Mentre la pioggia continua a interessare il Lido, ci avviamo verso la conclusione del Festival. Mancano ormai le ultime due giornate di proiezioni stampa e il dado è tratto: mancano all’appello solo tre film in concorso e la sensazione è che ancora non sia arrivato il colpo di fulmine definitivo, quel film che fa gridare tutti quanti al miracolo. Al momento, per gli italiani il favorito sembra essere Il giovane favoloso di Mario Martone ma la stampa estera non è stata clemente con il nostro film, per colpa forse di una campagna promozionale sbagliata che dipingeva il poeta di Recanati come ribelle quando invece l’opera ne ha restituito un’immagine talmente classica, calcata dagli episodi che siamo abituati a leggere nei libri di letteratura italiana. Gli americani fanno il tifo per il loro Birdman mentre i francesi sembrano essere particolarmente attirati da Loin des Hommes e da Le dernier coup de marteau di Alix Delaporte, mostrato proprio quest’oggi. La storia del quattordicenne Victor e del suo rapporto con i genitori con l’accompagnamento musicale della sesta sinfonia di Mahler (che funge anche da catalizzatore per la trama, oltre che da ispirazione per il titolo) ha colpito per la sua messa in scena essenziale e per la descrizione accurata dei personaggi principali: «Nei miei film ci sono pochi dialoghi. Non è una ricerca specifica, è semplicemente una constatazione. Non si tratta di silenzio ma piuttosto di un terreno vergine. Proprio come Victor che sta per diventare quattordicenne. Qui è la musica a prendere il posto delle parole. È lei a fare da legame tra Samuel e suo figlio Victor. È attraverso di lei che si esprimono i sentimenti e comunicano i personaggi. Facendola scoprire al figlio, Samuel offre quello che non può offrire con le parole. E lasciandosi invadere dalla musica, provando la sua prima emozione artistica, Victor lascia spazio a suo padre», ha spiegato la regista di Angéle et Tony a proposito del suo film. Qui, la recensione.
Nel giorno dell’anniversario della tragica morte a Palermo del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, assassinato dalla mafia nel 1982, assume una connotazione particolare la prima proiezione stampa di La trattativa, il lungometraggio fuori concorso di Sabina Guzzanti in cui si indagano i rapporti tra lo Stato e la più nota associazione a delinquere e le motivazioni della nascita di un partito come Forza Italia, con annessa discesa in politica di Silvio Berlusconi. Da visionare necessariamente in coppia con Belluscone – Una storia siciliana di Franco Maresco, la docufiction della Guzzanti non si nasconde dietro a un dito e passa in rassegna nomi e cognomi di quelle figure il cui operato non è lindo come appare. «Sento che spesso in registi nelle interviste, alla domanda: “cosa ti piace del tuo mestiere?”, rispondono: “mi piace raccontare delle storie”. È un ottimo modo per dare una risposta breve a una domanda impossibile, ma certo suona un po’ come una banalità. Eppure, se mi domandassero ora cosa mi è piaciuto realizzare di questo film, risponderei: “mi è piaciuto riuscire a raccontare questa storia”. La sfida più grande è stata proprio questa: riuscire a trasformare un mucchio di libri, articoli, verbali, ore e ore di registrazioni di sedute processuali, in una storia», ha tenuto a sottolineare la regista per spiegare un lavoro che susciterà infinite polemiche nei giorni a venire. Questa, la recensione.
Poiché anche le sale veneziane soffrono di problemi tecnici legati alle proiezioni, il ritardo di oltre un’ora del film della Delaporte ci costringe a saltare un paio di proiezioni. Alan Smithee nel pomeriggio ha recuperato il nuovo divertissement di Hong Sangsoo, Hill of Freedom, ennesima variazione del suo percorso sulla riflessione sul concetto di identità: «Questa era la mia idea iniziale: una donna che riceve lettere da un uomo del suo passato. Un uomo che rimane indeciso. La busta, molto spessa, contiene un gran numero di lettere non datate e scritte in forma di diario. La donna, sorpresa, maldestramente sconvolge per l'ordine sequenziale delle lettere. In che modo questo influisce sul significato del testo che leggerà? Può questo sconvolgimento nella sequenza cronologica causare turbamento nella donna durante la lettura delle lettere dell'uomo?», spiega il regista. Qui, la recensione. Per le Giornate degli Autori, particolarmente interessanti e ricche di stimoli sono risultate essere le visioni del corto The Show MAS Go On di Ra di Martino e del mediometraggio olandese Between 10 and 12 di Peter Hoogendoorn. Per distrarci, il mare sa anche regalarci particolari visioni, come quella che vedete sotto.
La serata ci offre infine la visione del secondo titolo in concorso di oggi: Red Amnesia di Wang Xiaoshuai. Storia di una vedova in pensione e dal carattere caparbio che vede la sua esistenza routinaria sconvolta da una serie di chiamate anonime, Red Amnesia si manifesta pe ril regista come un progetto molto personale: «Dalla morte di mio padre, la mia settantenne madre, che vive da sola, non vuole più rinunciare a prendersi cura dei nipoti e di noi figli. Sembra non importarle nulla del riposo. Il suo comportamento mi fa riflettere sul senso della vita per il popolo cinese e sul fatto che la generazione a cui appartiene ha perso coscienza di sé. I suoi coetanei non sanno chi sono e che vita alternativa potrebbero avere. Per questo motivo, volevo dapprima realizzare un film su una donna sempre in movimento ma, mentre lavoravo alla sceneggiatura, ho scoperto che la mancanza di autocoscienza è un fenomeno molto popolare in Cina e ho deciso di esplorarne le cause. La colpa è legata a come sono si è cresciuti dopo la costituzione della Repubblica popolare cinese e ai principi istruiti dai vari movimenti politici, che con un lavaggio del cervello senza precedente hanno reso tutti insensibili e con le esistenze vuote». Mai parere mio e di Alan furono più differenti: recensione di Spaggy, recensione di Alan Smithee.
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