Regia di Carlo Lavagna vedi scheda film
19 anni, occhi chiari come acqua di lago, il seno appena accennato, il ciclo mestruale che non arriva, l’orgasmo è un miraggio, il sesso dolore. Arianna torna con i genitori nella bella casa vicino al lago di Bolsena in cui aveva abitato fino ai tre anni, ha ricordi confusi di un amico d’infanzia di nome Mattia, sguardi curiosi verso la cugina Celeste e il suo fisico pieno di giovane donna, troppe domande che galleggiano, mute e inevase. L’esordio di Carlo Lavagna, presentato alle Giornate degli Autori di Venezia 2015, insegue con delicatezza il corpo asciutto e androgino di Ondina Quadri: lo fa corrispondere alla natura rigogliosa e un po’ selvaggia dell’estate e dell’adolescenza, lo lascia spesso solo e silenzioso a percorrere stanze vuote, boschi e prati. Arianna ha la formula del racconto di formazione e qualche inevitabile difetto da opera prima: un eccesso di simbolismi, qualche ingenuità di sceneggiatura, una difformità a livello recitativo (bravissima la debuttante Quadri, impeccabile come sempre Popolizio, meno convincente qualche comprimario) e l’ansia di voler spiegare tutto che sconfina, a tratti, nel didascalismo. Ma è anche un film che cerca testardamente di non farsi sotterrare dal suo tema, di raccontare, prima e soprattutto, il viaggio della sua eroina, costruendo, con lei e con il pubblico, la sua irripetibile identità. E riuscendo a renderla figura trasversale, anima inquieta sulla linea d’ombra dell’età adulta.
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