Durante una calda estate del 1986, in una zona di campagna in Germania, una undicenne viene avvicinata da un'auto rossa e aggredita dal guidatore che, dopo averla violentata, la uccide in preda ad un raptus incontenibile. L'amico, sconvolto, aiuta tuttavia l'assassino a sbarazzarsi della vittima, che verrà ritrovata giorni dopo in fondo ad un lago. Poi quest'ultimo, un pedofilo colto da forti sensi di colpa, da rimorsi lancinanti che ne bloccano in parte l'agire indisturbato, decide di scappare e scomparire alla vista del primo. L'omicidio rimane impunito, con grande sconcerto da parte dell'opinione pubblica e tremende sofferenze da parte della madre della vittima.
Esattamente 23 anni dopo, nel 2009, la sparizione di una ragazza della medesima età, nelle medesime zone, induce le testate giornalistiche e l'autorità a tornare ad interessarsi del caso precedente, ipotizzando la non remota evenienza che la sparizione possa essere opera del medesimo autore del precedente omicidio.
L'episodio, se da un lato fa piombare terrore e affanno tra i membri della famiglia della nuova scomparsa, dall'altro riaccende le speranze, da parte di un anziano poliziotto ora in pensione, ma in precedenza coinvolto in prima persona nelle indagini di 23 anni prima, che la polizia riapra il caso; nel contempo fa tornare a galla del complice muto dell'assassino, in tutti quegli anni riciclatosi a nuova vita, padre di due figli e marito premuroso, businessman di successo con cognome nuovo di zecca preso a prestito dalla moglie, i vecchi istinti irrefrenabili che lo portavano a provar piacere condividendo la visione di materiale pornografico con l'assassino. Che in tutti quegli anni, probabilmente, non si è mai stancato di cercarlo, per alleviare la propria solitudine a cui la perversione di cui è schiavo lo costringe.
Dal romanzo poliziesco omonimo dell'autore Jan Costin Wagner, il regista tedesco Baran bo Odar, da qualche tempo immigrato con un certo successo negli Usa (è suo il valido thriller Sleepless, con Denzel Washington, datato 2017), realizza uno splendido, concitato, complesso thriller che riesce ad unire ed amalgamare un complicato intrigo di punti di vista e avvicendamenti connessi a chiarire una vicenda fosca ed altamente drammatica, raccontata nel rispetto di una tensione in grado di coinvolgere appieno lo spettatore.
Le indagini di un nuovo ispettore di polizia, recentemente rimasto vedovo e per questo altamente vulnerabile, si intrecciano con quelle, decisamente meno professionali e influenzate da un approccio più umorale, dell'anziano collega in pensione.
Ma è lo studio delle psicologie complesse e variegate che muove le azioni antitetiche dei due maniaci, quello fuori controllo (interpretato dal valido e celebre attore danese Ulrich Thomsen), e quello in qualche modo frenato dalla ragione e dai sensi di colpa (lo interpreta con parimenti intensità espressiva il bravo attore tedesco Wotan Wilke Mohring), che rende speciale il concitato e fosco thriller che non concede mai tregua, né tantomeno speranza in qualche cosa di buono, allo spettatore, inevitabilmente avvinto da un intreccio complesso ma gestito in modo calibrato e perfetto.
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