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Venezia 2015: Giorno 0 - La vigilia del Festival
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Ha inizio domani la 72ma edizione della Mostra internazionale del Cinema di Venezia, quella che tutti comunemente chiamano Festival di Venezia o, per fare i social addicted, #Venezia72. Come vi abbiamo anticipato nella newsletter prima della pausa di Ferragosto, FilmTv.it sarà presente al Lido con una squadra composita e compatta, che proverà a raccontarvi giorno per giorno visioni, curiosità, aneddoti e delusioni.

In questo che possiamo definire il giorno 0, abbiamo chiesto ai 'veneziandi' (passateci il neologismo) di dirci quelli che sono i loro tre film più attesi e quelli che da lontano, per loro, puzzano di bufala. Le risposte sono spesso tra loro discordanti ma è il bello del cinema è anche creare discussioni intorno a un titolo, vedere attese disattese e previsioni ribaltate. A loro la parola.

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EightAndHalf

Attesi:

1. Francophonia: Sokurov sembra voler portare avanti il discorso cardine della sua intera filmografia, il contatto tra Pittura e Cinema, magari andando anche oltre a aggiungendo un tassello fondamentale alla sua poetica;

2. In Jackson Heights: Quando Wiseman entra in un'istituzione, oltre a rivelarme gli anfratti più nascosti con la sua mitica regia invisibile, propone discorsi sotterranei sulla responsabilità dello sguardo e sulle possibilità dello stesso. In Jackson Heights potrebbe non essere meno fondamentale, contenutisticamente e formalmente, di National Gallery;

3. Afternoon: Tsai sembra proporre qualcosa di nuovo, forse secondario rispetto all'ultimo immenso Stray Dogs, ma altrettanto necessario. Di certo, è uno dei più grandi registi viventi a saper riprendere il silenzio.

Potenziali delusioni:

1. A Bigger Splash: Già La piscina di Jacques Deray non è questo grandissimo film ma riaggiornarlo ai tempi moderni appare un po' anacronistico;

2. Everest: Molto semplicemente, considerando il genere, potrà davvero essere un compromesso fra autorialità e spettacolo per il grande pubblico?

3. Beasts of no Nation: Cary Fukunaga sembra il tipico regista che si prende eccessivamente sul serio. Già in televisione, figuriamoci ora al suo primo film in un festival internazionale (fuori dal circuito statunitense/Sundance, etc).

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Alan Smithee

Attesi:

1. 11 Minutes: Il ritorno di Skolimowski, maestro dalle lunghe attese e dai generi sconfinati: uno dei pochi in grado di rappresentare l'impalpabilità del terrore puro. Un nuovo The Shout? ...speriamo.

2. La calle de la amargura: 2 prostitute vecchie e cattive, due lottatori nani: un noir barocco che potrebbe farmi impazzire completamente dal regista di Profundo carmesí, Arturo Ripstein;

3. De Palma: Baumbach e Paltrow impegnati nel doc su uno dei miei registi del cuore: a un anno esatto dal toccante Altman a Venezia, mi aspetto molto da questo tributo (spero) prematuro.

Potenziali delusioni:

Temo per i tre italiani in concorso: A Bigger Splash di Guadagnino, sempre meno italiano; L'attesa di Messina, incognita con Binoche star assoluta, che speriamo si riveli sorpresa; Per amor vostro di Gaudino, troppo intimista per sfondare.

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Maghella

Attesi:

1. L'attesa: Me ne ha parlato in un'intervista in tempi non sospetti Giorgio Colangeli e da allora attendo che arrivasse in sala;

2. Heart of a Dog (che non vedrò per ragioni di tempi): Un film sul valore del ricordo e sul significato delle 'perdite importanti', partendo dalle sue esperienze personali con i suoi affetti, a partire dall'amato cagnolino per finire con il marito Lou Reed;

3. Bagnoli Jungle: Molto semplicemente perché Antonio Capuano è uno dei miei registi preferiti. (E poi aspetto con curiosità The Childhood of a Leader, perché è il primo lungometraggio d Brady Corbet: mi incuriosisce la trama, può essere un tema a doppio taglio, una tematica che si presta a mille sfaccettature secondo come la si affronta).

Potenziali delusioni:

1. Lolo: Dalla trama, potrebbe essere una boiata senza fine;

2. El desconocido: Lo vedrò per stroncarlo... 'sti thriller spagnoli mi hanno rotto un po' le scatole, sopravvalutati al massimo, quando in Italia abbiamo una tradizione a riguardo lasciata a marcire nei cassetti dei produttori;

3. Arianna: Da quello che ho letto, mi pare l'ennesimo regista italiano che ambisce a diventare autore al primo colpo.

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Spaggy

Attesi:

1. Arianna: Raccontare l'ermafroditismo nella propria opera prima non è semplice, il rischio è quello di cadere nel banale o nell'autoriale di facciata. L'esordiente Carlo Lavagna sfida i pregiudizi e poggia la sua opera sulle spalle di un'esordiente, Ondina Quadri, giovanissima figlia del montatore e regista Jacopo. Per analogia, difficile non pensare a un Middlesex (best seller di Jeffrey Eugenides) all'italiana.

2. From Afar: Il cinema sudamericano porta per la prima volta alla Biennale in concorso un titolo proveniente dal Venezuela, paese di telenovelas che negli ultimi anni ha prodotto eccellenti pellicole da scovare nei meandri del web. Insolito il presupposto della trama: un marchettaro e un cliente (che paga solo per guardarlo e non per portarselo a letto) coinvolti in un thriller per le soffocanti strade di Caracas.

3. Pecore in erba: Altro esordiente italiano, Alberto Caviglia si cimenta nel mockumentary, genere poco praticato nel nostro Paese, per parlare della vita a Trastevere (curioso come un altro titolo, Viva la sposa di Celestini, racconti le stesse strade del quartiere romano) e di antisemitismo, senza scadere nella storiografia accademica ma cercando la via della satira. Coraggioso sulla carta.

Potenziali delusioni:

1. Spotlight: Se da un lato si riconosce all'opera la determinazione nel voler affrontare al cinema il racconto di come alcuni giornalisti di Boston portarono alla luce lo scandalo pedofilia nella chiesa americana, dall'altro lato si rischiano luoghi comuni a gogo e stereotipi americani in cui il buono vince sul cattivo, senza un minimo di contraddittorio. Tanto per creare clamore e ulteriori titoli di giornale.

2. Rabin, the Last Day: L'omicidio del premio Nobel Rabin raccontato da Amos Gitai, la questione palestinese e la fornace medio-orientale. Nulla di nuovo per Gitai, che mischia fiction e documentario come pretesto per far rumore. Mi era sembrato più ardito e interessante il lavoro fatto con il precedente Tsili.

3. Black Mass: L'ennesimo Johnny Depp che fa Johnny Depp. Ovviamente con trucco e parrucco appositi per una nuova maschera. Dirige Scott Cooper, colui che aveva fatto clamore con Crazy Heart ma che aveva pesantemente deluso con Out of the Furnace, nonostante il cast di alto livello a disposizione. Per Depp, poi, è la prova del nove: compenso già ridotto a 'soli' 10 milioni di dollari, non può permettersi un altro fiasco clamoroso dopo i recenti (da Lone Ranger al disastroso Mortdecai).

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In attesa di sapere se tali pre-visioni saranno stravolte, vi ricordiamo che trovate tutti i titoli della line up nel nostro speciale, navigabile anche anno per anno.

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