Regia di Robert Eggers vedi scheda film
La speranza del nuovo cinema statunitense non viene dagli autoruncoli tanto pompati dalla critica prona agli oscar (l'academy infatti non si è filata per niente quest'opera anticonvenzionale e antisistema), ma da registi in ambito horror come Ari Aster e soprattutto Robert Eggers, che con questo The VVitch (2015), scritto sin dal titolo con due V al posto della moderna W, proprio come si faceva nei documenti e racconti del 1600, esplora l'irrazionale tramite un lavoro di accurata ricerca storica sulle fonti dell'epoca, come dichiarato al termine di questa sua folgorante opera prima, di cui ammetto averne sottovalutato la portata, poichè è innegabile che a più visioni ci si trova innanzi ad un vero e proprio capolavoro, il quale mostra sin da subito la mano di un regista veterano e abile con la macchina da presa nel costruire delle immagini angoscianti di puro orrore, trovando una strada originale nella messa in scena, riuscendo ad ancorare l'irrazionale fantastico-religioso e gli stilemi fiabeschi, ad un lavoro certosino nella ricerca storica.
Inizio 1600, New England, la giovane Thomasin (Anya Taylor Joy), assiste sgomenta al processo da parte della comunità religiosa in cui vivono, nei confronti di suoi padre William (Ralph Ineson), che a causa della propria interpretazione estremista della parola di Dio, viene condannato all'esilio (era troppo anche per i puritani), condannando la moglie Katherine (Kate Dickie) ed i suoi figli, ad un'esistenza precaria di stenti e fame, in una radura circondata da un bosco ostile, credendo tale luogo come benedetto, ma la sua fede ci metterà poco a scontrarsi con l'inospitalità del posto, la sterilità di una terra avara di frutti e l'incapacità dell'uomo di far fronte a tutti questi disagi, viene esacerbato dalla scomparsa del neonato Samuel, di cui viene accusata Thomasin, portando così a scontri tra familiari sino al quel momento sopiti. Come risultato William si chiude ancor di più in una visione di fede estremizzata, che vede gli esseri umani come irrimediabilmente corrotti dal peccato originale, la cui unica speranza di salvezza consiste solamente nella grazia di Dio secondo il suo imperscrutabile disegno, in piena aderenza ai dettami del luteranesimo; il che non lascia spazio alcuno al libero arbitro umano, nè alle azioni che egli può compiere in vita per garantirsi la salvezza (le opere non salvano diceva Lutero), poichè in stretta connessione con tali dogmi sulla predestinazione divina, Dio sin dalla nascita ha condannato una parte degli uomini alla dannazione ed un'altra alla grazia.
Una fede vissuta in questo modo non può che portare all'annichilimento dell'uomo, Dio/William decide e prende tutto senza dare nulla in cambio; Thomasin e suo fratello Caleb (Harvey Scrimshaw), giustamente si pongono domande su quanto sia mortificante tale visione di Dio; che peccati avrebbe commesso un neonato come Samuel si chiede giustamente Caleb, venendo però seccamente messo a tacere da un padre, che non ammette repliche, perché la sua costruzione razionale del mondo attorno a Dio, vacilla giorno dopo giorno innanzi alla distruzione del proprio nucleo familiare, a causa di avvenimenti irrazionali, che egli si rifiuta di concepire in alcun modo, poichè fuori dai suoi concetti consolidati in materia teologica.
L'orrore di Eggers una volta tanto non risiede nell'elemento fantastico citato nel titolo, ma nell'uomo ed i rapporti che li legano agli altri, messi in scena dal regista aggiornando con efficacia i canoni dell'espressionismo Bergmaniano, il rigore della spartanità del cinema Dreyeriano, con venature alla Rosemary's Baby di Roman Polanski (1969), tornando quindi alle avanguardie del cinema degli anni 20' nell'uso delle luci fioche, che lottano per rimanere accese inannzi ad un'oscurità sempre più opprimente, che si raffrorza nella sterilità affettiva di questa famiglia a cui Thomasin implora semplicemente di mostrarle solo un pò di amore, un segno a livello terreno atto a rinsaldarle quella fede in Dio a cui ogni giorno rivolge preghiere ammettendo le proprie mancanze, senza ricevere però alcuna risposta, il che la porta in un circolo meccanico di suppliche e mortificazioni ulteriori di sè stessa, prendendosi poi tutta la colpa di tutti i problemi accaduti nel nucleo familiare (coppe d'argento sparite, scomparsa di Samuel e così via), dove ci si accusa a vicenda di essere la "strega" a seconda su chi stia più sulle scatole in quel momento, senza cerare in alcun modo una concordia, che permetta in una social catena di far fronte alle avversità dell'esistenza, poichè ognuno vittima dei propri egoismi personali, cominciando proprio dalla figura del padre, che ha condannato la sua famiglia alla pura sofferenza, per mero moto d'orgoglio mascherato da fede ipocrita, mentre la madre chiusa nel proprio dolore folle e nelle futilità materiali, detesta apertamente la figlia accusandola delle numerose disgrazie. Crollati gli adulti in un tale clima infernale, ci vuole poco per comprendere come si può far diventare strega, chi probabilmente non era destinata a diventare tale, se solo ci fosse stato nei suoi confronti un tangibile segno di affetto e piena fiducia nelle sue parole, ma essendo degli anaffettivi-emotivi (come la società odierna), sono incapaci di dare un qualunque segno emotivo ai loro figli. L'orrore di Eggers nasce prima di tutto dalla privazione dei bisogni umani, totalmente assenti nella famiglia in cui si ritrova Thomasin, non in banali jump-scare da film dell'orrore da quattro soldi, qui inesistenti a favore di immagini inquietanti (corvo e Black Philiph su tutti), evitando con cura cadute di tono nel ridicolo, grazie alla sua abilità registica e alla bravura dell'attrice Anya Taylor Joy, quest'ultima capace di accentrare su di sè quei residui di luce svanente, giocando su una recitazione sentita e calibrata, in cui emerge fino all'ultimo momento, pur nella caduta, il candore puro di una fanciulla alla ricerca di un posto nel mondo, che vada oltre un Dio assente la cui mortificante fede, l'ha solo annichilita, finendo quindi con il liberarsi in una sinistra quanto invasata risata rigenerativa, sulla quale sarebbe stato meglio chiudere l'opera, senza proseguire con un ultimo frame, che giudico meno severamente a quarta visione, ma poco convincente.
The VVtch è il vero cinema dell'orrore, il cinema indipendente nella sua forma autentica, che il Sundance festival s'era fatto portatore nella sua missione costitutiva, premiandolo con la miglior regia contribuendo a far scoprire non solo il talento di Anya Taylor Joy, oggi lanciata abbastanza ovunque (se ti vendi al sistema ti disintegro però), ma anche ad esibire l'indubbia bravura di un Ralph Ineson, così poco citato nelle recensioni, eppure capace di portare unire nella sua figura estremismo teologico ed orgoglio testardo, senza strafare nelle movenze, proprio come colui che in cuor suo sa di aver commesso un errore, ma per tarature mentali, è bloccato dal prendere l'unica vera scelta razionale, per fuggire da tale auto-distruzione innescata da sè. Costato appena 4 milioni, ne ha incassati al botteghino 40, lanciando Eggers tra i nomi da tenere d'occhio, arrivando a confermare il suo talento con Lighthouse (2019) e con il prossimo The Notherman (2022), in uscita ad Aprile in cui ritroveremo anche Taylor Joy, Ineson e Kate Dickie, in una rimpatriata che promette arte pura.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta