Regia di Satoshi Kon vedi scheda film
Dolceamara commedia diretta in modo magistrale, con personaggi che ne delineano l'intera struttura narrativa.
Tokyo godfathers mescola situazioni allegre, a tratti comiche a circostanze drammatiche, caricando sempre entrambe di riflessioni e aspre critiche sulla società odierna giapponese e non solo.
La trama è geniale nella sua semplicità: tre barboni, tra cui una raggazzina scappata di casa e un transessuale, trovano nella spazzatura una neonata. Sarà loro compito, per conto di Dio, riportare la bambina dai suoi genitori. La storia è ripresa ampiamente dal film In nome di Dio di John Ford, adattamento cinematografico del 1948 del romanzo da cui è tratto il film, ovvero Three godfathers di Peter B. Kyne del 1913. Gli argomenti che tratta l'opera sono lampanti, pungenti ed alcuni affrontati con una giusta dose di ironia: le condizioni di diasagio sociale e povertà in cui sono ridotti i senza tetto di qualunque nazione, il difficile rapporto familiare e introspettivo tipico dell'adolescenza che si prolunga nell'età adulta e il rispetto di sè come virtù utile all'esistenza e alla felicità individuale e collettiva.
Questa intelligente commedia vive grazie ai suoi personaggi, che riescono, tramite la loro assurda e ed eccellente caratterizzazione (Hana, il transessuale, è uno dei personaggi meglio descritti della storia del cinema d'animazione recente, ovvero dopo il 2000), ad incorporare e rappresentare le tematiche del film con occhi trasparenti e schietti verso la situazione che li accomuna, ovvero quella di essere dei reietti, degli sfollati che sono arrivati ad essere ciò che sono per vi della loro vigliaccheria e mancanza di responsabilità rispetto a se stessi e alle persone a loro più vicine. Proprio per questo, la notte di Natale, saranno scelti da Dio come padrini della sventurata bambina, che apparirà inizialmente ad ognuno come qualcosa di diversamente piacevole e che alla fine farà loro comprendere gli errori commessi in passato e gli servirà come mezzo per il cammino verso la redenzione.
In questo lungometraggio la regia di Kon è pulitissima e, insieme allo straordinario montaggio di uno dei più grandi montatori della storia degli anime, Takeshi Seyama (Principessa mononoke, Steamboy, Paprika), scaturisce dalle immagini un ritmo incalzante, che fa scivolare in un attimo un'ora e mezza di visione. Memorabili sono la sequenza del matrimonio e quella del pestaggio di Gin. Tecnicamente il film è curatissimo e la Tokyo riprodotta dai professionisti della Madhouse è di un realismo scrupoloso, ottimizzato dalla buona colonna sonora di Keiichi Suzuki.
Quella di Satoshi Kon è stata sicuramente la perdita - relativamente recente - che più di tutte ha colpito l'intera arte - prima dell'industria - dell'animazione in Giappone. Il suo immenso talento come regista, designer e sceneggiatore aveva la preziosa caratteristica di sapersi adattare ad ogni genere cinematografico, ed in soli quattro lungometraggi lo ha dimostrato al mondo intero. Dai primi lavori nel team di Mamoru Oshii al ruolo di character design in diversi lavori di Katsuhiro Otomo - da Roujin-Z al primo mediometraggio [Magnetic Rose] di Memories fino ad arrivare a Robot Carnival - Kon si è sempre fatto riconoscere grazie allo stile pulito e piuttosto rigido, mai troppo "cartoonesco" e adatto soprattutto ad opere con target Seinen [adulto in giapponese] che lo ha contraddistinto.
Un grande nome spentosi troppo precocemente!
Film inserito nei capolavori della storia del cinema animato. (come capo d'opera)
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