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I Beatles primi in classifica
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No, questo testo non arriva nelle nostre mani dopo un viaggio nel tempo. E non è neanche uno scherzo architettato da Nolan che col tempo ci gioca come se fosse un panetto di Das.
Questo titolo è il riflesso di una delle classifiche che compongono uno studio riassuntivo sulla musica ascoltata (e venduta) nel 2019 e pubblicato recentemente da una società specializzata nell'aggregazione di dati provenienti da vari ambiti: dai semplici play su Spotify e Deezer alle copie fisiche vendute su Amazon. Una miniera di informazioni dettagliate che sempre più verranno utilizzate dalle industrie del settore audiovisivo come (unica?) base per decidere strategie e investimenti.

È andata così. Stavo guardando il trailer del nuovo Dune di Denis Villeneuve che - stando alle ultime informazioni e ovviamente se non succedono cose che non voglio neanche prendere in considerazione - dovrebbe uscire il 12 dicembre.

Dune (2020): Trailer ufficiale italiano

Dopo circa un minuto di introduzione la traccia musicale modula in una versione di Eclipse dei Pink Floyd. Dopo un po' di ricerche - e dopo avere scoperto che si tratta di una versione rieditata da Hans Zimmer appositamente per Dune, di cui ha curato la colonna sonora - ho iniziato a chiedermi se la scelta di inserire questo pezzo musicale in un trailer molto atteso e molto visto, anche grazie alla presenza di Timothée Chamalet come protagonista, potesse avere delle ripercussioni sugli ascolti online dei Pink Floyd.

Non è una curiosità tanto assurda, io, ad esempio sono andato subito su Spotify a riascoltarlo. Ma la mia curiosità non era tanto orientata a quelli che conoscono i Pink Floyd e li hanno amati, quanto al fatto che tante nuove leve di spettatori, attratti magari dalla presenza in Dune di Chamalet e Zendaya (Euphoria), potessero restare anch'esse sedotte dalla potenza di Eclipse e fare un passo in più rispetto alla nozione "Ah già, i Pink Floyd: quel gruppo storico che ascoltano quegli anziani dei miei genitori".
E infatti, stando ad alcune classifiche costruite grazie a questi dati aggregati l'ascolto dell'originale dei Pink Floyd ha subito una significativa impennata proprio nei giorni a seguire rispetto alla messa online del trailer di Dune. E a far schizzare le statistiche sono state soprattutto le fasce di età tra i 18 e i 29 anni, che, sempre sulla base dei dati archiviati, lo hanno ascoltato per la prima volta. Perché no, le volte in cui lo abbiamo sparato a volume 100 pensando di provocare l'interesse o l'apprezzamento dei figli, non valgono.

Al di là del colore della notizia e del suo valore in termini statistici però quel che mi interessa è il pensiero che il mercato musicale si trovi avanti di qualche anno rispetto a quello cinematografico nel suo percorso evolutivo. O involutivo. E sulla scorta di questo diciamo "vantaggio", si trova già da tempo con entrambi i piedi ben piantati nel territorio del consumo digitalizzato, censito, tracciato, aggregato. Nel bene e nel male. Questa montagna di dati conseguenti al tracciamento, raffinati e digeriti da aziende che mettono a disposizione la loro capacità di calcolo e analisi, diventeranno presto - ma in alcuni casi lo sono già - la base alla quale l'industria dell'audiovisivo affiderà le proprie scelte strategiche e produttive. Presto vedremo come, ad esempio, la programmazione dei canali radiofonici sarà modellata sulla base del mood del momento o dei generi di musica o di podcast che vengono ascoltati on demand. Un vero e proprio dominio del dato che sicuramente toglierà importanza alle intuizioni imprenditoriali e lascerà ben poco spazio a strategie innovative. L'industria dell'audiovisivo tenderà a lavorare sempre più sul sicuro, su quel che già funziona, tendendo ad azzerare la dimensione del rischio.

Nel mercato legato al consumo di film e serie, invece, questa cosa è ancora moderatamente lontana. Perché se è vero che Netflix ha la capacità di analizzare molto in dettaglio il comportamento dei propri spettatori è altrettanto vero che lo può fare solo sulla limitata porzione dei film e serie ai quali gli spettatori possono accedere, essendo i cataloghi di Netflix appunto limitati e parziali. E la stessa cosa vale per tutti gli altri operatori della stessa industria. Cosa che impedisce, di fatto, a qualsiasi piattaforma attuale di confezionare consigli ritagliati davvero su misura e ad ampio raggio come fanno Spotify e, sul versante video, YouTube che invece attingono e spaziano all'interno di un catalogo vastissimo. Una grande differenza che rende i dati digitali molto significativi e rappresentativi di quel che il mercato realmente ascolta. Questi flussi costanti di dati vengono inviati in tempo reale ad aziende specializzate che li macinano ed elaborano rendendoli poi disponibili a chiunque (paghi).

Non sto parlando (solo) delle classifiche dei pezzi più ascoltati o degli album più venduti in tutte le forme. Sto parlando di dati che hanno gradi di profondità assurdi e che offrono, a chi li esamina in maniera professionale, strumenti ricchissimi per leggere il mercato istantaneamente. Strumenti che diventano potentissimi soprattutto quando sono uniti alla possibilità di fare pubblicità online per intercettare e nutrire velocemente movimenti e interessi. Se da oggi per la prossima settimana - o finché non deciderò di acquistarlo - sarò perseguitato dal banner di Amazon che mi propone di comprare e spedirmi a casa il vinile di The Dark Side of The Moon, ad esempio, saprò perché: perché ce l'avevo e l'ho perso in uno dei millemila traslochi e perché faccio parte di quella schiera di persone che è andata a riascoltare Eclipse su Spotify.

Sì, ma i Beatles? Loro sono primi nella classifica dei vinili venduti nel corso del 2019 con la significativa cifra di quasi 250.000 album. Ed è una buona notizia almeno tanto quanto il fatto che Billie Eilish, grande talento musicale di questi ultimi anni, ne ha venduti 120.000 con il suo LP When We All Fall Asleep, Where Do We Go?
Mentre la vendita di cd è ovviamente in picchiata e anche l'acquisto digitale non se la passa affatto bene, il vinile è, da cinque anni a questa parte, l'unico supporto musicale che macina aumenti percentuali a doppia cifra.

Se da un lato tutti i nostri consumi, o potenziali consumi, digitali sono tracciati in maniera costante, dall'altro mi piace vedere - in questa per quanto limitata rinascita del supporto fisico - una specie di resistenza al tracciamento e alla raccolta del dato: non saprete mai quante volte ascolterò Eclipse sul vinile! Probabilmente però lo comprerò su Amazon... :)

Se siete interessati a questo tipo di informazioni, se siete anche solo curiosi, o se siete tra coloro che lavorano nella produzione e distribuzione di musica potreste scaricarvi e dare un'occhiata al documento, ammesso che non lo abbiate già fatto...

Il tutto mentre aspettiamo che qualcuno renda disponibile qualcosa di simile per i film e le serie.
Anche se ci vorrà ancora qualche anno.
O no?

Curiosi, studiosi, professionisti, appassionati di musica, complottisti, difensori della (propria) privacy, visionari, tecnocrati o semplici "resistenti" consumatori di vinili, questo è il link al quale trovate il documento di cui vi ho parlato. E questa la società che lo ha pubblicato.
Per tutto il resto c'è il box dei commenti.


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