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Venezia 2015: Giorno 2 - Sokurov, l'incognita Sue Brooks e disagi veneziani
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Venezia, abbiamo un problema. Sin dal primo giorno, la Mostra 2015 presenta qualche difficoltà. Innanzitutto, dove sono finiti i giornalisti stranieri? La domanda è più che lecita dal momento che, alla presentazione per la stampa e gli addetti ai lavori, di Everest, il film di apertura qui recensito, la Sala Darsena risultava per metà vuota. Le code chilometriche per Gravity di Cuaron e Birdman di Inarritu questa mattina erano soltanto un lontano ricordo: non si sa se sia colpa del film, delle anteprime personalizzate a Roma e Milano o della concomitanza di altri festival, da Toronto a San Sebastian. C’è chi parla di ritardi e chi di effetto della crisi economica, fatto che sta il Lido sembra deserto. Lo sottolinea anche come nell’ora di punta la sala stampa fosse pressoché deserta (ma efficiente al massimo). Intanto però in serata il Concorso ha calato un primo asso: lo splendido Beasts of No Nation di Cary Fukunaga, qui recensito.

 

Secondo problema: gli embarghi per i giornalisti. È mai possibile che nel 2015 si faccia firmare a noi giornalisti una sorta di piccolo contratto prima della proiezione di La prima luce di Marra? Né carta stampata né web potranno parlarne prima del 10 settembre. Di solito, è uno strumento che ai festival si usa per dei film ciofeca ma vi assicuriamo che non è il caso dell’opera di Marra, a cui va dato adito di aver fatto dopo tanto tempo recitare Riccardo Scamarcio rendendolo credibile e non il solito monolite.

 

Terzo problema: Barbera, il presidente, dovrebbe prima o poi spiegarci come vengono scelti i film di apertura e a quali criteri devono corrispondere. Ce lo si chiede dopo aver visto di fila Everest e Un monstruo de mil cabezas, con il secondo decisamente cinematograficamente (per contenuti e forma) più interessante e rilevante. Il motivo più plausibile appare il red carpet, senza sé e senza ma a pagare è sempre la qualità.

Jana Raluy, protagonista di 'Un monstruo de mil cabezas'

 

Quarto problema: i vaporetti. È impensabile che il vaporetto diretto dalla Mostra a Venezia centro (e viceversa) venga attivato dal comune non prima della cerimonia di apertura a uso e consumo delle telecamere e delle riviste rosa. Chi come noi ha scelto (per comodità) di soggiornare lontano dal Lido è costretto al mattino ad attendere anche due o tre differenti corse a causa del sovraffollamento delle linee 5.1 e 6, le più veloci verso il Lido. La città che ospita il festival più antico d’Europa dovrebbe prevenire i problemi dei suoi ‘visitatori’ piuttosto che aumentarli.

 

Quinto ma non per importanza problema: non funzionano in sala gli elevatori per disabili. È accaduto oggi uno spiacevole episodio che si è protratto per quasi un’ora e che ha richiesto l’intervento dei vigili del fuoco. Una vergogna che ci si augura non si ripeta più.

 

Finita la trafila delle lamentele, meglio pensare a cosa ci riserva la giornata di oggi.

La giornata si apre alle 09:00 con Looking for Grace di Sue Brooks, la ricerca di una sedicenne scappata di casa che intreccia vite e percorsi di personaggi tra loro eterogenei. La stessa regista lo definisce un film ‘disordinato’: «Volevo girare un film che fosse come io vivo la vita. Senza nessun percorso eroico. Senza nemmeno un eroe. Se credete che siamo fautori del nostro destino, questo film non fa per voi. Se credete che abbiamo tutti un destino che sfugge al nostro controllo e che passiamo la vita a cercare di plasmarlo nella forma che pensiamo dovrebbe avere, allora forse questo film fa per voi. Credo sia un film sull’amore. Non l’amore romantico, ma l’amore che provi quando tieni veramente a qualcuno. Per me è come l’amore in una famiglia, che è fatto molto delle cose che non dici e di come cerchi di proteggere le persone amate da se stesse e dal loro destino. Guardo questo film e mi chiedo: ma che diavolo è? Non tutto torna. Non tutto è casuale e non tutto è consequenziale. Le persone rimbalzano da una cosa all’altra. Sono normali, persone infelici che stanno reagendo a un mondo disordinato e confuso, e qualcosa di quel mondo disordinato e confuso è creato proprio da loro stesse. In un certo senso il film parla di come ci si possa sentire soli nella vita e al tempo stesso legati agli altri, e di come le due cose non siano in contraddizione. Speriamo che il pubblico possa trovare nel film i propri momenti di grazia».

Radha Mitchell, Richard Roxburgh

Looking for Grace (2015): Radha Mitchell, Richard Roxburgh

 

L’attesa però è tutta puntata su Francofonia (o Francophonia) di Sokurov, previsto alle 19. Attraverso la sua vasta filmografia, documentari, fiction e altri lavori al confine dei generi, Alexandr Sokurov ci ha dimostrato che un museo è molto più di un luogo dove preservare l’arte. I musei sono il DNA autentico della società civile, un organo vivente della città dove batte il cuore di una nazione. L’approccio di Sokurov al museo è sacro. Sullo sfondo della storia del museo del Louvre e dei suoi capolavori, Sokurov ci regala attraverso il suo sguardo personale ed unico, e attraverso un inedito utilizzo delle immagini di repertorio, i ritratti affascinanti dei protagonisti, realmente esistiti, Jacques Jaujard e il conte Franziskus Wolff-Metternich, nella loro forzata collaborazione durante l'occupazione nazista a Parigi.

«Cosa sarebbe stata Parigi senza il Louvre o la Russia senza l'Hermitage, questi indelebili punti di riferimento nazionali? Proviamo ad immaginare un'arca nel mezzo dell'oceano con tante persone e tante opere d'arte a bordo – libri, dipinti, spartiti, sculture, ancora libri, dischi e altro. Ma le travi della nave non riescono più a reggere il peso e l'arca rischia di affondare.

Cosa salvare? Le persone? O quei muti e insostituibili testimoni del passato? Francofonia è un requiem per ciò che è perito, un inno al coraggio umano, allo spirito e a ciò che unisce l'umanità.

L’istituzione museale probabilmente è la parte più stabile del mondo della cultura. Cosa saremo senza musei? I musei ci mostrano quali culture solenni, magnifiche esistevano prima, molto più grandi e funzionali di qualsiasi cosa noi siamo in grado di creare oggi. I luoghi del Louvre, dell'Hermitage, del Prado, del British Museum mi sono sempre apparsi inaccessibili. Sono stato per la prima volta all'Hermitage all'età di 27 anni. Troppo tardi. Ma prima non è stato possibile. Vengo da una famiglia semplice, di estrazione molto modesta.

Sono stato molto entusiasta dell'opportunità di girare il film al Louvre. L'ho considerato un ritorno al mio sogno di fare un ciclo di film d'arte da girare all'Hermitage, al Louvre, al Prado, al British. Era meraviglioso il fatto che la direzione del Louvre avesse aderito con entusiasmo alla nostra proposta. E poi è stato magnifico poter condividere questo lavoro con il mio collega eccezionale ed illustre, il direttore della fotografia Bruno Delbonnel, un maestro di spicco, un grande artista. La combinazione di queste circostanze è già un miracolo», spiega Sokurov.

Aleksandr Sokurov

Francofonia (2015): Aleksandr Sokurov

 

Ma è anche il giorno fuori concorso di Spotlight, pellicola di Thomas McCarthy che ripercorre lo scandalo pedofilia nella Chiesa cattolica americana svelata dai giornalisti del Boston Globe. «Spotlight è un’ode al reportage d’inchiesta di alto profilo di cui c’è grande scarsità oggi, soprattutto a livello locale negli Stati Uniti. Le ricerche svolte nel 2001- 2002 dal team “Spotlight” sul ciclo di abusi minorili avvenuti all’interno della Chiesa cattolica e la loro sistematica copertura che ne ha permesso la continuazione e diffusione, sono state effettuate in modo così meticoloso che hanno avuto un’eco immediata non solo a Boston, ma nel mondo intero. Tuttavia oggi l’industria dei quotidiani negli Stati Uniti è stata decimata e non ci sono chiare alternative alla preziosa funzione che i giornali, come il “Boston Globe”, svolgono per i loro lettori. La situazione è disperata. Sono cresciuto con un’educazione cattolica. Sono andato a scuola a Boston. Ho amici che sono stati abusati dai preti, alcuni dei quali sono citati nel film. Allo stesso tempo, continuo a vedere quante cose buone faccia la Chiesa cattolica, e quante buone persone, chierici o laici, facciano parte della chiesa. Sono legato a questa storia in modo molto personale e la mia speranza principale è quella di qualunque buon giornalista: raccontare una storia e raccontarla bene», assicura il regista.

Brian d'Arcy James, Michael Keaton, John Slattery, Rachel McAdams, Mark Ruffalo

Spotlight (2015): Brian d'Arcy James, Michael Keaton, John Slattery, Rachel McAdams, Mark Ruffalo

 

Tra le altre proiezioni di cui cercheremo di darvi notizia nei prossimi giorni, vi sono anche In Jackson Heights di Frederick Wiseman, Tharlo di Pema Tseden, Mountain di Yaelle Kayam e Banat (Il viaggio) di Adriano Valerio.

 

Queste invece le recensioni di oggi:

-          Everest

-          Un monstruo de mil cabezas

-          The Family

-          El Desconocido

-          Beasts of no Nation

-          Winter on Fire

 

Qui, invece, il secondo giorno del diario di Maghella.

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