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Django Unchained

Regia di Quentin Tarantino vedi scheda film

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La recensione su Django Unchained

di Kurtisonic
6 stelle

Mi vengono in mente due immagini dopo aver visto Django, nella prima il”bastardo” B.Pitt mentre dice che quello che ha appena fatto è il suo capolavoro, nella seconda il Jules/Jackson  di Pulp fiction mentre ammonisce i delinquentelli”..avevi finito, tutto qui? Sai, non mi hai convinto..” A differenza degli altri film di Tarantino, Django non evoca un’immagine memorabile, puramente esplicativa. Il film denota più di un cambiamento di registro di stile e di contenuto, collocando Django in un’ottica a sé stante. Abituati a percorrere tumultuose strutture narrative senza curare troppo o per niente il contenuto morale, Tarantino orienta decisamente la percezione dello spettatore sulla tematica guida, in questo caso la schiavitù, la riconquista della libertà, il conseguente giudizio morale condizionato dalle scontate opinioni al riguardo influenza e legittima l’azione del duo Django e Shultz affievolendo notevolmente quelle caratteristiche nichiliste e antisistema proprie dei suoi personaggi. Mai come questa volta il regista ha diviso così chiaramente lo scenario morale fra il bene e il male, l’equilibrio interno dello spettatore non risulta neanche per un istante minato da qualche piccolo dubbio, fortificato da uno scenario ambientale classico e strutturato fedelmente al genere di riferimento del quale Django è un tributo. Ma smontare e ricreare linguaggi di genere su binari completamente diversi, iperreali ed inconsueti, non era una delle qualità migliori di Tarantino? In Django la provocazione è costituita dalla semplice rivalutazione di un genere che non ha più sussulti, la vendetta del regista è finalizzata all’inserimento potente quanto si vuole di una traccia significativa dal forte contenuto morale, anche senza la quale i film del nostro S.Leone, per esempio risultano molto più godibili e coinvolgenti. Sembra più una rivalsa magari anche giusta, ma poco efficace, verso quella colpevole omessa attenzione della critica dei tempi andati verso quei generi popolari e di successo così distanti dal cinema d'autore. Il fatto è che oggi siamo in presenza di autori che non hanno timore a contaminarsi con linguaggi stilistici inconsueti, magari in piccola parte grazie anche a Tarantino, e la portata “rivoluzionaria” di Django non trasmette qualcosa di imprevedibilmente nuovo. Il racconto si attorciglia su di sé, sullo schematismo che lo confina nel rispettare regole di un genere dallo spirito anarcoide che invece poteva trarre proprio dall’improvvisazione della scrittura e dei suoi interpreti  gran parte della sua forza. Non mancano citazioni brillanti o una colonna sonora appropriata ( il rap si sostituisce alla surf music), qualche sussulto di quel respiro d’amore totale per il cinema che Quentin non negherà mai. Ciò di cui si sente realmente la mancanza è l’eccesso, violento, verbale, di comportamento, insomma di quegli elementi che mixati come il regista sa fare, creano quella miscela esplosiva che ingigantisce le peculiarità dei suoi personaggi, generando icone stilizzate, codificate e vuote, senza il bisogno che siano credibili. Ne soffre il rito collettivo, quel divertimento contagioso e schizofrenico al quale Tarantino mira, il divertimento che esalta, che collima con visioni forti  di una realtà tanto inesistente da trascinare successivamente ad una revisione di quello che si mostra in superficie.  In Django non avviene, è tutto spiegabile e organico alla storia, immancabile lo showdown per fortuna, ma qualche lungaggine di troppo stavolta sfida lo sbadiglio.  

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Ultimi commenti

  1. adri76
    di adri76

    Capisco il tuo discorso e sono d'accordo, ma per quanto riguarda il paragone tra i vari eroi di Tarantino, sono rimasta più colpita da Django che non dal bastardo Brad Pitt, che invece ho trovato piuttosto insipido. Quel "Cinque ore a cavallo per mostrarci il campionario, e vediamolo. Perché per ora, se quello è un esempio, non sono colpito", sfida del finto negriero a Di Caprio (fantastico il Di Caprio!) l'ho trovato spassosissimo e memorabile. E comunque trovo che il tuo discorso sulla divisione tra buoni e cattivi si potesse applicare anche a "Bastardi senza gloria", che invece più di tanto non mi è piaciuto, anzi a tratti mi ha innervosito.
    Per quanto riguarda il Jules di Samuel Lee Jackson, invece, per me quello è irraggiungibile da tutti!

  2. Kurtisonic
    di Kurtisonic

    Premesso che un caposaldo del cinema di Tarantino sia quello di divertire il pubblico, la rilettura dei suoi film mette in evidenza alcuni elementi costitutivi che sono la base del suo linguaggio. La rottura e il rivoluzionamento schematico delle regole, come il miscelare generi o il depistaggio narrativo diventano parte integrante di quel mosaico visivo che ci mostra, e nel suo percorso di rivisitazione totale il confronto con il western, cioè il genere per eccellenza, le aspettative erano altissime. Basterebbe mettere a confronto l'originale Django (1966) di Corbucci per constatare quanto Tarantino si sia allontanato dalla visione demitizzante dei personaggi, e da quanto Corbucci riesca a minare i codici del western. Tarantino invece si è limitato a scambiare i personaggi, dall'eroe pistolero allo schiavo che si ribella, ma non ha portato variazioni epocali alla Storia vuoi con segni ironici o originali. Per esempio in Bastardi Senza Gloria film che ritengo lungamente superiore a Django, questi contenuti di riproposizione trovo che siano molto più efficaci e creino una rilettura assai più interessante. Per me Django rimane un film minore del genio QT. Grazie per il passaggio.

  3. adri76
    di adri76

    Sì sicuramente un film minore, l'ho trovato divertente da guardare ma un film minore

  4. Osservatoreroman0
    di Osservatoreroman0

    Stringi stringi, di Tarantino resta proprio poco. Jackie Brown, il suo pezzo migliore, non l'ha scritto lui e così per fortuna per una volta ha fatto il regista.

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