, nel bene e nel male, a diventare la persona che è nel presente. Si rivivono alcune delle situazioni più importanti della sua adolescenza, segnata profondamente da una ragazza tanto brillante quanto imprevedibile di nome Rikako.

 

 

locandina

Si sente il mare (1993): locandina

 

 

La narrazione procede elegante in un film che non presenta, di fatto, niente di particolarmente eccezionale come contenuto, se non la pretesa di portare nelle case dei giapponesi un prodotto si di ottima qualità visiva ma decisamente povero ed incompleto a livello concettuale. La storia si concentra sui rapporti tra i due personaggi principali, abbandonando però le caratterizzazioni di quelli secondari, che a parte comparire sporadicamente - e sempre con un "ottimo tempismo" - non incidono in alcuna maniera sullo sviluppo di una trama che linearmente avanza verso un discreto finale [aperto]. L'unico elemento ammirevole che traspare dalla sceneggiatura di Kaori Nakamura è il personaggio di Rikako Muto: spirito libero, diligente ed estremamente originale nei suoi comportamenti improvvisi; sfaccettato e reso dinamico da un passato turbolento ed in cui brucia un intenso senso di ribellione e di volontà di indipendenza. Rikako, nella sua visione prettamente egocentrica del suo micro-universo [familiare, scolastico], rivela di essere una ragazza viziata e dall'animo forte ma non risoluto, ancora ingenuo, rabbioso; tenace ma immaturo. Insomma, l'adolescente. Forse non la proiezione della sua definizione, ma sicuramente rappresenta colei che, più di qualunque altro in Si sente il mare, potrebbe sviluppare una sorta di empatia con lo spettatore [anche perché quasi tutto il resto dei personaggi sono dei "mollaccioni buoni a nulla" a livello concettuale (protagonista escluso, in quanto scritto con caratteri contrastanti - ingenuità, rabbia, impulsività, pigrizia, ... - che ne delineano, in maniera meno riuscita di Rikako, un profilo molto credibile e coerente con gli stati d'animo contrastanti propri della pubertà)].

 

 

scena

Si sente il mare (1993): scena

 

 

Dunque Si sente il mare è uno Shoujo [categoria giapponese che descrive le opere indirizzate ad un pubblico adolescente femminile, in cui la storia d'amore funge da principale corpus narrativo]; vuole essere un racconto di formazione creato da "I giovani talenti dello Studio Ghibli" [Katsuya Kondo (character design), Kaori Nakamura (sceneggiatura), Tomomi Mochizuki (regia) - nel 1987 capo, assieme a Mamoru Oshii, del progetto Twilight Q - , Nozomu Takahashi (produzione) e Naoya Tanaka (dir. animazioni)] per i giovani del Giappone. Quello del Ghibli, nel '93, è stato un'esperimento voluto da Toshio Suzuki, collaborando col network NipponTV, per cercare di creare il primo film dello studio senza che i due altri co-fondatori - Miyazaki e Takahata - fossero contemplati in qualsiasi ambito del progetto. Mentre il pacato Maestro Takahata non ha avuto nulla da ridire in proposito, Miyazaki invece più volte è stato forzatamente allontanato dagli studi dove lavorava il team responsabile perché "quel vecchiaccio voleva sempre metterci in mezzo il naso. Era più forte di lui!". {Queste, parole testuali di Suzuki: "quel vecchiaccio!" (detto ovviamente col sorriso).}

 

 

scena

Si sente il mare (1993): scena

 

 

Dal punto di vista tecnico-grafico il film è decisamente ben riuscito, grazie all'aiuto nella realizzazione delle animazioni dello studio Madhouse, della Oh! Production e della J.C. Staff [tutte importanti case di produzione di anime (Madhouse famosa anche per film d'animazione di Satoshi KonYoshiaki Kawajiri e Rintaro)]. La ricerca delle location e delle scenografie ha permesso al team di produzione di mettere in scena vere e proprie ambientazioni realistiche, create a partire da fotografie e, quindi, avendo in sé una moltitudine di particolari davvero preziosa [sia in alcune sfumature del colore che in certi oggetti presenti nelle inquadrature]. Altro elemento zoppicante è, invece, la colonna sonora, che abbraccia ogni situazione inscenata nel film rendendola - come atmosfera - pari ad una sequenza romantica di un telefilm dei primi anni Novanta [ed infatti nelle atmosfere questo lungometraggio è dannatamente realistico!].

Contestualizzando il prodotto e, soprattutto, riuscendo a comprendere i pensieri de "I magnifici 5" della produzione relativi al film stesso, Si sente il mare diviene un'opera di più ampio respiro, che trascende ogni contesto audiovisivo e artistico. Si passa, infatti, a vera e propria psicologia sociale e del lavoro.

 

 

Il voler imporsi di fronte ai severi maestri, di riscattarsi e di guadagnarsi un nome! 

Il team di produzione di Si sente il mare è con questo atteggiamento che lavora al progetto. Con tutte le loro forze, la loro determinazione, i giovani professionisti dello Studio Ghibli desiderano realizzare un'opera che resti incisa nei cuori e nelle memorie dei giapponesi; ambiscono a creare un anime - a detta loro - impossibile partendo dal materiale scritto e figurativo di origine.

 

 

scena

Si sente il mare (1993): scena

 

 

Suzuki in un'intervista ha dichiarato che Miyazaki, dopo aver visto per la prima volta il film, si è arrabbiato da morire. Ma non arrabbiato perché "Questa roba fa schifo!", bensì per il fatto che avrebbe voluto cambiare - non sostituire - molte scene. Sempre Suzuki continua a spiegare che si è meravigliato della rabbia del "vecchiaccio"; crede che sia stato proprio Si sente il mare ad averlo ispirato e spinto a scrivere la sceneggiatura de I sospiri del mio cuore [film di tutt'altro livello confronto a questo ma che, in effetti, presenta molti punti in comune con il TV-movie (ma quanto mi sta sul cazzo sta parola!!!). Kondo riposa in pace!]. Infine, dice che quando il Signor Miyazaki si sente frustrato dalla visione di un'opera è perché in qualche modo ne è rimasto colpito. Questo vuol dire che il lungometraggio potrà non essere granché, che ad essere onesti è vero, è mediocre, però potrebbe anche scuotere qualche animo, perché comunque si intuisce sin dalle prime sequenze che è realizzato da professionisti che ci hanno messo l'anima, passione invidiabile per dargli vita (perché con l'animazione si può parlare di "dare vita alle cose". Che bellezza!) e renderlo proprio: il "proprio strumento di riscatto contro i vecchiacci!".

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