Regia di Gareth Edwards vedi scheda film
La cosa migliore del film è la pronuncia di "godzilla" di Watanabe. Nemmeno lui: il suo doppiatore.
Il filmone mi ha lasciato insoddisfatto. Tanta (troppa) carne al fuoco, tanti (troppi) spunti che Edwards non riesce né a sviluppare né a mantenere al livello delle aspettative da lui stesso create. Per risolvere il problema, “la butta in caciara”, con codate che abbattono grattacieli come fossero Lego.
Una vecchia regola della suspense suggerisce di differire il più possibile la comparsa del mostro. Qui il concetto trova applicazione rispetto al protagonista del titolo, ma per non lasciarci in astinenza intanto ci fanno vedere il Parassita Alato (che mi chiedo quanti non abbiano scambiato per Godzilla, all’inizio), che poi è un MUTO che invoca la sua bella. Quando arriva Godzilla, in ritardo come un Alta Velocità italiano, lo spettatore deve cercare di districarsi con ben tre mostri in scena: ampiamente sintomatico dell’insufficienza scenica di uno solo.
Peccato, perché l’atmosfera dell’antefatto non era male, così come le giustificate ricerche paranoiche del babbo (Bryan Cranston) dell’eroe e il vagare misterioso per cieli e terre dell’esperto giapponese (Ken “Ultimo Samurai” Watanabe, l’attore meglio doppiato dall’avvento del sonoro).
Dicendo che personalmente avrei dato molto più spazio alla quest che alle codate distruttrici, sto suggerendo che il filmone non ha una precisa identità descrittiva, con una prima parte intrisa di suggestioni e una seconda di mazzate pure e semplici, e che il potenziale evocativo delle prime non si concretizza adeguatamente nelle seconde.
Anche l’episodio della bomba atomica è trattato in maniera convenzionale, quasi si trattasse di un super-petardo nelle incapaci mani della soldataglia (i soldati americani sono sempre babbei, a meno che non si tratti dei marines di Eastwood). Ma questo è davvero lo stesso Edwards che in Monsters ci sapeva mettere a disagio con un semplice cartello scritto in spagnolo? Fatto sta che hai: il treno, la bombona sul treno, il ponte del treno. E che ne ricavi? Che l’eroe fa fatica a salvarsi. Amico mio, vatti a rivedere Cassandra Crossing e A 30 secondi dalla fine, così impari a cosa servono i treni nei film.
Ora che quel che ritengo il danno principale è stato descritto, passiamo ai dettagli. Con un budget così importante, cosa ti costringe a scegliere Aaron Taylor-Johnson come protagonista? Non c’era in giro qualche faccia più espressiva? Vuoi uno che sembri persino pensare mentre agisce? Prenditi Gyllenhaal. Uno che sicuramente pensa? Bale. Un vero tutto-muscoli-niente-cervello? Hemsworth. Insomma, hai scelta: ma chi è Taylor-Johnson?
Ultima nota, poi mi fermo. Sia il nostro gozzillone che i MUTO variano di dimensioni, tra una scena e l’altra. L’eroe preistorico a volte sembra sui 70 metri, altre sui 150 e più (i grattacieli gli arrivano alle ginocchia). Forse l’idea era collegata a un gioco a premi “trova l’errore” che non è stato utilizzato. Però lo possiamo giocare noi, stasera, in attesa che Godzilla si inabissi per l’ultima volta.
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