Regia di Luna Gualano vedi scheda film
...sentit’omaggio...
Col cinema di Luna Gualano sono rimasto al più che buon “Go Home - A Casa Loro”, non avendo recuperato né “Psychomentary” né “Credimi!”, e con questo “La Guerra del Tiburtino III”, da lei scritto con Emiliano Rubbi, anche autore delle musiche, devo constatare il compassato passo indietro, che comunque si denota come attestantesi ben al di sopra della media [del cinema di genere (italiano)], compiuto dalla regista foggiana classe 1981: l’andazzo del copione risulta gradevole, ma costellato di buchi tendenti alla voragine e scorciatoie che si rivelano false piste e vicoli ciechi, mentre la sospensione dell’incredulità comportamentale vacilla costantemente, e i dialoghi molto spesso non riescono a essere salvati dalla recitazione, quando ad esempio nemmeno Paola Minaccioni non può fare alcunché (magari suggerire in camera caritatis alla regista e co-sceneggiatrice un “Ma sei sicura?” buttato lì con malcelata nonchalance) contro:
- S’è portato via tutte le pile dei telecomandi di casa!
- E che ce deve fa’?
- Boh! Ce ‘o sai te? Dovrà cambia’ canale!
[Puro iperrealismo? E Martufello muto.]
Detto ciò, Antonio Bannò (già in “Go Home - A Casa Loro”, e poi in Suburra, Romulus, il Colpo del Cane, Vita da Carlo, il Principe di Roma, Christian, Gigolò per Caso), Sveva Mariani, Francesca Stagni, Federico Majorana (“Favolacce”), Paolo Calabresi, Paola Minaccioni, Carolina Crescentini, Francesco Pannofino, PierGiorgio Bellocchio (che, oltre ad interpetare il vero ultracorpo/bodysnatcher del film, lo co-produce con i Manetti Bros. e il recentemente scomparso Carlo Macchitella, tutti in quota Mompracem, più Rai Cinema, MiC e Regione Lazio, mentre a distribuire è Fandango), Roberto Fazioli (facce Celentano!), Giulia Gualano, e, ebbene sì, Veronika Logan from “l’Ispettore Coliandro”, con Aurora Calabresi (“Boris 4”) fuori le mura e col direttore della fotografia Giuseppe Chessa (“Come un Padre”, “Clorofilla”), fanno il loro sporco (in senso figurato, ma così ce piace) lavoro (beh, adesso, “lavoro”… Embé? Lavoro, lavoro!).
Bei titoli di testa, che per lo stile e non per il contenuto possono ricordare molto alla lontana quelli, magnifici, di “Gentlemen Broncos”, e di coda, à la Tarr Béla (m’al contrario, nel vers’opposto, e con la stessa regista e co-sceneggiatrice in un cameo hitchcockiano messasi lì in attesa, al primo posto della fila che scorre, davanti alla porta del "mago suo malgrado": e l’auspicio è che Pinna le possa predire un gran bel futuro).
* * * (¼) - 6.25
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