Regia di Quentin Tarantino vedi scheda film
Django unchained è talmente Tarantino che Tarantino sente la necessità di inserire sè stesso nel film in un cameo, cosa abbastanza rara e avvenuta per lo più nei primissimi suoi lavori; Django unchained è inoltre un'opera nettamente divisa in tre parti diseguali per lunghezza, contenuti e toni che rappresenta nel suo complesso il riassunto di Kill Bill (1 e 2) e Bastardi senza gloria, ovverosia delle ultime due pellicole del regista. Ma che sempre da Tarantino attinge. Se la prima sezione elogia il sapore della vendetta (KB) e la seconda mostra l'articolato piano per raggiungere il cuore del male (Bsg, là erano i nazisti, qui gli schiavisti/razzisti), ecco che la terza - che si presupporrebbe l'unica novità all'interno dell'intero lavoro - mette in scena l'assalto alla roccaforte dei cattivi nel più classico spirito western, omaggiando nella maniera più compiuta il lavoro di Corbucci da cui prende il titolo e, più in generale, l'intero filone dello spaghetti western. E' vero, Tarantino ha sempre attinto qua e là le sue idee, ma vederle riciclate da sè stesso - e quindi riciclate al quadrato - non può che lasciare un po' perplessi, e questo sebbene il film di per sè funzioni, lo spettacolo non manchi e le scene madri tanto care al regista siano comunque presenti; ma la suddivisione in tre segmenti sopra citata costituisce pur sempre un evidente limite dell'opera, che finisce in tale modo per diventare una sorta di Django unchained + sequel + secondo sequel per la durata della bellezza di tre ore o poco meno. Il dibattito sul fatto se avesse più senso dividere il film in due o tre parti ha poco senso; di certo c'è solo che la sceneggiatura dello stesso regista appare per una volta lievemente disomogenea nella tenuta, mostrando le corde soprattutto nella sua sezione centrale. Cristoph Waltz, Jamie Foxx, Leonardo Di Caprio, Samuel L. Jackson sono altrettante certezze e Tarantino trova il modo di tributare all'originale Django (Sergio Corbucci, 1966) inserendo in un piccolo ruolo anche Franco Nero, nonchè aprendo il film con il tema di Bacalov che commentava l'opera italiana quasi mezzo secolo prima; nella miriade di riferimenti e citazioni c'è spazio anche per la riproposizione del finale de Il buono, il brutto e il cattivo di Sergio Leone (e anche qui: accompagnato dal tema della pellicola originale). Niente da obiettare sulla fattura del lavoro, apprezzabile l'esplicito discorso sulla libertà e sulla questione del razzismo, ma è lecito - e per certi versi doveroso - attendersi qualcosa di più da Tarantino. 6,5/10.
Far west, 1858. Lo schiavo di colore Django viene liberato dal cacciatore di taglie Schultz, che lo prende con sè per insegnargli il suo mestiere. Django diventa un ottimo pistolero e si propone così di assaltare la tenuta del ricco e presuntuoso Calvin Candie in cui è schiava la moglie Broomhilda.
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