La 76.ma Mostra del Cinema di Venezia è quasi sulla linea del traguardo. Per garantire spazio ad altri titoli non in lotta per il Leone d'Oro, oggi vengono presentati tre film in concorso, di cui uno diretto da un'esordiente, l'australiana Shannon Murphy. Il suo Babyteeth è centrato sulla malattia della protagonista ma con toni lontani da quelli lacrimevoli a cui i cancer movie ci hanno abituato. Di diverso stampo, invece, le altre due pellicole: in Satuday Fiction Ye Lou mischia storia privata e Storia della sua nazione, mentre Robert Guédiguian si affida alla sua "famiglia" cinematografica per riflettere in chiave dolceamara sull'economia moderna in Gloria mundi.
E simbolo della moderna economia digitale è senza dubbio Chiara Ferragni, influencer da milioni di euro che oggi presenterà nella sezione Sconfini Chiara Ferragni: Unposted, il documentario su di lei incentrato diretto dall'ottima Elisa Amoruso. E chi meglio di Chiara sa come accendere su di sé le luci della stampa internazionale? Ha sottolineato la regista: "La rivoluzione digitale sta cambiando il modo in cui comunichiamo e i rapporti tra le persone. Le piattaforme social hanno stravolto in tutti i campi il mondo del lavoro, del business e dell'economia. Un fenomeno globale che in tempi e modi diversi ha saputo ristabilire regole e abbattuto barriere. Il bisogno di comunicare e di essere amati, oggi, è diventato un mezzo tecnologico, quindi uno strumento di potere. Chiara Ferragni è stata la pioniera di questo mutamento, diventando l'icona di una nuova era, lei possiede in modo naturale il nuovo linguaggio dei social network. A 32 anni Chiara è a capo di due aziende, una delle quali, The Blonde Salad, è diventata un case study della Business School di Harvard, è l'influencer di moda numero uno al mondo e ha 17 milioni di follower. Il film va alla ricerca del segreto di un successo così rapido e dirompente, con uno sguardo che non vuole essere giudicante, quanto piuttosto indagatore. Chiara Ferragni non è solo un simbolo che incarna i nostri tempi, ma è anche la persona che sta dietro al suo personaggio, con le sue fragilità e le sue radici, che probabilmente sono la chiave per capire l'essenza del suo successo. Un successo in un mondo, quello dei social, che non ha leggi, ma è universale e che ha ancora bisogno di essere studiato per trovare una chiave di lettura del nostro presente e del nostro futuro".
Vi ricordiamo, in fondo, le recensioni degli utenti a Venezia... e non solo.
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BABYTEETH
A dirigere Babyteeth è Shannon Murphy, regista e attrice di origine australiana. Cresciuta tra Hong Kong, Singapore, l'Africa e l'Australia, la Murphy ha frequentato nel 2007 l'Istituto Nazionale di Arte Drammatica a Sydney e da allora è ritenuta come uno dei nuovi talenti più influenti del teatro australiano. Sempre alla ricerca di nuovi territori inesplorati, la Murphy si è occupata di allestimenti teatrali per le maggiori compagnie del suo paese e ha anche diretto all'estero, in Germania e Galles, diversi drammi. Laureatasi nel 2013 in regia all'Australian Film Television and Radi School ha diretto diversi cortometraggi ed episodi di serie e miniserie televisive prima di approdare alla regia di Babyteeth, sua opera prima. Ha dichiarato a proposito: "Ho accettato di dirigere Babyteeth per via di una sceneggiatura in grado di riflettere al meglio le dinamiche e le tensioni che nascono all'interno di un nucleo familiare, all'apparenza consolidato, quando in esso si infiltra qualcuno di estraneo. I Finlay sono come tante altre famiglie fino al giorno in cui la malattia della figlia adolescente riscrive il loro viaggio e la loro quotidianità. Ho adorato il tono tragicomico con cui tutto ciò veniva raccontato".
Protagonista di Babyteeth nei panni di Milla è Eliza Scanlen, attrice australiana particolarmente nota anche in Italia per aver interpretato Amma Crellin nella serie Sharp Objects, a fianco di Amy Adams e Patricia Clarkson, e scelta da Greta Gerwig per il ruolo di Beth March in Piccole donne. Moses, il piccolo spacciatore di cui Milla si innamora, ha il volto di Toby Wallace, già visto nella serie Netflix The Society (in cui interpreta il personaggio di Campbell). Anna e Henry, i genitori di Milla, sono invece interpretati dai più navigati Essie Davis, la Lady Crane di Il Trono di Spade e tra i protagonisti di The True History of the Kelly Gang), e Ben Mendelsohn, apprezzato interprete di titoli come Animal Kingdom, The King e Il Cavaliere Oscuro - Il ritorno.
Di cosa parla
Diretto da Shannon Murphy e sceneggiato da Rita Kalnejais, Babyteeth è una commedia straziante su quanto lontano possa spingere l'amore, facendo sentire vivi nonostante incomba l'ombra della morte. Tutto ha inizio quando Milla Finlay, adolescente gravemente ammalata, si innamora follemente di Moses, spacciatore a tempo perso, facendo vivere il peggiore degli incubi ai suoi genitori. Mentre le folate dell'amore portano nuova vitalità nella ragazza, le cose cominciano lentamente a sfuggirle di mano. Ben presto, Milla mostrerà a tutti coloro che la circondano, dai genitori all'insegnante di musica a una vicina incinta, come si viva quando non si ha più nulla da perdere. Ciò che all'inizio per la famiglia Finlay poteva essere un disastro totale prenderà così una piega inaspettata portando nuova armonia e gioia.
Babyteeth viene così presentato dalla regista: “Babyteeth si basa su una rappresentazione teatrale della sceneggiatrice e attrice australiana Rita Kalnejas, che ha avuto la sua prima a Sydney nel 2012. La mia preoccupazione maggiore riguardava il trasporre sullo schermo il giusto tono di irriverenza e sentimento con cui Rita ha saputo condire in maniera intelligente la storia. A guidarmi è stato il desiderio di equilibrare e armonizzare in ogni fotogramma comicità e dolore, umorismo e sofferenza. Non ho lasciato nulla al caso nel rappresentare nella maniera più autentica la quotidianità di Milla, che a quindici anni si sente più viva che mai seppur la morte le stia con il fiato sul collo e sia pronta a interrompere bruscamente anche il più felice dei momenti. Testi, sottotesti, musica e cosiddette rotture della quarta parete mi hanno permesso di spostarmi e di muovermi con lo stesso ritmo frenetico di Milla. Nell'innamorarsi di Moses, Milla coglie l'opportunità di testare i propri limiti portandoli all'estremo. Nell'approfondire la vita dei suoi genitori, vengono alla luce disfunzioni e tensioni già preesistenti, che l'incubo di una relazione sbagliata porta solo alla luce. Ogni personaggio viene spogliato delle proprie sovrastrutture e portato alla sua forma più grezza, nuda. Mi auguro che il pubblico capisca a pieno tutto, viva un'esperienza viscerale (in grado di arrivare fino al più profondo del cuore), soffra e gioisca delle proprie relazioni grazie a Milla, al suo amore per la vita e al suo modo di relazionarsi con gli altri”.
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SATURDAY FICTION
A dirigere Saturday Fiction è Ye Lou, regista e sceneggiatore cinese. Nato nel 1965, è cresciuto a Shanghai, la città che nel 2000 ha firmato nel suo Suzhou River, una meditazione artistica sull'amore e sul ruolo della donna nella società cinese che gli è costato una pena di due anni di allontanamento dal set inflitta dal governo cinese per aver girato senza l'approvazione delle autorità. Dopo aver studiato Cinema alla Beijing Film Academy, ha mosso i primi passi come assistente alla regia, produttore e regista di cortometraggi. Il suo debutto nel lungometraggio si ha nel 1994, anno in cui ha diretto Don't Be Young, seguito l'anno successivo dal premiatissimo Weekend Lover. Nel 2003 in Purple Butterfly ha raccontato dell'occupazione cinese di Shanghai con sfumature noir mentre nel 2006 ha proposto in Summer Palacela storia di due amanti sullo sfondo delle proteste in piazza Tienanmen. Nel 2009 ha portato in concorso a Cannes Spring Fever, con cui ha rimediato il premio per la migliore sceneggiatura. Ha poi diretto titoli come Love and Bruises, Mystery, Blind Massage e The Shadow Play.
Protagonista principale di Saturday Fiction nei panni di Jean Yu è Gong Li, di gran lunga l'attrice cinese più famosa al mondo grazie a titoli come Lanterne rosse, Addio mia concubinae Lettere di uno sconosciuto. La affianca nei panni del regista suo ex amante l'attore Mark Chao, noto per i più commerciali Detective Dee e i 4 re celesti e Warrior's Gate.
Di cosa parla
Diretto da Ye Lou e sceneggiato da Yingli Ma, Saturday Fictionracconta la storia di un'attrice cinese che fa ritorno a Shanghai, occupata dai Giapponesi da quattro anni, apparentemente per questioni legate al suo lavoro. Tutto ha inizio nel dicembre del 1941 in un periodo in cui la Cina, sin dall'occupazione giapponese, è è terreno di una guerra di intelligence tra gli Alleati e le potenze dell'Asse. La celebre attrice Jean Yu ritorna a Shanghai, apparentemente per recitare in Saturday Fiction, diretta dal suo ex amante. Ma qual è il suo vero scopo? Liberare l'ex marito? Carpire informazioni segrete per le forze alleate? Lavorare per il padre adottivo? O fuggire dalla guerra con il suo amato? Nel momento in cui intraprende la sua missione e diventa sempre più difficile distinguere gli amici dagli agenti sotto copertura, mentre tutto sembra sfuggire al controllo, Jean Yu inizia a chiedersi se rivelare ciò che ha scoperto sull'imminente attacco di Pearl Harbor. Jean non si fida del resto di nessuno: la sua stanza al Cathay Hotel è piena di gente ma le persone che affermano di esserle amiche, colleghi e ammiratori, le si avvicinano con propositi segreti.
Saturday Fiction è una storia di intrighi che, sullo sfondo di una città in tempo di guerra, si trasforma in un gioco di ruolo la cui posta in gioco è vertiginosamente alta. Girato in bianco e nero, Saturday Fiction è stato così presentato dal regista: "Quando ero bambino, seguivo i miei genitori che lavoravano dietro le quinte del Teatro Lyceum di Shanghai. Lì ho trascorso molti momenti interessanti; mi mescolavo agli attori in costume e li osservavo recitare nei ruoli più disparati, mettere in scena l'amore e l'odio, le separazioni, la vita e la morte. Poi li vedevo uscire di scena e chiacchierare nei camerini. Li seguivo anche in quei momenti, quando lasciavano il teatro per ritornare alla vita reale, monotona e scialba. Fu un'esperienza fantastica vivere il passaggio continuo tra finzione e realtà. Molti anni più tardi, la lettura di La donna vestita di rugiada di Hong Ying (un romanzo sul periodo di "isola solitaria" di Shanghai) suscitò in me le stesse sensazioni. La prima settimana del dicembre 1941 cambiò la storia del mondo, sebbene le persone allora non lo sapessero. Inconsapevoli del loro futuro, vivevano la propria vita come sempre, calate nella routine quotidiana e inseguendo i propri obiettivi. Durante quel periodo, dentro e fuori dal teatro, sul palcoscenico e lontano dal palcoscenico, le persone si stavano lentamente avvicinando all'ignoto "sabato" che avrebbe segnato il loro destino. Questo film parla del destino di diverse persone negli anni di una complessa crisi mondiale. È anche un dialogo con la cosiddetta Scuola del "sabato", un’importante corrente nella storia della letteratura contemporanea cinese".
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GLORIA MUNDI
A dirigere Gloria Mundi è Robert Guédiguian, regista e sceneggiatore francese di origine armena. Nato a Marsiglia nel 1953, Guédigian sin da giovane si è interessato alle questioni politiche e aveva appena cominciato a studiare Sociologia all'Università di Aix-en-Provence quando l'incontro con la futura moglie Ariane Ascaride lo portò a Parigi. Autore di una tesi sulla percezione dello stato nella classe operaia, venne nella capitale contattato da René Feret per un adattamento di Berlin Alexanderplatz: sebbene il progetto si rivelò fallimentare, i due continuarono a collaborare facendo nascere in Guédiguian il desiderio di cimentarsi con la regia. Deluso ormai dalla politica, ha esordito come regista nel 1981 con Dernier été, filmando il primo film con la Ascaride e Gérard Meylan, attori che diventeranno la sua famiglia cinematografica e che reciteranno in gran parte dei suoi successivi lavori (ai due si aggiungerà presto anche Jean-Pierre Darroussin). Socio fondatore di una propria casa di produzione, negli anni ha raccolto diversi riconoscimenti con le sue opere, dal premio Un certain regard per Marius e Jeannette a quello per la miglior attrice alla Ascaride in Le voyage en Arménie al Festival di Roma. Ha partecipato in concorso per ben cinque volte al Festival di Cannes (portandovi tra gli altri l'apprezzatissimo Le nevi del Kilimangiaro) e per due volte al Festival di Venezia, con La casa sul mare e, per l'appunto, Gloria Mundi.
Protagonista principale di Gloria Mundi nei panni di Daniel è l'attore Gérard Meylan mentre Sylvie, ex moglie di Daniel, ha il volto di Ariane Ascaride. Mathilda, la figlia di Daniel e neo madre della piccola Gloria, è portata in scena da Anaïs Demoustier, mentre suo marito Nicolas, autista per conto proprio, da Robinson Stevenin. Jean-Pierre Darroussin impersona invece lo zio Richard. Tutti gli attori, come da tradizione per il regista, hanno già lavorato in passato con Guédiguian.
Di cosa parla
Diretto da Robert Guédiguian e sceneggiato dallo stesso con Serge Valletti, Gloria Mundi racconta la storia di Daniel, un uomo che esce dalla prigione dove ha trascorso molti anni della sua esistenza e fa ritorno a Marsiglia. Qui, l'ex moglie Sylvie gli comunica di essere diventato nonno: la figlia Mathilda ha appena dato alla luce la piccola Gloria. Il tempo che è passato ha però minato le relazioni, ognuno ha portato avanti la proprie vita o si è reinventato del tutto. Andando a conoscere la piccola, Daniel si ritrova davanti a una famiglia che lotta con tutti i mezzi possibili per restare in piedi. Quando poi un colpo del destino spezza il già fragile equilibrio, Daniel - che non ha nulla da perdere - farà di tutto per aiutarla.
Gloria Mundi è stato così presentato dal regista: "Parafrasando Marx: ovunque regni, il neocapitalismo ha schiacciato relazioni fraterne, amichevoli e solidali, e non ha lasciato altro legame tra le persone, se non il freddo interesse e il denaro, annegando tutti i nostri sogni nelle gelide acque del calcolo egoistico. Ecco cosa vuole dimostrare questo crudele racconto sociale attraverso la storia di una famiglia ricostituita, fragile come un castello di carte. Ho sempre pensato che il cinema dovrebbe commuoverci, a volte donandoci un esempio del mondo come potrebbe essere, altre volte mostrandoci il mondo così com'è. In breve, abbiamo bisogno sia di commedie sia di tragedie per continuare a mettere in discussione il nostro stile di vita. E dobbiamo continuare a interrogarci più che mai in questi tempi difficili, per non soccombere all'illusione che ci sia qualcosa di naturale nelle società in cui viviamo".
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8. Continua
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I NUMERI PRECEDENTI
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RECENSIONI
The Painted Bird di Vaclav Marhoul (Concorso): Recensione di EightAndHalf / Recensione di Alan Smithee / Recensione di Yume
About Endlessness di Roy Andersson: Recensione di Yume / Recensione di EightAndHalf
Guest of Honour di Atom Egoyan (Concorso): Recensione di Alan Smithee / Recensione di EightAndHalf
Il Re di David Michod (Fuori Concorso): Recensione di Supadany
White on White di Théo Court (Orizzonti): Recensione di Alan Smithee
Just 6.5 di Saeed Roustayi (Orizzonti): Recensione di Alan Smithee
Mondo Sexy di Mario Sesti (Giornate degli Autori): Recensione di Spaggy
Corpus Christi di Jan Komasa (Giornate degli Autori): Recensione di Supadany
Scales di Shahad Ameen (Settimana della Critica): Recensione di Obyone
Psychosia di Marie Grathø (Settimana della Critica): Recensione di Spaggy
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