Al quarto giorno di festival (quinto per la stampa), i nostri inviati sono pronti a tuffarsi in un altro tour de force di visioni. Dai loro racconti, ci sembra di capire anche che si stiano divertendo con le opere viste, dal momento che le proiezioni di ieri hanno lasciato soddisfatti sia Pazuzu sia Steno 79.
Pazuzu ha avuto modo di vedere Escobar: Paradise Lost («Ciò che salta agli occhi da subito, nel film di Di Stefano, è lo stile aggressivo, ritmato e senza fronzoli attraverso il quale il regista introduce sin da subito lo spettatore nel bel mezzo della storia, salvo poi riavvolgere il nastro con un lungo flashback utile a comprendere l'antefatto ed apparecchiare la lunga e tiratissima seconda parte. Ad una struttura narrativa ben oliata, fa da contraltare una definizione non sempre impeccabile dei caratteri, specie quello di Maria (interpretata da Claudia Traisac), la cui ingenuità iniziale è seguita da un ravvedimento sin troppo improvviso, per evitare il quale avrebbe giovato perlomeno qualche passaggio intermedio. Nonostante gli appena citati scricchiolii di sceneggiatura, Escobar: Paradise Lost resta un prodotto di genere di discreto livello nel quale, dulcis in fundo, la parte del leone la fa, nel ruolo di Escobar, un Benicio Del Toro gigantesco in tutti i sensi, ingrassato, imbruttito, incattivito e spaventoso, capace di tenere in piedi la scena da solo ma comunque ben coadiuvato dal protagonista nominale, l'efficace "belloccio" Josh Hutcherson») e 12 Citizens («Prendere un testo come 12 Angry Men, scritto da Reginald Rose nel 1954 ed oggetto, nel 1957, del magistrale adattamento cinematografico di Sidney Lumet (noto in Italia col titolo Parola ai Giurati) può essere sintomo di incoscienza e avventatezza. Se invece a proporsi in una simile operazione è un regista teatrale giovane ma già pluripremiato in patria, può essere legittimo parlare più semplicemente di coraggio e di fiducia incondizionata nei propri mezzi. Il regista in questione è il cinese Ang Xu, che oltre a confrontarsi con un'opera intoccabile, lo fa con quello che risulta essere il suo esordio cinematografico. Lanciatosi in quello che ad occhio può sembrare comunque un doppio salto mortale, Xu ne esce sorprendentemente tutto intero, realizzando un film asciutto e riuscito, nel quale il canone aristotelico dell'unità di tempo, luogo e azione viene rispettato senza che a rimetterci (come spesso accade quando al cinema la mano che dirige non è più che sicura) siano il ritmo o la presa sullo spettatore»).
Steno79 invece ha apprezzato molto il Richard Gere 'barbone' di Time Out of Mind («Una discesa all'inferno che ricorda per certi versi quella del protagonista de Gli equilibristi di Ivano De Matteo, interpretato da Valerio Mastandrea, ma girata con uno stile più spoglio e rigoroso. La precarietà esistenziale e l'indigenza diventano le chiavi attraverso cui leggere la difficile congiuntura socio-economica dei giorni nostri, ma Oven Moverman ha il coraggio di costruire un film su un personaggio solo, in tutti i sensi, affidandosi ad un Richard Gere assolutamente privo di glamour, presente in quasi tutte le sequenze del film e calatosi con grande efficacia e sensibilità in uno dei ruoli più dolenti e disperati degli ultimi anni. Un film che si potrebbe definire "bressoniano" non solo per il lavoro di "spoliazione" effettuato da Gere e da altri interpreti del cast, ma anche per il gusto di riprendere certe inquadrature attraverso porte, grate e altri divisori, tipico del maestro francese in alcune delle sue ultime pellicole, in particolare ne L'argent).
Capitolo a parte merita poi l'immarcescbile Alan Smithee, che ci racconta sensazioni, visioni e aneddoti, nel suo diario quotidiano, che trovate qui: Roma - Città cinefila (2).
Oggi il Festival Internazionale del Film di Roma rende omaggio a uno dei gruppi simbolo degli anni Ottanta ospitando alle ore 20 in Sala Petrassi il documentario Spandau Ballet: Il Film – Soul Boys of the Western World di George Hencken, in cui si narra la repentina ascesa e il successivo declino degli Spandau Ballet, band di ragazzi della classe operaia londinese divenuta simbolo di un’intera generazione. I protagonisti si raccontano a trent’anni di distanza dai loro maggiori successi, attraverso video di concerti, interviste, filmati personali e materiale inedito: un viaggio nella musica, nella cultura e nella storia degli anni ’80 raccontato attraverso lo sguardo e le canzoni di un gruppo capace di conquistare la vetta delle classifiche mondiali, vendendo venticinque milioni di dischi e piazzando ventitré singoli nella hit parade.
Alle 19:45 la Sala Santa Cecilia si appresta ad accogliere per la sezione Gala Gone Girl - L'amore bugiardo di David Fincher: un thriller, tratto dal romanzo L’amore bugiardo di Gillian Flynn, che racconta la vicenda di un giornalista appena licenziato che finisce sotto i riflettori dei media come principale indiziato a seguito dell’improvvisa scomparsa della moglie. Il nostro Alan Smithee lo ha già visto qualche giorno fa in Francia: «Thriller imbroglione e furbetto, costruito a tavolino come il più geniale e cronometrico degli inganni, utile tuttavia a denunciare una volta in più l’imbecillità e la credulità dell’opinione pubblica, americana e non; la stessa che è in grado di trasformare, senza battere ciglio e con un cinismo ed una freddezza da automi, un uomo qualunque, con i suoi forse anche limitati pregi e i conseguenti più numerosi difetti, in un mostro senza appello, per poi elevarlo ad eroe solo pochi giorni dopo, ricacciandolo nel fango melmoso nuovamente un istante dopo, quando una pseudo novità verrà a turbare le aspettative di un'opinione pubblica (e degli spettatori in sala) che sono un vampiro assetato di novità, che si aspettano fino all'ultimo secondo piccanti particolari in grado di rovesciare la vicenda tortuosa e rocambolesca che sembra sceneggiata proprio dal Joe Eszterhas di Basic Instict».
Alle ore 17 in Sala Petrassi il Festival assegna il Marc’Aurelio alla Carriera al grande cineasta brasiliano Walter Salles. Dopo la premiazione, il regista presenta in prima mondiale la versione work in progress del suo nuovo lavoro, Jia Zhangke, Un Gars de Fenyang, dedicato al cineasta cinese Jia Zhangke, che Salles considera “il più importante filmmaker contemporaneo”. Sempre in Sala Petrassi, alle ore 22.30, ha luogo la proiezione in prima mondiale di Chen Jialing di Tian Ye e Gu Yugao, ritratto del famoso pittore Chen Jialing, profondamente influenzato da tutte le trasformazioni sociali e culturali avvenute in Cina dal secondo dopoguerra a oggi.
La Sala Sinopoli ospita due pellicole della linea di programma Cinema d’Oggi: alle ore 17, si tiene la prima internazionale di Mauro, opera prima di Hernán Rosselli, che ha lavorato come montatore sia in documentari che in fiction per registi come Bruno Stagnaro, Hernán Belon, Ezequiel Yanco e Gastón Solnicki. Il film racconta la storia di Mauro, un passador argentino che inizia a stampare denaro falso con l’aiuto della fidanzata Marcela, finché un incontro non cambia le carte in tavola. Alle ore 22, è la volta di un’altra opera prima, Obra di Gregorio Graziosi, filmmaker brasiliano i cui primi cortometraggi hanno partecipato ad autorevoli festival quali Cannes, Locarno e Mar del Plata. La pellicola è un racconto personale sul rapporto tra l’individuo e la città, in questo caso San Paolo, una delle più grandi metropoli del mondo. «Nascere e crescere in una città come San Paolo non può definirsi semplice. Si tratta di una delle città più grandi al mondo che, incentrata sulla vita quotidiana dei suoi abitanti e sulla memoria a breve termine della vita moderna, ignora spesso fatti relativi al proprio passato. Obra, il mio primo lungometraggio, è una storia personale che si occupa del rapporto tra l'individuo e la città e del come il presente non possa ignorare il passato. Se vogliamo, è anche un tentativo per esorcizzare i fantasmi urbani che infestano il mio universo personale», racconta Graziosi.
La linea di programma Prospettive Italia presenta, alle ore 18 al Teatro Studio Gianni Borgna, la prima mondiale del documetario Looking for Kadija di Francesco D. Raganato, prolifico documentarista per Rai3, La7, History Channel e Fox Crime e autore della serie di successo Fotografi in onda su Sky Arte. La pellicola racconta la storia d’amore tra un ufficiale di cavalleria, Amedeo, e Kadija, figlia di un capotribù, sullo sfondo della guerra in Eritrea. Alle ore 19.30, invece, la Sala Sinopoli ospita in prima internazionale La prochaine fois je viserai le coeur di Cédric Anger, regista e sceneggiatore, autore dei lungometraggi Le tueur e The Counsel, presentati in numerosi e importanti festival internazionali, collaboratore per Cahiers du cinéma dal 1993 al 2001. Il film, nella linea di programma Mondo Genere, è ispirato alla storia vera di Alain Lamare, episodio di cronaca nera che sconvolse l’opinione pubblica alla fine degli anni Settanta.
Tra le altre proiezioni del giorno, infine, si segnalano per Prospettive Italia l'evento speciale L'orologio di Monaco di Mauro Caputo, ispirato a una raccolta di racconti di Giorgio Pressburger, e per Alice nella città Spartacus & Cassandra di Ioanis Nuguet e About a Girl di Mark Monheim.
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