Regia di Quentin Tarantino vedi scheda film
Per la regia del genio post-moderno Quentin Tarantino, un film omaggio ad un genere che nel passato ha fatto storia, ma rinnovato con le trovate di quel folle perfezionista del suo creatore.
Per il buon vecchio Quentin poteva mancare il western? Ovviamente no, da bravo amante dei b-movie, e dunque ecco Django Unchained.
Il regista aveva in mente un film come questo già nel 2007, e dopo tutta la fase di acuta scrittura e di minuzioso girato il film è uscito cinque anni dopo, nel 2012.
Si tratta di un film che parte con il presupposto di ricalcare e omaggiare il genere dello spaghetti-western, reso famoso in Italia da registi quali Sergio Corbucci, Lucio Fulci, Enzo Barboni e, soprattutto, l'indiscusso e indiscutibile maestro Sergio Leone.
Tuttavia Tarantino non è certo Pippo Baudo, quindi era chiaro che avrebbe reso lo spaghetti-western di sua creazione un po' più....suo, diciamo. E dunque giù nel calderone varie tracce di parodia citazionista estrema e di violenza splatter, oltre alla denuncia nei confronti della schiavitù nera del periodo in cui si ambienta il film.
Queste "tracce" diventano sempre più "prove concrete" man mano che si prosegue nella visione incantata dalla messa in scena.
Registicamente Tarantino sa il fatto suo e questo è assodato. Il suo cinema amabilmente contorto può piacere o meno, ma la sua capacità di gestire inquadrature e personaggi è inoppugnabile, così come lo è il suo gusto estetico.
Come notato anche nella controversa recensione di The Hateful Eight, ovvero il secondo western del regista, certe inquadrature dei paesaggi innevati sono semplicemente mostruose.
Il contrasto della dettagliata e limpida fotografia contribuisce in maniera decisiva alla resa di impatto visivo di certe scene, per merito anche del sempreverde Robert Richardson (già elogiato il suo lavoro in molti altri film di Quentin, oltre che in pellicole quali The Aviator, Shutter Island, Hugo Cabret, JFK - Un caso ancora aperto ecceteraeccetera....).
Eccellente il cast, forse un pelo meno il protagonista Jamie Foxx, ma quando sei supportato, come in questo caso, da un ben caratterizzato Leo DiCaprio, un Samuel L. Jackson di esperienza e, soprattutto, un mostruoso Christoph Waltz, diciamo che vai abbastanza sul sicuro.
Paesaggi e location interne costruiti a regola d'arte.
Colonna sonora composta da vari brani azzeccati di vari autori ispirati.
E, ovviamente, essendo un film di Tarantino non può mancare il solito elogio alla costruzione della storia (alcuni passaggi temporali costruiti benissimo) e dei classici dialoghi iperrealistici e dall'alto tasso di cinismo.
Si può dire che magari il regista già da questo film sta iniziando ad accusare qualche colpo per quel che riguarda la componente dei dialoghi, chiaramente (e per forza di cose direi) meno ispirati rispetto a film quali Pulp Fiction, Le iene, ma anche solo al precedente Bastardi senza gloria, ma personalmente ritengo questo calo più evidente nel già citato The Hateful Eight (e anche lì, comunque, stiamo parlando di un gran film).
Le quasi tre ore di durata volano come il vento, lasciando un grande senso di esaltatio come solo (più o meno) i cari vecchi spaghetti-western riescono a trasmettere.
Lungi da me paragonare Django Unchained alla perfezione di un Il buono, il brutto, il cattivo del maestro, ma resta il fatto che ci troviamo di fronte ad un più che degno omaggio nei confronti di un genere ormai dimenticato e che in perle come questa (seppur con una connotazione di genere più matura e variegata) potrebbe magari un giorno tornare a splendere più lucente che mai.
Voto: 9++/10.
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