Geniale maestro di regia, o piuttosto una inesauribile macchina da soldi?
L'eterno dilemma che circonda il lavoro e la lunga carriera dell’apprezzato regista scozzese Ridley Scott, forse si risolve includendo, tra le caratteristiche peculiari della sua convulsa ed infaticabile attività di cineasta, entrambe le caratteristiche sopra menzionate.
Appena varcate le soglie delle sue prime 87 primavere, Ridley Scott non pare demordere quanto a impegni e idee in cantiere, e la propria agenda impegni non sembra lasciare spazio a periodi di riposo. Una fucina di idee e progetti, sulla carta anche assai impegnativi, tutti in procinto di partire o di essere portati a termine, fungono probabilmente da combustibile che assicura al tenace e risoluto regista una energia non comune, soprattutto tenendo conto dell’età che lo contraddistingue.
Come Steven Spielberg, il tenace regista è solito affrontare i suoi spesso sontuosi progetti anche contemporaneamente, spaziando da un film storico a uno di fantascienza, o a uno di costume che magari ritrae la scintillante falsità e il vuoto morale degli anni ’80, gli anni “da bere”.
Dopo le gesta del suo recente ed un po’ contestato Napoleone, di fatto grandioso e forte di rappresentazioni belliche grandiose, a cui si contrappone un ostentato minimalismo nella mimica del personaggio nel suo studio introspettivo, è stata la volta del tanto rimuginato sequel de Il Gladiatore, che rimane uno dei film, assieme a I duellanti, Alien, Blade Runner, Thelma e Louise, con cui il regista verrà ricordato probabilmente in eterno.
Quel Gladiatore che nel 2000 ebbe il merito di dare un colpo d’ala non indifferente alla carriera di Scott, arenata tra un biopic su Cristoforo Colombo dalla lavorazione assai travagliata e l’esito artistico non proprio sbalorditivo, e un film sui cadetti marinai come Albatross, a cui non si riesce a volere davvero male nonostante scada spesso in una retorica piuttosto insopportabile.
Infatti, ad inizio del nuovo millennio Il Gladiatore fu un successo stratosferico, che ha contribuito più di ogni altro a far rinascere la moda del genere “peplum” trasposto in versione blockbuster.
Non meno rischioso e azzardato pare il progetto che riporterebbe Scott in zona “aliena” dopo i suoi intriganti, ma non sempre completamente convincenti film Prometheus (2012) e Alien: Covenant (2017).
Ma i progetti che vedono impegnato in modo febbrile il tenace ottantasettenne cineasta britannico non sono finiti.
Da anni si parla del coinvolgimento di Scott nella trasposizione del comic di Greg Rucka, Queen & Country, incentrato su una dinamica agente dell’intelligence britannico, che potrebbe costituire il definitivo contraltare femminile di un Bond che non osa ancora apparire in vesti femminili.
Attendiamo pazienti.
Nel frattempo, in occasione della imminente uscita in sala de Il Gladiatore II, potrebbe risultare utile procedere con un ripasso monografico e ripercorrere le tappe cronologiche che hanno caratterizzato una carriera concitata, iniziata alla non più tenera età di quarant’anni nel 1977, dopo un lungo periodo trascorso a dedicarsi con successo, e a farsi tecnicamente le ossa, nel comparto pubblicitario e dei videoclip.
Scott è senza dubbio un talento dell’immagine e della ripresa, un perfezionista della rappresentazione.
Ma è pure, e lo ha dimostrato ampiamente in svariate occasioni, un uomo per nulla indifferente al business e al ritorno economico, al punto da farsi portavoce di iniziative emblematiche.
Come ad esempio quella sfociata nel 2017 nello scaldalo “Kevin Spacey”, che indusse il regista a cacciare dal set il celebre attore, impegnato come co-protagonista del film Tutti i soldi del mondo, sostituito con più anziano Christopher Plummer, e per questo costretto a rigirare gran parte delle scene madri del film, piuttosto che rischiare che lo scandalo sessuale, in cui è stato implicato Spacey, rischiasse di tradursi in un boicottaggio del suo film, girato con un budget di tutto rispetto.
Le polemiche, in quella occasione, non tardarono a farsi sentire, costituendo per il film una pubblicità gratuita e spontanea che non fece male alle sorti economiche del prodotto.
Polemiche a parte, Ridley Scott è senz’altro un regista che ha esordito col botto: un film in costume del tenore e della maestria visiva de I duellanti, e che alla prova del nove del secondo film si ripropone, solo due anni dopo, con il cult fantascientifico/horror/splatter Alien.
Per non parlare di quel che accadde del 1982, con la fantascienza più matura, nostalgica e pure romantica di quello che diventerà, dopo 2001 Odissea nello spazio di Kubrick (e Stalker tra i cinefili più esigenti), il più importante film di fantascienza della storia del cinema, ovvero Blade Runner.
Ma ricominciamo davvero dall’inizio, ripercorrendo tutta la carriera cinematografica di Ridley Scott, dal corto intimista Boy and Bicycle in cui chi racconta è il pensiero della mente, a ridondante e megalomane Il Gladiatore II pronto a fare sfracelli in sala.
In mezzo a questi due pilastri, ci sta il cinema in tutte le sue sfaccettature, e la carriera di un autore magari un po’ discontinuo, ma coraggioso, tenace e instancabile.
Uno che, meglio di molti altri, sa muovere la macchina da presa, cogliere al meglio il senso di un’azione, manovrare e dirigere scene di massa, senza peraltro omettere di percepire l’intimità di una singola espressione minimale nella quale si racchiude la fase cruciale di una sua storia.
Ambientato nella natia cittadina inglese di Hartlepool, nel nord-est dell'Inghilterra, questo cortometraggio di poco meno di mezz'ora racconta la giornata del compimento dei primi sedici anni di un ragazzo un po' pigro, che, al raggiungimento di quella fatidica età, un tempo indicativa del raggiungimento della maggiore età, si sveglia nella sua camera a seguito del trambusto casalingo degli altri componenti che si preparano ad affrontare una nuova giornata.
Le azioni sono commentate da una voce fuori campo dello stesso Tony, che suona come un pensiero che si palesa sullo spettatore.
La musica gradevole la firma di John Barry.
Riprese ardite che denotano una vocazione marcata per la ripresa ad effetto e la capacità di cogliere il senso dell'azione e del movimento. 6/10
"Prima che la guerra cancelli tutto, ti chiedo: perché vi siete battuti?
-lo chiedi a nome della cittadinanza? Diciamo....per una schermaglia cavalleresca.
Ma sai...in fondo non lo so bene neppure io "
Due antagonisti per una sfida perenne, che ferirà entrambi i contendenti lasciando segni indelebili sui loro corpi più di quelli del campo di battaglia, non sarà la soluzione definitiva di un duello che si risolverà del tutto solo con una sconfitta morale.
E l'onore, l'orgoglio, si rivelano già da subito la vera causa dello scontro, nonché, a livello universale, l'origine del male e di tutte le guerre che hanno travolto il corso della storia umana sul pianeta.
La maniacalità delle inquadrature perfette, gli sfondi quasi pittorici, sono parte integrante e sostanza di un film la cui storia è adattata piuttosto fedelmente da un racconto del 1908 del grande scrittore Joseph Conrad (Lord Jim, Cuore di tenebra, Nostromo, per citare alcuni tra i suoi più noti romanzi).
Ma Scott ci mette del suo e filma con una maestria che rende I duellanti una delle più sorprendenti opere prime di sempre, e che lancerà il suo autore nell'olimpo degli autori americani da fine anni '70 ai nostri giorni. 8/10
"Un momento...qualcosa si muove....sembra avere vita...vita organica!..."
Alla sua seconda avventura cinematografica, Ridley Scott dà vita, coadiuvato in sceneggiatura dal valido e noto sceneggiatore sci-fi Dan O'Bannon, ad un grandissimo cult, nonché il capitolo d'esordio di una delle più importanti e fondamentali saghe di fantascienza della storia del cinema.
Tensione alle stelle, che saprà riproporre solo John Carpenter pochi anni dopo con La cosa, effetti speciali all'epoca da urlo a cura del nostro abilissimo artigiano Carlo Rambaldi, fututo papà di ET, all'interno di un film che ha segnato un'epoca ed è ancora una pietra miliare della fantascienza.
Sette anni dopo un certo James Cameron sceglierà di tornare in argomento e con Aliens riuscirà a fare probabilmente ancora di meglio. Ma il primo capitolo, per forza di cose, rimane un oggetto di culto per definizione, oltre che un film di fantascienza ancora assai galvanizzante. 9/10
"Io ne ho viste cose, che voi umani non potreste immaginarvi: navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione. E ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhauser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. E' tempo di morire".
Pathos, commozione, autentica emozione ha reso immortale questa scena, e Blade runner un film culto non solo tra i confini della fantascienza, in grado di rendere palese l'anelito di vita e la frustrazione che rende la macchina perfetta ed immortale, come un ingranaggio senza sentimento, che tuttavia anela a questa sua mancanza, desiderandola più di ogni altra cosa.
Blade Runner è un film che, passato inosservato alla sua uscita, si appresta ogni decennio a tornare in sala, spesso con nuove versioni, con o senza unicorni (pare ne esistano addirittura sette!), con o senza voce fuori campo, con nuovi finali, e ancora con la leggenda magnifica delle scene iniziali di Shining generosamente fornite da Kubrick a Scott, e dallo stesso utilizzate per il suo finale all'insegna della speranza. 10/10
"-Che cos'è la luce...senza le tenebre? Cosa siete voi....senza di me? Io sono parte di tutti voi e voi non potrete mai sconfiggermi....siamo fratelli eternamente."
Legend, opera quarta di Ridley Scott dopo tre film eccezionali uno di seguito all'altro (I duellanti, Alien e Blade Runner) è un fantasy dalla gestazione piuttosto tribolata, e dalle ambizioni innegabili, che tuttavia non si traducono, a livello di storia e di narrazione, in un film galvanizzante o di semplice approccio.
Con un titolo italiano un po' pedante che sostituisce lo splendido originale Someone to watch over me, che a sua volta prende spunto da una bella canzone di George e Ira Gershwin in una versione riadattata da Sting, è un thriller efficace per quanto stilisticamente un po' laccato, scritto dal bravo sceneggiatore Howard Franklin (quello di Occhio indiscreto e dello script de Il nome della rosa).
BLACK RAIN - PIOGGIA SPORCA - 1989
I due poliziotti si mettono all'inseguimento dell'assassino, fino a riuscire a catturarlo.
Si tratta di un tenebroso Yakuza di nome Sato, che i due poliziotti si ritroveranno costretti ad estradare sino in Giappone, scortandolo sino ad Osaka.
Ingaggiato da Michael Douglas, nel cast anche tra i produttori esecutivi del film, Ridley Scott infonde al robusto thriller d'azione quel tocco hi-teck che appare molto pertinente nel contesto futuristico della affascinante città di Osaka, che ospita gran parte dell'ambientazione della pellicola.
Di contro la produzione è costretta ad affrontare vicissitudini burocratiche piuttosto complicate che tardano la conclusione del film, e lo stesso Scott, allontanato dal paese per mancanza di visti in regola, si risolverà a girare alcune scene di esterni in località della campagna americana.
Nonostante ciò, il film, candidato agli Oscar in due categorie tecniche (Miglior sonoro e Miglior montaggio sonoro), riscosse un buon successo di pubblico, sia negli Usa, sia nel resto del mondo, irrobustendo la posizione di Scott, decisamente ridimensionatasi dopo i fasti dei suoi primi splendidi tre film (I duellanti, Alien e Blade Runner), a seguito del sonoro flop del fantasy Legend del 1985. 8/10
"Tu (Thelma) sei sempre stata matta. E' che non sei mai riuscita a tirar fuori la tua pazzia."
In fuga per la libertà. Quello che nasce come un piccolo viaggio fuori porta per evadere dalla banale routine quotidiana, trasforma una cameriera quarantenne di nome Louise (Susan Sarandon), e la casalinga spilungona trentenne di nome Thelma (Geena Davis), in due fuggiasche classificate come pericolose criminali.
E' un capolavoro questo Thelma e Louise, scandalosamente premiato con l'Oscar solo per la migliore sceneggiatura (a cura della brillante Callie Khouri): un film che allarma, che si fa seguire trattenendo sulle spine un pubblico che non ha dubbi da che parte stare, quando i dubbi vengono pure al saggio poliziotto che cerca di farle ragionare (Harvey Keitel).
Un film che commuove e descrive due personaggi unici nella loro diversità, seguendo ognuno di loro e delineando di ognuna le mille sfaccettature che descrivono due personalità opposte, ma pure altamente compatibili.
Scott affronta il viaggio delle due donne nel deserto americano, prodigandosi in riprese che valorizzano lo splendido paesaggio brullo da western che comunica grandiosità e qualcosa che si avvicina all'eternità. 10/10
1492 - LA CONQUISTA DEL PARADISO - 1992
"Le ricchezze non rendono l'uomo libero; lo rendono solo più occupato."
Nel 1992, in occasione del cinquecentenario della scoperta delle Americhe da parte di Colombo, Ridley Scott decide di accettare di girare su commissione uno dei due progetti all'epoca promossi per omaggiare il grande navigatore.
Il film può vantare la scelta di un interprete fisicamente perfetto come Gerard Depardieu, che tuttavia non appare nel film completamente a suo agio e non si produce certo in una delle sue interpretazioni memorabili. Nel cast, piuttosto sontuoso, citiamo anche Sigourney Weaver, nel ruolo della regina Isabella, che torna a lavorare con il regista che la lanciò e rese diva grazie ad Alien. 6/10
L'ALBATROSS. OLTRE LA TEMPESTA - 1996
"A volte non ci si può sottrarre al vento, si possono sol omettere a segno le vele e tirare dritto."
Ad inizio anni '60, tredici liceali volonterosi accettano di imbarcarsi in un grande veliero-scuola chiamato Albatross, ove formarsi alla scuola di mare e maturare esperienze per il curriculum che li introdurrà nel mondo del lavoro.
Durante le 6000 miglia di un viaggio che parte dal Golfo del Messico per giungere sino in mezzo all'immenso Oceano Pacifico, dopo aver imparato ad affrontare uno skipper esigente e spigoloso come il carismatico Christopher Sheldon (Jeff Bridges) sulla via del ritorno si imbatteranno in una anomala bufera che farà naufragare l'imbarcazione provocando anche alcune morti (la tempesta White Squall del titolo originale).
Interessante l'ambientazione e parte dello sviluppo, soprattutto per come viene gestita la rappresentazione della terribile tempesta, L'Albatross frana clamorosamente nella più smielata retorica quando affronta il disagio dei giovani sopravvissuti nel decidere su chi addossare le colpe del disastro, raggiungendo picchi di sentimentalismo e di buonismo di fatto assai fastidiosi. 6/10
"Mai mi fu dato di vedere un animale in cordoglio di sé. Un uccelletto cadrà morto di gelo giù dal ramo senza aver provato mai pena per sé stesso..."
La ambiziosa senatrice del Texas Lillian Dehaven (la grande Anne Bancroft), decide di usare come baluardo della sua ambizione politica, l'integrazione della figura femminile ai vertici di un'arma specializzata e tutta tradizionalmente al maschile come è quella dei Navy Seals.
Come pioniera della introduzione delle donne in questo comparto, una rigida selezione individua la tosta tenente della marina militare, Jordan O'Neill (Demi Moore), che non solo accetta, ma si sottopone senza tentennamenti ad un durissimo corso di ammissione lungo tre mesi.
Infarcito di retorica ed enfatico in modo sin fastidioso e puerile, Soldato Jane, frutto di una sceneggiatura triviale che utilizza l'argomento della parità di genere solo per aizzare istinti testosteronici ed istinti primari, che derivano da una scrittura sommaria e provocatoria a cura dell'altrove assai più ispirato e brillante sceneggiatore e regista David Twohy (quello della saga Pitch Black), riporta il cinema made in Usa ai livelli del puerile e guerrafondaio Top Gun di dodici anni prima, diretto dal fratelo di Ridley, Tony Scott. 4/10
"-Conquista la folla, e conquisterai la libertà.
-Conquisterò la folla, le darò qualcosa che non ha mai visto prima."
Nell'antica Roma dell'imperatore marco Aurelio, il generale Massimo Decimo Meridio (Russell Crowe) finisce per essere vittima di una congiura ordita dal figlio del re, il perfido e folle Commodo (Joaquin Phoenix), che assassina il padre, fa scempio della famiglia del nostro soldato, e riduce il schivitù lo stesso per liberarsene. Ma Massimo ricompare nell'arena romana nel ruolo di gladiatore, costretto ad esibirsi assieme ad altri schiavi in sfide mortali per allietare lo spettacolo della corte del nuovo folle imperatore. Il guerriero saprà trovare proprio dal punto più basso raggiunto nel suo tribolato excursus vitae, la via della coerente vendetta.
Ridley Scott utilizza l'abile sceneggiatura di David Franzoni, John Logan e William Nicholson, liberamente tratta dal romanzo di Daniel P. Mannix Quelli che stanno per morire, per far ritorno alla grande dietro le scene, e dando vita ad un film di gran successo, in grado di rilanciare il genere del peplum, da decenni ormai praticamente dato per estinto. Per merito, o colpa di Scott, si crearono altri fenomeni in costume come 300 e successivi sequel, e pure Scott fece ritorno al genere cinque anni dopo con l'apprezzato Le crociate. Oscar a gogò: miglior film, miglior attore protagonista, migliori costumi, miglior sonoro e migliori effetti visivi.
Russel Crowe e Joaquim Phoenix diventano star indiscusse, il film entusiasma, Scott ci stupisce con tecniche di ripresa ardite che, coadiuvate dalla grafica compurterizzata ,si rivelano in grado di ricreare un'Antica Roma dell'opulenza dalle ardite costruzioni e dagli avveniristici monumenti.
Nonostante la minuziosa cura dei dettagli, il film non manca di incongruenze storiche ed ingenuità evidenti, e difetta non meno di frequenti dialoghi che attualizzano eccessivamente i modi di fare dei personaggi, restando quest'ultimo particolare una delle pecche più evidenti di tutta la filmografia di Scott, ogni qualvolta il regista si dedichi a produzioni in costume. 7/10
Al centro dell'azione un veivolo militare, il Black Hawk Super 6-1, che, poco dopo il decollo, precipitò nella piazza dove era partito a causa di un razzo lanciato contro il rotore di coda, che causa una rotazione su se stesso dell'elicottero, prima di farlo schiantare a terra. Tutti gli altri uomini in zona, con i relativi mezzi di trasporto, vennero fatti confluire in loco per salvare i superstiti, e, con l'occasione, finirono per recuperare altri feriti poco lontano, nell'ambito del medesimo scontro.
Ridley Scott, completamente a suo agio nel filmare la dinamica ininterrotta di uno scontro sanguinoso e senza precedenti, riesce quasi a catapultare il suo pubblico in quella piazza, i mezzo al fragore del fuoco incrociato che oppone le due parti in combattimento.
La tecnica di regia è mirabile, ed il film merita pienamente i due premi Oscar ottenuti per il Miglior montaggio (al nostro Pietro Scalia), e per il Miglior sonoro.
Il realismo del campo di battaglia, il fragore degli effetti sonori, l'incessante senso di assedio che si prolunga lungo tutto il corso della vicenda, rendono il film un percorso negli inferi di una battaglia che difficilmente si riesce a scordare. 7/10
"Devo confessarle che sto pensando seriamente di mangiare sua moglie…."
Dall'omonimo romanzo di Thomas Harris, barocco e pulp, ma non certo all'altezza dei primi due libri da cui furono tratti sia Il silenzio degli innocenti, sia l'altrettanto esemplare Manhunter di Michael Mann, Ridley Scott dirige un film sontuoso e a largo budget, trasposto sullo schermo da nomi celebri come David Mamet e Steven Zaillian.
Lo sforzo produttivo è notevole, e Scott gira con la solita potenza di immagini, immortalando, particolare, una Firenze insieme sontuosa ed inquietante.
Cast robusto, con Julianne Moore che non sfigura nei panni della nuova Clarice, e con un buon supporto di secondi ruoli italiani (impegnati nei vari ruoli ricordiamo Francesca Neri e Enrico Lo Verso).
Ma il film, così come il libro, non convince completamente, affossato sin troppo dal grottesco grandguignol che trapela già dalle pagine del romanzo. 6/10
Storia di truffe e di imbroglioni, oltre che di sane fobie e nevrosi.
Pur con una struttura concitata da thriller, Matchstick Men (questo il titolo originale dell'opera), è in realtà una commedia scatenata, che permette a Ridley Scott di confrontarsi alla grande con questo genere per la prima vera volta in tutta la sua carriera.
La sceneggiatura, ad opera dei fratelli Nicholas e Ted Griffin, fila liscia alla perfezione e Scott dirige con la consueta e mirabile tecnica grintosa che riesce a eliminare ogni tempo morto e a conferire al film ritmo e verve in grado di assicurare uno spettacolo davvero godibile.
rande coppia contribuiscono a formare Nicolas Cage e Sam Rockwell, auentico valore aggiunto di questa riuscita commedia d'azione, nonché attori ottimi, se non perfetti, a rendere palpabile il nervosismo che anima i personaggi che spesso entrambi vengono chiamati ad interpretare.
Carina e ben scelta la "piccola" Alison Lohman, con quella sua fisionomia esile che comunica tenerezza e cela quella tostaggine che si rivela poi il celato valore aggiunto del suo personaggio di ingannatrice. 8/10
"Non avere timore innanzi ai tuoi nemici, sii impavido e retto cosicché Dio possa amarti, dì sempre il vero, anche se ti conduce alla morte; salvaguarda gli indifesi e non fare torti. E' il tuo giuramento."
Cinque anni dopo il grande successo del film in costume Il gladiatore, che ebbe il merito, fra gli altri, di resuscitare un genere che si pensava decaduto come quello del "peplum", Ridley Scott torna al film "di cappa e spada" ripercorrendo un periodo storico successivo di diversi secoli, in pieno Medioevo, all'epoca appunto delle fantomatiche Crociate, e di cui gli episodi narrati costituiscono solo una parte delle stesse.
Per chi si fosse aspettato qualcosa di più forte in grado di far luce complessiva su uno dei momenti più discutibili e bui della Chiesa romana nella sua spregiudicata opera di evangelizzazione atta a celare una vera e propria missione di conquista materiale, tutt'altro che spirituale, rimarrà un po' deluso da questo Le crociate.
Per chi predilige la narrazione avventurosa, le scene di combattimento e gli intrighi di corte, avrà pane per i suoi denti, e Ridley Scott, che si destreggia con il solito collaudato mestiere in grandi momenti action e scene di massa abilmente ricostruite con supporti di validi effetti scenici e computerizzati, si fa garante di un prodotto di valido intrattenimento, che forse non risulterà appassionante ed epidermico come Il gladiatore, ma che, a differenza di quest'ultimo, appare storicamente certo più compatibile e meno costellata di incongruità storiche, o di imprudenti attualizzazioni di gesti, modi di esprimersi e comportamenti. 7/10
ALL THE INVISIBILE CHILDREN - 2005 "Ci sono bambini che non hanno mai conosciuto la pace, ma che hanno un enorme capacità di sopravvivenza e l'istinto di prendersi cura uno dell'altro. Una volta ho letto questa frase: nella vita l'amicizia riesce a moltiplicare il bene e a ripartire il male..". Tornato a casa dalla moglie (Kelly MacDonald), dopo l’ultimo devastante reportage sulle trincee di guerra, un celebre fotografo (David Thewlis) comincia a provare sempre più impellente un sentimento di rifiuto per il suo lavoro, una repulsione per questo suo instancabile sforzo di documentazione attraverso il quale egli si trasforma in testimone ufficiale dell’orrore degli scontri bellici. Uscito dalla bella casa di campagna, si inoltra nel bosco e, improvvisamente, il suo corpo di uomo di mezza età torna quasi per magia ragazzo, per ripercorrere gli stessi luoghi, incontrando altri ragazzi della sua età, che lo accolgono, familiarizzano, collaborano per far fronte a un’avventura dai risvolti drammatici. Si trovano in mezzo a un focolaio di guerra non dissimile da quelli che egli ha documentato nella sua carriera, e che ora lo hanno portato a un livello di angoscia che pare senza soluzione. Stavolta però lo sguardo disincantato della giovinezza potrà cercare di far vedere, al nostro fotografo-bambino, la cruda realtà sotto una nuova luce, aiutandolo a ritrovare quella fiducia nell’umanità che da adulto gli era parso, sino a poco prima, ormai perduta. Il cortometraggio, diretto da Ridley Scott assieme al figlio Jordan, fa parte di un film antologico presentato per la prima volta alla Mostra del cinema di Venezia del 2005, in cui sette registi, a volte assai famosi (ci sono, tra gli altri, pure Kusturica, Spike Lee, John Woo), si concentrano su una tematica drammatica come lo sfruttamento dell’infanzia.
Un argomento spinoso, per il quale il rischio di incorrere nella più sfacciata retorica è forte.
Tuttavia il breve film di Scott and son, si rivela come uno dei più raffinati e tecnicamente riusciti tra quelli inclusi in questo lavoro collettivo. 6/10
"Un uomo dovrebbe riconoscere le proprie sconfitte garbatamente, così come festeggia le sue vittorie, max. Col tempo vedrai che un uomo non impara niente quando vince. Perdere invece può condurre a grande saggezza."
Dall'omonimo romanzo di Peter Mayle, Ridley Scott torna in zona commedia, dopo il successo di critica ottenuto col brillante ed esilarante Il genio della truffa, ma la commedia, svenevole e melensa, si rivela un vero bluff ed uno dei punti più bassi e scontati della variegata carriera del celebre cineasta.
Il film, pur amato sconsideratamente da una buona parte del pubblico, non riscontrò particolare successo all'uscita in sala, ma ebbe il merito di lanciare nel jet set hollywoodiano la futura diva francese Marion Cotillard.
Russell Crowe torna a lavorare con Scott dopo Il gladiatore, con cui strinse un vero e proprio sodalizio per gli anni avvenire, grazie al quale i due vantano ben 5 film girati assieme. 4/10
"Puoi essere un uomo di successo e avere dei nemici, oppure puoi non essere un uomo di successo e avere degli amici. Devi scegliere."
La storia di due acerrimi nemici-amici, tratta da una sceneggiatura che il valente Steven Zaillian, anche produttore assieme a Scott e Brian Grazer, trasse da un articolo di cronaca di Marc Jacobson intitolato The return of Superfly, è diretta con la solita verve da Ridley Scott che dà un tocco da maestro ad una pellicola che si concede alcune belle scene d'azione, in cui tutta la maestria del regista navigato viene a galla, e permette altresì a due star dal forte appeal come appaiono i singoli membri della inedita coppia Washington/Crowe, di trasmettere il meglio nel rendere ognuno il proprio personaggio pieno di contraddizioni, alti e bassi, carattere determinato ma mai a senso unico nel doversi confrontare tra bene e male. 7/10
“Devi decidere da quale parte della croce stai: o pianti i chiodi, o stai appeso”.
I differenti modi di intendere la caccia ai boss di Al Qaeda, da parte della CIA, si riassumono nelle figure contrastanti dell’agente sul campo tutto scrupoli e cuore pulsante, Roger Ferris (Leonardo Di Caprio), e in quello, freddo e spregiudicato, che opera on line e con utilizzo di droni spara missili mentre cura le faccende di famiglia, Ed Hoffman (un Russell Crowe visibilmente sovrappeso), che è pure il capo del primo.
ifferenti metodi per un unico risultato: quello di reagire e trovare una soluzione agli attentati che dal Medioriente si prefiggono di minare la tranquillità e il quieto vivere di un Occidente nel quale tali paesi ritrovano l’essenza del male
che può sconvolgerne costumi e scelte di vita.
Dal romanzo di un giornalista di guerra del Washington Post, David Ignatius, lo sceneggiatore William Monahan trae uno script teso e forse sin troppo complesso e caotico che, tuttavia, permette a Ridley Scott di dar sfogo a tutta la sua potenza visiva e di ripresa. Lasciando che le molteplici telecamere del suo set forniscano l’occasione per catturare al meglio quel senso di azione impellente e cruciale che il montaggio frenetico sa assemblare in modo opportuno. Permettendo allo spettatore di giostrarsi tra location sempre diverse e situazioni piuttosto complesse, senza tuttavia smarrire quel senso di azione che pervade nelle molte scene che contraddistinguono la caccia all’attentatore.
Il film può contare sulla carismatica coppia Di Caprio/Crowe, a cui si aggiunga l’ottimo Mark Strong nel ruolo del capo dell’intelligence giordana Hani Salaam, oltre la bella infermiera Aisha, resa con pathos dalla star iraniana Golshifteh Farahani. 6/10
"Ribellarsi e ribellarsi ancora, finché gli agnelli diverranno leoni!"
Anche Ridley Scott si cimenta nell'ennesima trasposizione dell'omonimo romanzo di Alexandre Dumas incentrato sul famosissimo ladro buono, ovvero quello che "rubava ai ricchi per dare ai poveri".
Dopo le storiche versioni dell'epoca degli albori cinematografici, con i Robin Hood interpretati da Douglas Fairbanks nel 1922, da Errol Flynn nel 1938, dopo la splendida versione animata e con animali antropomorfi di Walt Disney del 1973; dopo l'inedito Robin invecchiato di Sean Connery di Robin e Mariam del 1976 (con Audrey Hepburn nei panni di una tenera Mariam); dopo il successo totale del Principe dei ladri del 1991 di Kevin Reynolds di fandango col piacione Kevin Costner, in un film svenevole e smielato che si avvale tuttavia di un fantastico perfido sceriffo di Nottingham reso dal compianto Alan Rickman, ecco che la versione tecnicamente realistica, ma assai difforme rispetto al romanzo originale di Dumas, diretta da Scott, finisce per deludere e rivelarsi una storia poco avvincente e così poco romantica da non saper accontentare nessuna fascia di pubblico.
Quasi che il film, pur sontuoso e ben girato, si riducesse ad una dispendiosa ricostruzione storica, che tuttavia, nonostante il tocco grandioso a firma di Scott, poggia su aspetti e fatti decisamente travisati o non corrispondenti ai reali fatti storici documentati.
E, ammettiamolo, pure la coppia Crowe/Blanchett, perfetta sulla carta, non appare mai davvero in sintonia o in grado di aggiungere quel pizzico di pathos che manca decisamente lungo tutto il racconto solo formalmente impeccabile. 5/10
Ridley Scott si sa, e' particolarmente ispirato quando si tratta di fantascienza e il prequel del suo irraggiungibile (o quasi, perche' Aliens di Cameron non era da meno!) Alien, centra ogni bersaglio per avvincere, stupire, attanagliarti alla poltrona in due ore che corrono via a razzo.
La storia inizia quando la tosta ricercatrice Shaw (una soda, atletica e bassina Noomi Rapace - confronto alla inimitabile giraffa Sigourney, una delle mie attrici preferite in assoluto) scopre, attorno al 2089, un graffito primordiale in una grotta che riproduce una costellazione in grado di confermare gli indizi che altre antiche ed illuminate civilta' avevano lasciato circa l'origine della razza umana. Qualche anno piu' tardi la donna si risveglia in un'astronave (il Prometheus) diretta proprio verso il pianeta da cui parrebbe avere origine l'intera specie vivente terrestre.
Riprese maestose ed emozionanti fanno da cornice ad una vicenda che Scott dirige con polso sicuro e collaudato, pur non rinunciando ai suoi vezzi, magari per il pubblico un po' superflui, ad alcune convenzionali ed un po' abusate scene di intimita' da "vita in astronave"; piccole concessioni o banalita' che sono tuttavia riscattate da un montaggio serrato (a cura dell'italiano Piero Scalia) e da effetti speciali che il 3D esalta e rende (per una volta lo ammetto) ancora piu' suadenti e stupefacenti. 7/10
THE COUNSELOR - IL PROCURATORE . 2013
Nel mondo spietato, ironico e violentissimo di Corman McCarthy, i soldi vengono prima di ogni altra cosa: per questo il giovane ed abizioso procuratore senza nome (nel senso che non ci viene rivelato mai in tutta la tortuosa vicenda) Michael Fassbender non esita a invischiarsi in un'operazione irrinunciabile col proposito di fare una "toccata e fuga" per procurarsi le finanze per sposarsi con l'amata Laura e tornare al proprio lavoro di scrupoloso avvocato.
L'ultima fatica di Ridley Scott e' ancora una volta un film riuscito, intrigante, confezionato impeccabilmente da un grande cineasta che sa destreggiarsi molto bene anche come stratega commerciale, perfettamente in grado di conciliare stile e narrazione, senza dimenticare quegli ingredienti tatttici e quelle astuzie in grado di rendere il prodotto appetibile alle masse e quindi capace di sostenersi economicante in modo autonomo. 7/10
A Ridley Scott, gran regista eclettico e cult sin dai lontani esordi, tuffarsi a capofitto nei dettagli delle grandi civiltà del passato, piace evidentemente parecchio, se sempre più spesso lo ritroviamo impegnato a confrontarsi con nuovi adattamenti di fatti, personaggi e miti del passato, già ampiamente rappresentati dal cinema in questi suoi oltre cent'anni di vita.
Forte di un budget in linea con le produzioni dell'ultimo ventennio, con EXODUS: DEI E RE Scott realizza un colossal visivamente stupefacente in stile DeMille, forte di un gran cast su cui primeggia, per risolutezza e tenacia, espressività e motivazioni non dissimili a personaggio reso da Heaton, un Christian Bale sempre più star incontrastata e dalla grande personalità. 7/10
SOPRAVVISSUTO - THE MARTIAN - 2015
Non siamo in un futuro lontanissimo, ma in un domani molto vicino in cui le missioni sul pianeta rosso sono quasi una routine per la Nasa ed i suoi astronauti.
Poco prima del termine di una missione come tante, della durata di qualche anno, l'equipaggio americano di una navicella ("astronave" qui non suona realistico ed anzi stona con le dinamiche pseudo-possibiliste della pellicola) viene colto alla sprovvista da una tempesta violentissima, durante la quale il biologo del gruppo (Matt Damon, in fondo una delle più valide garanzie di una certa dignità di fondo del prodotto) viene investito da una serie di brandelli di oggetti trascinati dalla corrente.
Come recuperare il sopravvissuto prigioniero del pianeta ostile diviene il fulcro delle oltre due ore che seguono in questo concitato inizio di film.
Un'opera che se da un lato si fa forza di una sceneggiatura nel suo complesso ben organizzata e robusta, ben orchestrata tra le vicende di un protagonista assoluto ed una parte conclusiva in cui i comprimari trovano riscatto riconoscendosi nei caratteri e nelle singole sfaccettature, dall'altro non riesce ad evitare gli stereotipi fastidiosi di una solita retorica americana, dell'allegrezza incontenibile, dell'ottimismo sfrenato tutto stelle e striscie, e inesorabilmente fuoriluogo, con cui ci viene presentato l'uomo solo e troppo poco angosciato, forse perché inverosimilmente ma solidamente convinto delle proprie capacità, mai propenso alla disperazione più oscura e irreversibile (che sarebbe invece il sentimento più umanamente prevedibile in queste terribili circostanze). 6/10
TUTTI I SOLDI DEL MONDO - 2017
A fine anni '40, il cinico e furbo uomo d'affari Jean Paul Getty fece fortuna col petrolio, diventando uno degli uomini più ricchi ed influenti dell'imprenditoria americana. La ricchezza poi, unita al suo interesse quasi morboso per le opere d'arte, per il collezionismo fatto di acquisti compiuti in modo losco, e di sotterfugi volti a strappare prezzi vantaggiosi per opere di valore decisamente più elevato, lo rese famoso anche come uno degli uomimi più attaccati al denaro, e dunque tirchi, avidi, mai esistiti al mondo: la fama che lo accompagnava, fu superata dall'atteggiamento disumano ed egocentrico che l'uomo ostentò con fierezza e sprezzo per ogni logico sentimento parentale, quando il giovane nipote John Paul Getty III venne rapito a Roma, nel 1973, durante un lungo soggiorno in loco.
Il film di Ridley Scott - girato con ampi mezzi ed una scrupolosa ambientazione nel pieno rispetto di tempistiche e location, usi e dinamiche di vita di quegli anni '70 italiani ingessati tra austerity e relativi blocchi del traffico, criminalità organizzata in ascesa, e gli immancabili scorci folkloristici che fanno impazzire lo sguardo straniero, ed in particolare americano - ne ripercorre i principali momenti, concentrandosi anche, tramite fulminei flash-back, in momenti del passato della vita del terribile ricco miliardario, letteralmente ossessionato dall'idea di non potere né volere disfarsi nemmeno di parte dei suoi immensi mezzi di sostentamento e laute rendite in costante geometrica crescita.
l film zoppica in molti frangenti e situazioni a livello di scrittura, e il rimescolamento di carte e lo scompiglio di cui sopra, per quanto ammirevole dal punto di vista tecnico (non certo morale), alla fine si nota anche a seguito di un montaggio certamente complicato, aggravato da una vicenda già di suo piuttosto poco lineare e decisamente complessa. 6/10
Si tratta di un "Sequel di un prequel" sin troppo filosofico, che si riappropria dei ritmi e della tensione dei primi due capitoli, senza rinunciare a riflettere su come il miracolo della "creazione" possa indurre anche la macchina più inappuntabile e precisa, a invidiare la mortalità e l'imperfezione.
Alien: Covenant è, a differenza del sin troppo maturo e celebrativo (ma validissimo) Prometeus, ciò che veramente vogliamo vedere dal film di fantascienza teso e mozzafiato che Ridley Scott ha avuto il merito di regalarci nel 1979, creando le basi per una saga che, pur passata di mano ogni volta, ha saputo evolversi oltre ogni ipotizzabile dignità ed originalità, ritrovando quindi il suo autore originario.
Quel Ridley Scott che, ripartendo dall'inizio, riesce a chiudere a far "quadrare il cerchio" nel migliore e più spettacolare dei modi ipotizzabili. 7/10
Chi meglio di Ridley Scott può dire (nuovamente) la sua sulle dinamiche di un duello, quando sono trascorsi ormai quasi 45 anni dal suo folgorante esordio, avvenuto proprio con I duellanti?
Già avvezzo a giostrarsi su contesti storici complessi che richiedono ingenti sforzi di ricostruzione, seppur ora più a livello di grafica computerizzata e dunque virtuale, piuttosto che scenografico/artigianale, l'ottantaquattrenne dinamico cineasta che, come Spielberg, ormai si muove dirigendo due film alla volta senza sosta, probabilmente anche per una questione di costi fissi (dopo questo colossal, sarà la volta del blasonato House of Gucci, sempre con Driver in testa al cast) si muove a suo agio connscen grandiose e di largo respiro.
Le stesse, ora più elaborate, che ci fecero emozionare a fine '90 col Gladiatore, che ritrovammo ne Le crociate e, in parte, pure in Robin Hood.
Qui la storia è esemplare ed sufficientemente documentata da fatti storici, in grado di poterla ricostruire senza eccessivo ricorso a licenze narrative. Tuttavia la storia di due nobiluomini amici per la pelle al punto da salvarsi la vita reciprocamente in battaglia, ma poi già divisi da questioni di eredità legate al matrimonio di uno dei due con la bella figlia di un possidente terriero, scatena una sfida all'ultimo sangue che ha come oggetto del contendere la moglie dell'uno, una volta che costei accusa l'ex amico del marito di averla violata brutalmente.
Ma sono i personaggi che proprio non funzionano: Damon che si muove come John Wayne, Affleck biondo che fa davvero ridere...la donna contesa con le sue labbra pittate anzi scolpite dal migliore male up artist sul mercato. E poi dialoghi assurdi qualora contestualizzati in un periodo storico così lontano.
Ci vorrebbe il rigore e lo scrupolo di un Annaud (vedi Il nome della rosa, che fece scandalo per la mostruosità con cui venivano caratterizzati i personaggi coinvolti nella vicenda) per rendere più verosimili queste sontuose trasposizioni, troppo superficialmente adattate al linguaggio, al modo di fare e di comportarci di oggi, in evidente e stridente contrasto con la realtà storica del contesto storico contemplato. 5/10
Anche i ricchi piangono...E si massacrano. HOG è uno dei rari casi in cui la versione doppiata risulterà più pertinente di una v.o. infarcita di esclamazioni maccheroniche e fuorvianti,figlie di quella tendenza americana che riduce a puro colore le caratteristiche di luoghi e culture distanti dalla propria.Grande cast glamour con Pacino gigantesco.
Trasposto dal romanzo omonimo di Sara Gay Forden, a sua volta ispirato alle vicende di cronaca e processuali che riempirono i rotocalchi a seguito dell'uccisione di Maurizio Gucci ad opera di un killer, che si scoprì ingaggiato dalla ex moglie Patrizia, House of Gucci è un filmone a largo budget che permette ancora una volta all'ottantaquattrenne tenace ed instancabile Ridley Scott di impegnarsi in una sontuosa ricostruzione degli ambienti chic e potenti di una Italia dell'alta imprenditoria e della moda da fine anni '79 a metà anni '90.
Le scene degli esterni sono fantastiche e il punto forte dello stile di Ridley Scott, che si attornia di un cast perfetto e dirige una storia che, pur sopra le righe, rispecchia una versione attendibile dei fatti, senza risparmiare nessuno dei loschi elementi coinvolti.
Gli attori, tutti fantastici, tra abili trasformisti e interpreti di razza, Al Pacino è ancora una volta una spanna sopra i migliori,c'è nella parte di Aldo Gucci potrebbe, anzi dovrebbe riuscire ad ottenere non solo una nomination, bensì il premio agli Oscar come miglior interprete non protagonista.
La perfezione tecnico-organizzativa che ancora una volta contraddistingue l'impronta Scott, fa nuovamente un po' cilecca sui dialoghi (basti ricordare il devasto imbarazzante che flagella la valida direzione artistica del sin troppo lodato e di poco precedente film di Scott, ovvero quel The last duel che vede al centro del contendere i due sfidanti nobiluomini francesi trecenteschi che si esprimono con un linguaggio attualizzato che si traduce in frasi degne di due avvocati o uomini d'affari dei giorni attuali). 6/10
Il Napoleon, di Ridley Scott è un grande stratega, ma pure un piccolo uomo.
Si tratta, ora più che mai, nonostante qualche perplessità sin troppo preventiva ed ostentata, della ennesima dimostrazione di grande maestria tecnica da parte del gran regista britannico, che filma scene di guerra e movimenti di massa epocali in modo straordinario, coadiuvato da pratiche ormai così raffinate dal punto di vista tecnico, da apparire più reali del vero, e riuscendo mirabilmente a rendere impellente nello spettatore il senso del devasto fisico e morale, nonché l'orrore di un clima bellico che non cambia nei risultati e nelle dinamiche, ieri come oggi.
Il tecnicamente sorprendente Napoleone di Ridley Scott, è un film che andrebbe analizzato e rivisto più volte, soffermandosi sulle sue sontuose scene di massa, nella rappresentazione dei massacri, delle conquiste, delle disfatte di tutte le battaglie che la sceneggiatura finisce per distribuire una dietro l'altra con sin eccessiva successione. 8/10
"Sono pronta a dare la mia vita per Roma!
Ma non quella di mio figlio!!"
Ridley Scott torna all'Antica Roma venticinque anni dopo il successo dell'impresa del gladiatore Massimo Decimo Meridio (Russell Crowe), morto eroicamente dopo aver affrontato ed ucciso il perfido Commodo (Joaquim Phoenix), figlio dell'imperatore Marco Aurelio (Richard Harris).
E torna nell'unico modo plausibile per proseguire una saga fortunata ed accattivante che ha reso Il Gladiatore come il ritorno del colossale mitologico in cappa e spada, ovvero spostando la vicenda sull'erede nascosto del protagonista defunto, figlio di Massimo e di Lucilla (Connie Nielsen), sua amante, a sua volta figlia di Marco Aurelio e sorella di Commodo, che dovette allontanare il bimbo, chiamato Lucio, per timore che venisse ucciso dallo stesso Commodo, perfido ed uso a rapporti incestuosi con la inerme sorella.
Nei primi venti minuti del seguito del Gladiatore, Ridley Scott ci dà lezioni su come si circonda, assedia, e conquista una città di mare protetta da mura che la facevano ritenere inespugnabile. Come sempre la grandiosità della visione bellica e la potenza delle immagini rigorosamente costruite dalla magia informatica trasforma la presa in un entusiasmante e convulso spettacolo che la proiezione in qualità Imax esalta e trasforma in un occasione per dar vita ad fenomeno di grande impatto visivo.
Non meno di quanto accadeva nel precedente lavoro del regista, l'ugualmente entusiasmante - dal punto di vista dell'action e della strategia di battaglia - Napoleon, nel momento dell'incalzante incipit dell'assedio di Tolone.
Per il resto questo Gladiator 2 è proprio una baracconata, resa leziosa da moine di personaggi stereotipati e di maniera come i due imperatori gemelli decadenti Geta (Joseph Quinn) e Caracalla (Fred Hechinger), e lo stesso Denzel Washington, che non rinuncia alla sua camminata dinoccolata di splendido settantenne, ma piuttosto fuori luogo in quel contesto storico ampiamente noto e documentato come è tutto il periodo dell'Impero Romano. 5/10
Le puntate precedenti di "Registi che contano":
12)-BONG JOON-HO
13)-KAREL REISZ
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