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Alien: Covenant

Regia di Ridley Scott vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Alien: Covenant

di alan smithee
7 stelle

"Sequel di un prequel" sin troppo filosofico, che si riappropria dei ritmi e della tensione dei primi due capitoli, senza rinunciare a riflettere su come il miracolo della "creazione" possa indurre anche la macchina più inappuntabile e precisa, a invidiare la mortalità e l'imperfezione.

locandina

Alien: Covenant (2017): locandina

Quanto le macchine, spesso perfette ed invincibili, riescano ad invidiare all'essere umano caduco, fragile ed impreciso, la spontaneità, la capacità di scegliere, di sbagliare, di raddrizzare il tiro senza una vera programmazione, ma grazie all'istinto che conduce verso la soluzione più azzeccata, quella a prima vista tralasciata - è cosa nota e i capisaldi della fantascienza cinematografica, da 2001 di Kubrick in avanti, ce lo ripetono e confermani con costante assiduità.

La macchina - così perfetta e consapevole di tale sua caratteristica da scegliersi come nome autocelebrativo, ma di fatto pertinente - e non a caso immodesto - il David della statua che celebra, meglio di ogni altra raffigurazione, l'armonia della completezza delle forme - si incanta qui anche davanti al fenomeno della "creazione".

scena

Alien: Covenant (2017): scena

Michael Fassbender

Alien: Covenant (2017): Michael Fassbender

E perde letteralmente la testa, e la capacità - ampiamente programmata nelle memorie interne - di discernere il bene dal male, inventandosi davanti allo spettacolo di una nascita - che anche in formato di temibile, micidiale alieno, riesce comunque a comunicare impotenza ad una creatura che invece ambisce ed è creata per raggiungere, senza riuscirci - la perfezione.

Quando l'astronave Covenant, impegnata in un viaggio settennale con oltre 2000 uomini addormentati in attesa di raggiungere la meta di una nuova colonizzazione, danneggiata da una pioggia di detriti solari, trova scampo....si fa per dire...su un pianeta lussureggiante e ameno (lo stesso che faceva da teatro e centro d'azione del gruppo di scienziati finiti maluccio a seguito della missione ricognitivo-scientifica della Prometheus) i guai seri iniziano anche per gli occupanti della navicella di perlustrazione scesa in quel frangente a "sondare il terreno".

Ridley Scott, Katherine Waterston

Alien: Covenant (2017): Ridley Scott, Katherine Waterston

scena

Alien: Covenant (2017): scena

L'androide saggio che li accompagna e li protegge, scampato assieme a pochi altri ad un attacco di un piccolo alieno fuoriuscito dallo stomaco di un malcapitato nelle macabre modalità che ben conosciamo (ma che non ci stancheremo giammai di vederci riproposte....e di questo Scott è ben conscio!), troverà a confrontarsi col David suo gemello predecessore, meno sofisticato certo, ma più libero di pensare ed agire, e come tale più esposto ai condizionamenti di una volontà che sfugge la regola per trovare la soddisfazione personale e l'appagamento "umano" irrinunciabile.

Con Covenant, "sequel del prequel" che fu Prometheus, sempre di Scott, il gran regista ottantenne mette da parte la filosofia di vita che animava la puntata precedente, algida e riflessiva in modo tale da far storcere il naso ai puristi della saga ufficiale, una delle poche a non aver mai perso smalto nonostante gli svariati, ma sempre illustri, cambi di regia, e si concentra sull'azione, sulla caccia, sulla tensione che si legge sul volto dei protagonisti e dei superstiti che cadono a terra inesorabilmente uno dopo l'altro.

Katherine Waterston

Alien: Covenant (2017): Katherine Waterston

E Scott in questo (ma non solo in questo), è un maestro senza rivali.

Il cineasta ci conduce su percorsi noti, che tuttavia amiamo ripercorrere lungo varianti scenografiche avvincenti e suggestive, senza per questo dimenticarsi di centrare il bersaglio puntato stavolta non tanto (o non solo)  sulla lotta per la sopravvivenza, o sulla lotta tra due madri che difendono le reciproche creature (la genialata di Aliens di Cameron), ma sul miracolo della "creazione".

Una circostanza permessa ad ogni essere vivente, anche ad un mero parassita come l'alieno, ma non certo alla macchina, che per questo, frustrata, muove le sue scaltre lungimiranti pedine sino ad una doppia vendetta cruciale.

Scott, o la produzione di cui saggiamente il cineasta si circonda,

azzecca pure il cast, ove accanto al duplice Fassbender - macchina obsoleta ed incontrollata da una parte, e razionale ma più prevedibile e vulnerabile nel suo prototipo riveduto e corretto, che costituisce il collante dei due ultimi episodi "preparatori" della saga - c'è una nuova donna tosta che non ci fa rimpiangere  (eccessivamente) l'indimenticabile Ripley-Sigourney.

scena

Alien: Covenant (2017): scena

scena

Alien: Covenant (2017): scena

Si chiama Katherine Waterson, figlia del sempre troppo sottostimato Sam, e bellezza che, al pari della Weaver, si riconosce e valuta appieno poco per volta, fino ad apprezzarla e a rendercela unica in modo ben più definitivo di certe bellezze canoniche, indiscutibili, ma pure in fondo assimilabili e sin troppo surrogabili, di cui è sin troppo pieno il cinema di oggi.

L'abbiamo già vista ed apprezzata con altri grandi autori (io la ricordo magnifica con Paul Thoma Anderson), e la rivedremo molto spesso, tanto è fitto il suo calendario di apparizioni, al cui confronto il già incandescente ritmo lavorativo del divo Fassbender, o dello stakanovista James Franco (citato non a caso, dato che compare in un cameo), sono quasi poca cosa.

Alien: Covenant è, a differenza del sin troppo maturo e celebrativo (ma validissimo) Prometeus, ciò che veramente vogliamo vedere dal film di fantascienza teso e mozzafiato che Ridley Scott ha avuto il merito di regalarci nel 1979, creando le basi per una saga che, pur passata di mano ogni volta, ha saputo evolversi oltre ogni ipotizzabile dignità ed originalità, ritrovando quindi il suo autore originario.

Quel Ridley Scott che, ripartendo dall'inizio, riesce a chiudere a far "quadrare il cerchio" nel migliore e più spettacolare dei modi ipotizzabili.

 

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