4 stagioni - 51 episodi vedi scheda serie
Buona, veramente buona. Grazie, gente di “Boris”: siete il contrario del Re Mida all’incontrario.
Cagna maledet... Pardon.
È veramente difficile portare avanti un progetto iper-neo-realista qual è “Boris” quando la realtà ti supera sulla destra strombazzando e facendo le corna: cosa possono fare, infatti, “gli Occhi del Cuore”, “Medical Dimension” e persino “Libeccio” e “Caprera” contro ‘na roba come “Protezione Civile” (sic!, perché sì, qui siamo oltre l'auto-parodia preventiva: qui c'è del divino) che, tutto ad un tratto, così, de botto, senza senso, all’improvviso la follia, t’incendia tutta Stromboli (preparando il terreno per agevolare future alluvioni)?
Ma Giacomo Ciarrapico (Andrea Sartoretti), Luca Vendruscolo (Massimo De Lorenzo) e - se pur da laggiù, per quel che può - Mattia Torre (Valerio Aprea) non sono da meno in quanto all’essere incendiari, quindi se ne stracatafottono e… F4! Trama: dopo aver partecipato a due funerali [uno presentato/moderato da Walter Veltroni alla Feltrinelli sull’Appia Nuova dal titolo “l’Età dell’Oro della Serialità” e l’altro, purtroppo vero, in ogni senso, quello di Itala (Roberta Fiorentini), la storica segretaria di edizione], René “Die! Die Die! Die! Die!” Ferretti (Francesco Pannofino), nei panni di Paul Schrader (anche se forse si tratta di Gifuni truccato da Favino, o viceversa), stimolato da Glauco (Giorgio Tirabassi), che sarebbe lì solo per pareggiare l’IVA con l’IRPEF, e con la presenza scenica di Tatti Barletta (Edoardo Pesce), decide di girare, stretto nella morsa fra la ‘Ndrangheta e la Piattaforma, rubando proprietà intellettuale ad entrambe, il suo “Dark” (“Io Giuda”), utilizzando parte del materiale girato per “Vita di Gesù” (“Dying of the Light”) integrandolo con delle scene appositamente riprese sfruttando set, attori e troupe di quella fiction.
- “Collega, ma com’è l’inferno?”
- “Ma guarda, te dirò… Alla fine non è male… È pieno de quarte stagioni.”
Ed ecco che così “Boris 4” (sempre by Lorenzo Mieli, con Fremantle, questa volta con Disney al posto di Fox), rigorosamente ‘oDimo-free e scavallando con grazia l’effetto boomer, torna dopo quasi (non ci si crede) una dozzina d’anni e compie l’impresa (che, diciamocelo, era impossibile da fallire: lo so, non sembra, ma è un gran complimento). E con essa, eccoli, oltre ai già citati, tutti gli altri: Arianna (Caterina Guzzanti), la cui back-story è affrontata fulmineamente, con una singola scena, à la “the Sopranos”, anche se poi il figlio avrà un ruolo importante in “io Giuda”; Alessandro (Alessandro Tiberi), da schiavo della Rete a schiavo della Piattaforma; Stanis la Rochelle (Pietro Sermonti) e Corinna Negri (Carolina Crescentini), sposi fondatori della SNIP (So Not Italian Production); Duccio Patenè (Ninni Bruschetta), di ritorno dal suo Magical Mystery Tour (glien’è rimasto un po’ s’una narice); Augusto Biascica (Paolo Calabresi), asshole irredento; Diego Lopez (Antonio Catania), uomo per tutte le stagioni; Sergio Vannucci (Alberto Di Stasio), acciaccato, incarcerato, mai domo; Lorenzo (Carlo De Ruggieri), da merda a… merda, ma salvatore di “Io Giuda”; Mariano (Corrado Guzzanti), e la non del tutto cestinabile side-line del Gesù texano; Alfredo (Luca Amorosino), bravissimo regista di seconde unità, anche se c’ha ‘sto difetto, che ogni tanto “se lo bevono”; Karin (Karin Proia), e sembrano passati 12 giorni, non anni, qui al servizio della quota fetish; Martellone (Massimiliano Bruno); e poi ancora: Cristina, a fija de Mazinga (Eugenia Costantini), con l’avvocato (Andrea Purgatori) al seguito; Ana (Cecilia Dazzi), anche lei tradita da Giuda/Barletta; e le new entry Aurora Calabresi (la nuova schiava), Astrid Casali (la backstagista), Giulia Anchisi (‘n‘altra Giuda, del tipo sbirro), Nina Torresi (la nuova segretaria di edizione) e Alessio Praticò (la s/comparsa calabrese); e Favino nel ruolo di Gifuni (che legge Pasolini, ma pure Gadda, eh), o viceversa.
E, off screen: fotografia di Alfredo Betrò (“Liberi Tutti”), montaggio di Cristiano Travaglioli e musiche di Giuliano Taviani & Carmelo Travia. E la vera Arianna Dell’Arti come aiuto regista.
“La cosa bella della vita di Gesù è che lui, a 30 anni, scapoccia, e cambia la Storia.”
Comunque, rispetto alla sigla delle prime tre stagioni…
…la SUPERNUOVISSIMA sigla di questa “Boris 4”…
…su di me ha uno strano “Effetto Memoria” pazzesco…
Pre-finale che rasenta l’assurdo, lo sfiora, lo accarezza, e poi lo sfonda, lo asfalta, lo squarcia, lo supera. E senza manco l’aiuto di Jennifer Beals: solo Pannofino (ir-ri-ce-vi-bi-le).
"Eh, se non è basito Lazzaro, chi cazzo è basito?"
Poi, in chiusura...
- “Posso?”
- “Eh no, eh! Eh no.”
Sipario. (E lacrima, fuori scena.)
Boris - la Serie & il Film:
- Stag. 1 (2007, 14 ep.): * * * * ¼ - 8.50
- Stag. 2 (2008, 14 ep.): * * * * - 8.00
- Stag. 3 (2010, 14 ep.): * * * * - 8.00
- Boris - il Film (2011): * * * * - 8.00
- Stag. 4 (2022, 8 ep.): * * * * ¼ - 8.50
Ah, e "faccettismi" (cit.).
Post-credit. Impagabile il momento in cui Glauco (Tirabassi) entra sul set dopo lo “Stop!” a una scena sbattendo con la sua rinomata grazia à la Salvini una porta facendo (leggermente) sobbalzare Tatti Barletta (Pesce): un metacinematografico “Buòooonàaaa!”, e via!
Buona, veramente buona. Grazie, gente di “Boris”: siete il contrario del Re Mida all’incontrario.
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