Regia di Quentin Tarantino vedi scheda film
1858: lo schiavo Django viene, per così dire, "riscattato" dal cacciatore di taglie Schultz, affinché guidi quest'ultimo alla cattura di tre pericolosi ricercati. Preso a benvolere e affrancato dal suo mentore, Django si metterà alla ricerca della moglie venduta al crudele proprietario terriero Candie, spalleggiato dall'odioso famiglio Stephen: seguirà prevedibile strage.
Il colpo da maestro di Quentin Tarantino: proprio quando ci sembrava smarrito nei meandri del logoro citazionismo, tra mille inquadrature fetish e dialoghi da sfinimento (in Django Unchained non mancano, ma sono davvero brillanti), il regista italoamericano ritrova il gusto del Grande Cinema, omaggiando i nostri Spaghetti Western e riuscendo mirabilmente a restare in equilibrio tra avventura, azione violenta e irresistibile comicità (la “scorreria” della squinternata accolita di razzisti guidata dal signorotto Big Daddy è da antologia). Peccato solo che ad una prima parte a dir poco scoppiettante segua una seconda un po' troppo lenta e macchinosa, parzialmente riscattata dal bagno di sangue finale, marchio di fabbrica tarantiniano fin dai tempi della sceneggiatura dell'indimenticabile Una Vita al Massimo.
Cast eccellente, dai protagonisti ai caratteristi di contorno: straordinari Jamie Foxx, Christoph Waltz e un irriconoscibile, odiosissimo, Samuel L. Jackson, deliziose le piccole parti riservate a Don Johnson e Franco Nero, bravo (come sempre, diciamolo) Leonardo Di Caprio, ma forse poco credibile per il ruolo di negriero, con il suo volto perennemente impubere, nonostante gli anni che passano inesorabili.
Probabilmente il miglior Tarantino dai tempi di Pulp Fiction: 8/10.
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