Nella sua seconda giornata di proiezioni, la Mostra del Cinema di Venezia cala già tre assi nella manica. Si parte da due registi americani particolarmente apprezzati dalle nuove generazioni di critici: Noah Baumbach e James Gray. I due autori portano al Lido rispettivamente il bergmaniano Storia di un matrimonio e il fantascientifico Ad Astra, la cui post-produzione ha fatto saltare l'appuntamento già dato per certo allo scorso Festival di Cannes. I due titoli, tra l'altro, sono simbolici di due modi differenti di fare e fruire cinema: il primo è prodotto per Netflix, il secondo ha alle spalle il colosso Fox. Ai due va poi aggiunto il primo degli italiani in gara per il Leone: nel segno della tradizione della commedia di Eduardo De Filippo, Mario Martone presenta la sua gomorrica versione di Il Sindaco del rione Sanità, interpretata tra gli altri dagli attori del NEST, gruppo indipendente di San Giovanni a Teduccio che da più di un decennio agisce sul territorio a favore delle categorie ritenute socialmente più deboli, ma potenzialmente più forti dal punto di vista del cambiamento e della creatività: i bambini e i giovani.
Sul fronte della cronaca festivaliera in sé, oltre all'arrivo di Brad Pitt, molto scalpore ha fatto la polemica innescata dalla regista Lucrecia Martel contro Roman Polanski: ne è partito soprattutto sui social un movimento che invoca alle dimissioni della giurata. Inutile dire che la presa di posizione della regista era contro l'uomo e non contro il suo film: la stessa ha dichiarato che vedrà l'opera senza alcun pregiudizio. Ma per i social e i giornalisti improvvisati è troppo leggere le vere dichiarazioni.
Intanto ieri la Biennale si è divertita a far riviverele sue 76 edizioni con un video celebrativo che vi riproponiamo.
A fondo pagina trovate le recensioni dei primi film visti. Non c'è una scelta su un utente specifico: ve le proponiamo tutte per creare dialogo tra le recensioni stesse e offrire la più variegata delle prospettive.
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STORIA DI UN MATRIMONIO
A dirigere Storia di un matrimonio è Noah Baumbach, regista e sceneggiatore statunitense. Nato nel 1969 a Brooklyn, Baumbach è figlio d due critici cinematografici, Georgia Brown e Jonathan Baumbach. Dopo gli studi al Vassar College (divenuti soggetto per il suo primo film realizzato a 26 anni, Kicking and Screaming - Scalciando e strillando), Baumbach si è dedicato alla scrittura e alla regia, realizzando nel 2005 Il calamaro e la balena, opera seconda che - meno autobiografica di quella d'esordio - pesca nella sua sfera personale raccontando della separazione dei genitori e che ha conquistato la critica sin dalla sua presentazione al Sundance Film Festival. Da allora, la sua carriera ha spiccato il volo, anche grazie a titoli come Il matrimonio di mia sorella, Lo stravagante mondo di Greenberg, Frances Ha, Giovani si diventa e Mistress America. Sceneggiatore sovente in coppia con Wes Anderson, nel 2017 ha realizzato The Meyerowitz Stories per Netflix, piattaforma a cui è destinato anche Storia di un matrimonio.
Protagonisti di Storia di un matrimonio nei panni di Charles e Nicole sono gli attori Adam Driver e Scarlett Johansson. Mentre Driver, noto per I morti non muoiono, Silence e BlacKkKlansman, ha già lavorato in passato con Baumbach, la Johansson - apprezzata in Ave, Cesare!, Under the Skin e The Avengers - è per la prima volta al servizio del regista.
Di cosa parla
Storia di un matrimonio è il ritratto incisivo e compassionevole di un matrimonio che va in pezzi e di una famiglia che resta unita. Charlie e Nicole un tempo erano una coppia invidiata da tutti ma il peso di crescenti risentimenti e bisogni divergenti porta i due a scegliere la separazione. Tutto ha inizio Nicole, attrice, ottiene un ambito ruolo in televisione che le richiede di trasferirsi a Los Angeles. Charlie, drammaturgo, desidera invece rimanere a New York. La disputa geografica mette seriamente alla prova la loro relazione già tesa fino al punto di arrivare al divorzio. Mentre la pratica legale procede secondo tattiche che le rispettive parti legali decidono, la storia d'amore tra Charlie e Nicole viene ripercorsa sin dal momento in cui i due si sono innamorati e hanno deciso di porre le basi per una vita insieme.
Storia di un matrimonio mescola dramma à la Bergman, commedia grottesca e sprazzi di suspense per costruire, in 35 millimetri, la storia di un matrimonio che è tale solo a posteriori, quando è finito. Ha così dichiarato il regista: "I film sono stati per me una cura in alcuni dei momenti più bui della mia vita e mi hanno aiutato a capire ciò che credevo andasse oltre la mia comprensione. Sedendomi in una sala cinematografica, lasciavo che il meccanismo dell'empatia insito nel cinema agisse su di me. Il divorzio è la storia che accomuna moltissimi matrimoni, ed è fonte di vergogna e isolamento. Il sistema giuridico che regolamenta il divorzio è inevitabilmente concepito per dividere. Divide le persone, la famiglia, la proprietà e il tempo. Isola ogni singolo individuo all'interno della propria storia e offusca il punto di vista dell'altra persona. Io volevo offrire una nuova prospettiva, fare una proposta più generosa. Volevo trovare la storia d'amore all'interno del crollo. La speranza nelle aule di tribunale, in mezzo ai documenti e alle regole. I film sono un antidoto al divorzio. Un mondo non di separazione ma di amore".
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AD ASTRA
A dirigere Ad Astra è James Gray. Regista e sceneggiatore statunitense, Gray ha esordito nel 1994 a soli 25 anni con il noir Little Odessa, che alla Mostra del Cinema di Venezia ha rimediato il Leone d'Argento e la Coppa Volpi per la migliore attrice (Vanessa Redgrave). Sei anni dopo, ha portato a Cannes The Yards ma ha deluso le aspettative di chi sperava in un secondo exploit. Paragonato spesso a Scorsese, Gray è costretto ad attendere altri sette anni prima di portare nuovamente al festival di Cannes la sua terza opera: I padroni della notte. Mentre nel 2008 si è cimentato con il dramma sentimentale Two Lovers (ispirato a Dostoevskij), nel 2013 si è ripresentato nuovamente a Cannes con C'era una volta a New York, melodramma dalle grandi aspettative deluse (non a caso il film, distribuito in America dall'allora potente produttore Harvey Weinstein, è stato rimaneggiato più volte prima del suo arrivo nelle sale). Non particolarmente fortunata si è rivelata poi l'esperienza di Civiltà perduta, l'avventurosa storia dell'esploratore Percy Fawcett.
Protagonista principale di Ad Astra nei panni del maggiore Roy McBride è l'attore Brad Pitt, reduce dalle fatiche di C'era una volta a... Hollywood e War Machine. Ha sottolineato il regista sul personaggio: "Ho visto Roy come un'estensione di praticamente tutti quelli che conosco, incluso me stesso: è un uomo diretto da qualche parte ma non sicuro di quale sia la sua destinazione. Classico uomo che pensa di sapere ciò che vuole, si renderà conto di come nella sua vita manchi qualcosa di importante, di come ci sia un buco emotivo da riempire e di come non sia in grado di renderlo manifesto. Ad Astra racconta come riempire quel buco, quel senso di solitudine che ci pervade tutte le volte che non riusciamo a stabilire relazioni umane. Roy, pur incontrando altre persone, non si interessa alla loro realtà, si sente vivo solo quando è nello spazio e sembra quasi allontanarsi dagli affetti che contano, inclusa la donna che ama, Eve, portata in scena da Liv Tyler (lanciata da Bertolucci in Io ballo da sola).
Il buco nella vita di Roy è stato causato dalla mancanza del padre Clifford, il cui abbandono forzato lo ha segnato per sempre. Ed è per il padre che Roy accetta una pericolosa missione che lo porta ai confini del sistema solare. Ispirato alla figura dell'Achab di Melville (Gray non ha mai nascosto di essere un grande fan di Moby Dick), Clifford era un uomo (tanto vanitoso quanto determinato) ossessionato dal suo lavoro e dal desiderio di trovare quelli alieni che gli avrebbero fornito le risposte che cercava. A impersonarlo è Tommy Lee Jones, premio Oscar per Il fuggitivo.
A rappresentare un punto di svolta nella vita di Roy è però senza dubbio l'incontro con Helen Lantos, una donna che ha trascorso tutta la sua vita su Marte in un'abitazione sotterranea. Helen è un po' il suo contraltare: anche lei orfana per colpa del Progetto Lima, ha nutrito da allora dolore e rabbia ma non per questo si è emotivamente alienata. Helen ha il volto di Ruth Negga, già al fianco di Pitt in World War Z.
Parte della vera natura di suo padre viene mostrata a Roy dal colonnello Pruitt, un astronauta che un tempo è stato amico di Clifford. Compagno di viaggio di Roy, Pruitt è giocato da Donald Sutherland, premio Oscar alla carriera nel 2018 (per i suoi oltre 180 film).
Il cast principale di Ad Astra è poi completato dagli attori Donnie Keshawarz, Loren Dean, Kimberly Elise e Bobby Nish, interpreti dei membri dell'equipaggio del Cepheus: il capitano Lawrence Tanner, il vice Donald Stanford, la geologa Lorraine Deavers e il medico Franklin Yoshida.
Di cosa parla
Sceneggiato dallo stesso Gray con Ethan Gross, Ad Astra segue le vicende del maggiore Roy McBride, un astronauta che viaggia attraverso i confini del sistema solare per rintracciare il padre scomparso. Finirà però con il portare alla luce un mistero che minaccia la sopravvivenza del pianeta Terra, scoprendo segreti che cambieranno la natura dell'esistenza umana e il posto dell'uomo stesso nell'universo. Tutto ha inizio quando, in un futuro prossimo, Roy si trova alla guida di un team impegnato nella realizzazione dell'antenna più grande del mondo, progettata per localizzare la vita aliena. Un improvviso aumento di potenza di costa quasi la vita ma l'incidente è soltanto l'ultimo di una lunga serie di catastrofi che si stanno verificando sulla Terra a causa di sbalzi elettrici dovuti a esplosioni radioattive. L'Intelligence degli Stati Uniti ritiene che le esplosioni siano il risultato dei raggi cosmici emanati da esplosioni avvenute vicino a Nettuno per via del Progetto Lima, una missione di lunga data la cui navicella spaziale è scomparsa nello spazio profondo. Il comandante di Lima altri non era che Clifford McBride, padre di Roy e leggendario astronauta oramai scomparso da sedici anni. Anche se ha passato metà della sua vita senza vedere il padre (aveva 16 anni quando il Lima ha preso il via), Roy ha sempre idolatrato la figura del genitore, ereditando da lui la tolleranza per il rischio e la convinzione che le risposte a tutti gli enigmi fisici e metafisici della vita si trovino nello spazio profondo. Clifford, però, era un genitore e marito emotivamente distante e la sua trascuratezza prima e la sua assenza dopo hanno contribuito a rendere Roy solitario e introverso. Con i funzionari del governo che gli comunicano che il padre è ancora vivo ma fuori dai confini del sistema solare, Roy sente immediatamente il bisogno di comunicare per lui. Del resto, i funzionari devono rintracciare immediatamente lo scomparso prima che possa commettere qualcosa di terribile come potenziali atti di terrorismo contro gli anelli di Nettuno: per loro, Roy è solo una pedina da usare per far sì che Clifford venga allo scoperto.
Per arrivare al Progetto Lima, Roy deve prima viaggiare dalla Terra alla Luna tramite una navicella commerciale e poi trasferirsi in una base remota per raggiungere Cepheus, il veicolo spaziale che lo porterà prima su Marte. Lì, tenterà di contattare il padre tramite un collegamento laser diretto e, in caso di successo, partirà per il Lima. Ad accompagnare Roy nel suo viaggio c'è il colonnello Pruitt, un astronauta oramai in pensione e tra i vecchi amici dello scomparso. Il volo verso la Luna procede senza intoppi: il satellite è popolato da una serie di avamposti altamente sviluppati che, gestiti da persone provenienti da diverse parti della Terra, litigano per il controllo delle risorse. Le zona tra un avamposto e l'altro sono tuttavia terra di nessuno, luoghi che come il selvaggio West ospitano criminali, rinnegati e pirati lunari. A causa di un attacco, i militari che accompagnano Roy vengono sterminati e Pruitt, gravemente ferito, passa al giovane McBride un video top secret che rivela informazioni riservate sul Lima: da troppo tempo nello spazio senza fare grandi scoperte, gli scienziati erano particolarmente delusi e metà dell'equipaggio desiderava tornare a casa. Clifford, invece, era di parere contrario. Mentre le parti in causa lottavano per il controllo della nave, si verificò una specie di collasso che portò al rilascio di impulsi elettromagnetici in grado di causare esplosioni cosmiche e minare la stabilità dell'intero sistema solare, con effetti drastici sulla Luna e Marte. Avendo perso la testa, Clifford finì con il giustiziare i dissidenti e il nascondersi da allora nello spazio. Grazie al video, Roy realizza che il vero obiettivo della sua missione è quello di convincere il padre a uscire allo scoperto, in modo che il governo possa eliminarlo per sempre e distruggere il Progetto Lima prima che i dettagli possano divenire di dominio pubblico. Raggiunto il Cepheus e il suo esiguo equipaggio, Roy si infastidisce quando il capitano Lawrence Tanner insiste nel raccogliere un SOS proveniente da una nave di ricerca biomedica e animale norvegese, il Vesta. Accetta di conseguenza con riluttanza di accompagnarlo a bordo del veicolo, dove non trovano segni di vita umana ma un babbuino, usato come cavia, infuriato, che attacca e uccide Tanner. Avendo la meglio sulla bestia, Roy torna al Cepheus e ne assume il comando dopo una perdita di potenza durante l'atterraggio che il vice di Tanner, il tenente Donald Stanford, non riesce a gestire.
All'arrivo sul pianeta, Roy viene accolto da Helen Santos, sovrintendente della sezione americana su Marte, che lo scorta verso il collegamento laser che dovrebbe metterlo in contatto con il Progetto Lima. Il primo tentativo di Roy di raggiungere il padre leggendo una dichiarazione preparata dai funzionari non ha successo e, dopo aver consegnato un messaggio informale non previsto, viene informato che non continuerà più la missione perché troppo coinvolto nella vicenda e soggetto a forte stress psicologico. Il Cepheus proseguirà invece l'incarico. Arrabbiato, si rivolge a Helen, scoprendo che anche lei è un'orfana del Progetto Lima dal momento che i suoi genitori erano tra gli scienziati uccisi da Clifford. La donna gli comunica anche che il Cepheus è stato caricato con munizioni nucleari per uccidere l'uomo e distruggere il Lima. Capendo però che il destino di Roy è quello di completare quel viaggio, Helen lo conduce in un lago sotterraneo da dove può entrare nel veicolo. Si ritroverà così, dopo una colluttazione mortale, a proseguire da solo verso Nettuno, affrontando un viaggio di 79 giorni, 4 ore e 8 minuti. Ansioso di confrontarsi con il padre, Roy non è più l'uomo emotivamente sostenuto e asociale che era prima che la missione cominciasse. Ne ha avuto abbastanza della sua esistenza solitaria nello spazio ed è pronto a esplorare nuove relazioni umane sulla Terra, dando inizio a una nuova fase della sua vita.
Ad Astra è così spiegato dal regista: "L'idea per Ad Astra ha cominciato a farsi strada nella mia mente mentre leggevo di Enrico Fermi, il fisico premio Nobel noto come l'architetto dell'era nucleare. Fermi credeva che gli Stati Uniti avessero il 90% di probabilità di vedere distrutta la loro area sudoccidentale nello stesso momento in cui avrebbero scisso l'atomo per la prima volta. Nessuno era infatti completamente sicuro di quale strada la reazione a catena potesse seguire. Ho trovato la cosa estremamente allarmante e ho cominciato a pensare a come sarebbe se non avessi più nulla da perdere e fossi nello spazio profondo, a quali esperimenti sarei disposto a subire o a mettere in pratica. Poi, ho pensato a Cuore di tenebra di Joseph Conrad e ad Apocalypse Now di Coppola".
"Parlandone con il mio collaboratore Ethan Gross, è venuta fuori l'idea di un personaggio che affronta un viaggio spaziale catartico", ha proseguito il regista. "Nel mondo della fantascienza, esistono tantissimi film spettacolari ma quanti sono in grado di commuovere nel vero senso della parola? Volevo dunque fare qualcosa che fosse l'esatto opposto di tutte le opere sui viaggi nello spazio che offrono una visione in qualche modo positiva degli incontri con gli alieni e del futuro. Volevo qualcosa di grado di coinvolgere i sentimenti umani e farci pensare: e se non ci fosse niente nello spazio? Se ci fosse solo una sorta di grande e infinito vuoto che non possiamo nemmeno affrontare? Noi esseri umani non siamo realmente fatti per essere nello spazio. Non siamo progettati per fluttuare a 250 miglia ad atmosfera e non potremmo mai farlo: ci richiederebbe un costo altissimo. Non si fraintendano però le mie intenzioni: sono favorevoli ai viaggi esplorativi e alle missioni su Marte. Ma a volte penso che l'esplorazione non sia altro che una via di fuga: la gente dovrebbe capire che dovremmo amare ed esplorare di più la Terra, preservando il pianeta e le relazioni umane che la caratterizzano. Ad Astra non è ovviamente il futuro ma uno dei tanti futuri possibili: non ha un valore predittivo e solo un film su cosa potrebbe accadere se l'esplorazione spaziale continuasse, l'uomo colonizzasse la Luna e Marte e si ritrovasse ugualmente solo".
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IL SINDACO DEL RIONE SANITÀ
A dirigere Il Sindaco del rione Sanità è Mario Martone, regista e sceneggiatore italiano. Nato a Napoli nel 1959, Martone si è interessato sin da giovanissimo alla carriera di regista, allestendo nel 1976 un primo spettacolo teatrale e fondando due anni il gruppo Nobili di Rosa. Il suo esordio alla regia cinematografica è datato invece 1980, anno in cui ha realizzato un primo cortometraggio: occorrerà però aspettare ben 12 anni prima che si cimenti nella regia di un lungometraggio con Morte di un matematico napoletano, con cui rimedia il Gran premio della giuria al Festival di Venezia. Seguiranno negli anni L'amore molesto (presentato in concorso a Cannes), il collettivo I vesuviani, Teatro di guerra e il criticatissimo L'odore del sangue(portato alla Quinzaine des Réalisateurs). Nel 2010, Martone ha presentato in concorso al Festival di Venezia quello che è da tutti considerato il suo capolavoro: Noi credevamo. Sempre al Lido ha portato negli anni successivi Il giovane favoloso e Capri Revolution.
Protagonista principale di Il Sindaco del rione Sanità nei panni di Antonio Barracano è Francesco Di Leva, attore napoletano candidato al David di Donatello per Una vita tranquilla. Al suo fianco troviamo il poliedrico Massimiliano Gallo (apprezzato in Mine vaganti, Nato a Casal di Principe e Per amor vostro) nei panni del fornaio Arturo Santaniello, Roberto De Francesco in quelli del dottor Della Ragione e Salvatore Presutto in quelli di Rafiluccio Santaniello.
Di cosa parla
Tratto integralmente dalla commedia di Eduardo De Filippo adattata dallo stesso Martone con Ippolita Di Majo, Il sindaco del rione Sanità racconta la storia di Antonio Barracano, un uomo d'onore che sa distinguere tra gente per bene e gente carogna. "Sindaco" del quartiere napoletano Sanità, con la sua carismatica influenza e l'aiuto dell'amico medico amministra la giustizia secondo suoi personali criteri, al di fuori dello Stato e al di sopra delle parti. Chi "tiene santi" va in Paradiso e chi non ne ha va da Don Antonio: questa è la regola a cui tutti si attengono. Quando gli si presenta disperato Rafiluccio Santaniello, il figlio del fornaio, deciso a uccidere il padre, Don Antonio riconosce nel giovane lo stesso sentimento di vendetta che da ragazzo lo aveva ossessionato e poi cambiato per sempre. Il Sindaco decide allora di intervenire per riconciliare padre e figlio e salvarli entrambi.
Il sindaco del rione Sanità diventa nelle mani di Martone, che ne ha curato anche una messa in scena teatrale nel 2017, un film di forte attualità in grado di raccontare l'eterna lotta tra Bene e Male. A spiegare le differenze con il testo del grande Eduardo è lo stessoMartone: “Questo film è stato girato in quattro settimane ma la sua storia viene da lontano: nel gennaio del 2017 mi sono ritrovato in una sala di cento posti nella periferia di Napoli a lavorare con un gruppo, un vero gruppo, come quelli a cui avevo dato vita negli anni '80 (da Falso Movimento a Teatri Uniti) e questo mi dava la sensazione di un nuovo inizio. Gli attori del Nest, a cominciare da Francesco Di Leva, non aspettano che la sorte venga loro incontro con chiamate dall'alto attraverso i provini, ma si rimboccano le maniche, trovano un senso nel confronto collettivo, sviluppano idee e si attrezzano perché queste idee in un modo o in un altro prendano forma. "Fare con quello che c'è" diceva Antonio Neiwiller, e mai come in queste zone abbandonate da Dio e dalla politica tali parole prendono un significato che va oltre il fare teatro per allargarsi a una possibilità di esistenza e di convivenza. È grazie a questa tenacia che il Nest è riuscito a trasformare una palestra abbandonata in un teatro, ed è questa stessa tenacia che ha convinto Luca De Filippo a mettere nelle mani di un attore di trentotto anni un personaggio tra quelli mitici di Eduardo, il "sindaco" Antonio Barracano, che da copione di anni ne prevede settantacinque.
Il sindaco del rione Sanità è il mio primo Eduardo. Mi sono sempre tenuto alla larga perché mettere in scena i suoi testi significa assumere inevitabilmente non solo quanto c'è scritto sulla carta ma anche (e in troppi casi soprattutto) il macrotesto delle messe in scena di De Filippo attore e regista, tramandato e codificato attraverso le innumerevoli recite e le varie versioni televisive. Sgomberare il campo, impedire alla radice che questo accada con un così deciso spostamento d'età del protagonista, consente di mettere il testo alla prova della contemporaneità (oggi i boss sono giovanissimi) e di leggerlo come nuovo. Non aspettatevi le illusioni del vecchio Barracano nato dell'800, che ancora consentivano di tracciare dei confini morali: qui affiora un'umanità feroce, ambigua e dolente, dove il bene e il male si confrontano in ogni personaggio, dove le due città di cui sempre si parla a Napoli (la legalitaria e la criminale) si scontrano in una partita senza vincitori. Perché è inutile fingere di non vederlo, la città è una e, per quanta paura faccia, nessuno può pensare di tagliarla in due".
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2. Continua
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RECENSIONI
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