Il regno d'inverno allo scorso Festival di Cannes si è aggiudicato il riconoscimento più importante, quella Palma d'oro che ancora mancava sulle bacheche del regista Nuri Bilge Ceylan. Abituato ai premi di Cannes (ha dalla sua un Grand Prix Speciale della Giuria rimediato nel 2003, il premio alla miglior regia nel 2008 e ancora un Grand Prix Speciale della Giuria nel 2011), il regista turco ha visto le sue quotazioni salire vertiginosamente fino al momento in cui il suo film, lontanissimo dalle opere silenziose a cui ci aveva abituati, è stato scelto per rappresentare la Turchia agli Academy Awards e sfidare (al momento) indirettamente il nostro Il capitale umano. Non amante delle interviste, si è però divertito lo scorso maggio a rilasciarne una lunghissima, raccolta da Kerem Ayan e rilanciata con alcuni estratti da Michel Ciment e Philippe Rouyer su Positif n°641/642. Quella conversazione è oggi libera da crediti contrattuali e possiamo proporvela in vista dell'uscita di Il regno di inverno nelle nostre sale il prossimo 9 ottobre.
Chi, inoltre, volesse saperne di più sull'autore e sulla sua filmografia può fare anche un salto qui.
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Da dove nasce l'idea di ambientare il film tra le montagne scoscese della Cappadocia?
Ho tratto ispirazione da tre racconti brevi di Cechov. Avevo il progetto in mente da oltre quindi anni ma non voglio rivelare quali sono i racconti che ho scelto per evitare di influenzare la visione e la lettura di Il regno d'inverno. Chi conosce bene il lavoro dello scrittore non farà però fatica a individuare la fonte. Abbiamo però cambiato molto, aggiungendo parecchie cose. All'inizio, non volevo girare in Cappadocia, la location era troppo bella per questo film. Ma non siamo riusciti a trovare un hotel in un altro luogo tagliato fuori dal mondo, dove posizionare i miei personaggi. In più, volevo che nella struttura ci fossero un paio di turisti e, sembra incredibile, la Cappadocia ospita molti visitatori durante l'inverno. Quando abbiamo individuato dove girare, il luogo ha finito con l'influenzare l'impostazione della storia.
In molti sostengono che abbia tratto ispirazione da Il giardino dei ciliegi.
Non ci ho mai pensato. Non c'è nessun collegamento diretto ma dal momento che tutte le opere di Cechov trattano gli stessi temi è possibile che anche Il giardino dei ciliegi abbia dei punti in comune con Il regno d'inverno.
Il nome dell'hotel (Othello), i manifesti di Caligola di Camus e dell'Antonio e Cleopatra di Shakespeare nello studio di Aydin possono fornire qualche indizio?
Non proprio. Poiché Aydin è un ex attore, non è sorprendente che sul suo nuovo posto di lavoro ci siano alcune locandine teatrali. In più, sono manifesti che appartengono a rappresentazione a cui ha preso parte. Haluk Bilginer è un attore molto noto in Turchia e quindi è quasi logico che il personaggio che interpreta abbia dato al proprio albergo il nome di un eroe di Shakespeare.
Ha lavorato alla sceneggiatura insieme a sua moglie Ebru. Com'è lavorare in coppia?
Io e Ebru scriviamo insieme le sceneggiature dai tempi di Il piacere e l'amore. In primo luogo, ci concentriamo sulla costruzione del racconto, poi scriviamo i dialoghi. In pratica, ognuno di noi due lavora separatamente e dopo ci si confronta. Quando si tratta di prendere decisioni sull'andamento dei dialoghi, capita anche che ci siano accese discussioni ma questo ci aiuta a valutare meglio le diverse opzioni. Il tempo che impieghiamo a scrivere una sceneggiatura è relativamente breve, quello che passiamo a discutere è decisamente più lungo! Dal momento che sono il regista, amo avere l'ultima parola ma Ebru trova sempre un modo per convincermi della sua idea. Curiosamente, i confronti proseguono anche dopo l'uscita di un film: se un giornalista critica un aspetto su cui lei non era d'accordo, Ebru ama sottolineare che aveva ragione. E così mi tocca scovare un altro articolo o recensione che sposi il mio punto di vista!
Quale è il valore aggiunto della scrittura di Ebru?
Ebru è particolarmente brava a sviluppare la trama. Quando abbiamo lavorato a C'era una volta in Anatolia, è stata lei a risolvere ogni problema. Ritengo anche che sia molto spietata nel giudicare il nostro lavoro: Ebru è una persona molto realista, con i piedi molto ancorati per terra e nel presente. Qualche volta mi sento come Aydin, il protagonista di Il regno d'inverno, quando questi si confronta con la sorella Necla, una persona molto intransigente.
Il regno d'inverno ha molti più dialoghi delle sue opere precedenti. Ciò ha cambiato il vostro modo di scrivere?
In realtà, abbiamo avuto qualche dubbio. Mentre scrivevamo la sceneggiatura, ci siamo chiesti quanto il pubblico avrebbe accettato questi dialoghi molto letterari, che invece non rappresentano un problema per il teatro.
Il regno d'inverno ha molte somiglianze con Il piacere e l'amore, che dipingeva il ritratto di una coppia, e viene dopo due opere che possiamo definire 'thriller noir': Le tre scimmie e C'era una volta in Anatolia. Comparato al primo, però, è un lavoro molto più vasto, più simile a un romanzo. Aveva chiaro sin dall'inizio che sarebbe durato 196 minuti, un'opera quasi epica?
Quando abbiamo terminato la sceneggiatura, abbiamo capito quanto sarebbe stato lungo: avevamo davanti 163 pagine a dispetto delle 96 di C'era una volta in Anatolia. Non è stato però un limite. Come uno scrittore che quando scrive in piena libertà non si pone il problema di quante pagine il suo romanzo debba avere, non mi sono posto il problema: queste sono semmai preoccupazioni meramente commerciali.
In fase di sceneggiatura, erano già presenti tutti i personaggi o qualcuno è venuto strada facendo?
Abbiamo iniziato con Aydin e la moglie. Poi è venuta la sorella Necla, dopo coloro che li circondano e infine l'imam, suo fratello e il bambino.
Come vede i personaggi femminili in relazione a Aydin? Le donne sembrano più solide di Aydin, meno illuse e più consapevoli delle false apparenze.
Nello scrivere i personaggi femminili ho tratto ispirazione dalla mia infanzia. Ho vissuto con mia zia e le sue due figlie e gli uomini non erano spesso a casa.
Come mai ha scelto di usare la sonata numero 20 di Schubert, presente anche in Au Hasard Balthazar di Robert Bresson?
Abbiamo sentito e provato molti pezzi ma abbiamo optato per la sonata perché Schubert nel suo componimento usa lo stesso tema e interviene solo con lievi modifiche e variazioni infinitesimali. Si tratta di un brano molto noto e facendo alcune ricerche ho scoperto che anche Bresson lo aveva usato. Non mi sono però preoccupato di questo.
Dall'asino in Balthazar al cavallo in Il regno d'inverno?
In turco, Cappadocia significa "terra dei bei cavalli". Ci sono molti cavalli selvatici magnifici nella regione: era impossibile non includerli nella storia. Non hanno alcun contatto con l'uomo e, non appena catturati, non smettono di lottare per la loro libertà. Erano perfetti per il mio film.
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Si ringraziano per il testo in inglese Mongrel Media e Sony Classics.
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