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Django Unchained

Regia di Quentin Tarantino vedi scheda film

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La recensione su Django Unchained

di michemar
7 stelle

Django (Jamie Foxx) potrebbe essere Spartacus, Dr. King Schultz (Christoph Waltz) potrebbe essere Gracchus, Calvin Candie (Leo Di Capri) Crassus, Broomhlida (Kerry Washington) Varinia: tutto potrebbe coincidere, ma tutto nell’era del West e delle piantagioni lavorate dai “negri”.

Secondo me, il dibattito centrale è se si diverte più Tarantino o lo spettatore. E’ lampante in ogni film che si aggiunge alla sua filmografia che Quentin scrive e gira come se avesse il più bel giocattolo tra le mani, convinto pure che chi lo guarderà giocare se la spasserà almeno quanto lui. Sono sicuro che su pochi cineasti si consuma tanto inchiostro (ma chi lo usa più? è solo un modo di dire) per scrivere e discettare del suo cinema e dei suoi paradossi, dei suoi eccessi visionari. I fans sparsi su tutto il pianeta attendono spasmodicamente l’uscita delle sue creature anche perché lui sa creare già un bel po’ prima una certa atmosfera di curiosità, di mistero, così che tutta la stampa specializzata non parla d’altro. Girano continuamente voci di vari attori e attrici (attrici? mah, raramente) che sono stati chiamati per far parte della comitiva, sicuramente chiassosa e divertita, per poi essere smentiti: no, non era quell’attore, ma quell’altro, anzi Tizio lo ha implorato per essere provato. Fuor di dubbio oramai che i film del nostro sono un’avventura e chiunque a Hollywood vuol far parte della spedizione, perché di spedizione si tratta. Una spedizione nella fantasia sanguinolenta della mente pulp di un regista che ama le storie forti e quasi grottesche e che se non lo sono le fa diventare: mai, credo, nella storia del cinema un genere ed un termine sia stato abbinato così strettamente ad una sola persona. La persona è Quentin Tarantino e la parola è pulp. Fino a metterla nei titoli.

 

 

Quindi, chi si sta divertendo di più tra il regista e gli spettatori? Lui di certo, gli altri quasi tutti. Il “quasi” è dovuto al fatto che sicuramente alla proiezione dei film tarantiniani ci vanno soprattutto i suoi appassionati e qualcuno magari incuriosito da tanto parlare; va da sé che poi certe persone possono rimanere deluse e quindi non si saranno divertiti.

Che la sua passione fossero i western all’italiana ed il cinema italico anni ’70 lo si sa da tempo e lui lo ribadisce sempre e se parecchi altri suoi film non erano dei veri western lo erano nello spirito. Bastava vestire in maniera appropriata i personaggi, dargli una pistola o una carabina e la storia si sviluppava uguale. Ma adesso ci siamo, i suoi attori li ha vestiti e bardati veramente così, li ha portati tra le piantagioni di cotone e li ha fatti recitare tra le rocce e la praterie: il sogno è realizzato. Ma poteva fare una cosa ordinaria? E mica si chiama John Smith! Ha volutamente esagerato a sangue, sparatorie, precisione di mira roba-da-oro-olimpico e in una storia di oppressione, che si poteva ambientare nell’antica Roma o su un pianeta colonizzato nel futuro lontano, ha inserito le sue qualità di intrattenitore.

 

 

Django (Jamie Foxx) potrebbe essere Spartacus (Kirk Douglas), Dr. King Schultz (Christoph Waltz) potrebbe essere Gracchus, Calvin Candie (Leo Di Capri) Crassus (Lorence Olivier), Broomhlida (Kerry Washington) Varinia (Jean Simmons): tutto potrebbe coincidere, ma tutto nell’era del West e delle piantagioni lavorate dai “negri”. L’eroe deve salvare se stesso e la sua donna dalla schiavitù e dal padrone possessivo e schiavista. A proposito di donne, ce n’è sempre poche nelle sue storie anche se due volte sono state determinanti: sicuramente Jackie Brown e abbastanza la Shosanna di Mélanie Laurent nei “Bastardi senza gloria”.

Non è tanto il personaggio del dottore dentista che conquista il pubblico, quanto la simpatia ed il modo lento e gesticolato di esprimersi e la sua dizione precisa e scolastica, ma fluente, delle lingue che caratterizza Christoph Waltz. L’attore austriaco conquistò a suo tempo la platea con i Bastardi, ribadì il suo modo di recitare in “Carnage”, si conferma oggi guadagnandosi da vivere facendo il bounty killer. Sarà dura la lotta per la statuetta nella notte di Hollywood per contenderla ad Alan Arkin, altro personaggio simpaticissimo di “Argo”.

 

 

Le due ore e tre quarti potevano essere sicuramente risparmiate, ma il regista non ci ha voluto risparmiare la logorroicità dei personaggi e la dilungaggine di molte scene, altrimenti non sarebbe lui.

 

Sta incassando tanto e incasserà, il pubblico ne parlerà per un bel po’, ma non è il miglior film di Quentin Tarantino: se “Pulp fiction” è nella memoria collettiva e “Jackie Brown” è una vera storia da raccontare, “Bastardi senza gloria” è certamente migliore di questo. Per un po’ di tempo i produttori di liquidi rossi per il cinema staranno fermi.

 

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