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A Complete Unknown

Regia di James Mangold vedi scheda film

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La recensione su A Complete Unknown

di supadany
8 stelle

Negli ultimi anni, i biopic musicali stanno spopolando. Tra grandi successi (Bohemian Rhapsody) e dolorosi flop (Better man), racconti intimi (Control) e altri che puntano molto sull’energia (Rocketman), tra titoli che si prendono la briga di coprire una vita intera e altri che invece scelgono di concentrare i loro sforzi su pochi ed esplicativi frangenti, con autori che fanno sentire la loro mano e altri che si applicano al soggetto con un preponderante spirito di servizio.

Tra tutte queste opzioni, per A complete unknown l’affidabile e duttile James Mangold (Le Mans ‘66, Logan – The Wolverine) sceglie quelle che garantiscono un taglio che sia il più funzionale possibile, tornando a cimentarsi con quella materia musicale che, grazie a Quando l’amore brucia l’anima – Walk the line, gli aveva regalato consistenti – e meritate – fortune. Considerando il soggetto bigger than life che si ritrovava tra le mani e il prevenuto scetticismo che lo accompagnava, la prova si può dire sia stata superata con un punteggio di tutto rispetto e contestualmente non facilmente preventivabile alla vigilia. Un risultato ottenuto per l’identità cinematografica – subitanea e slanciata - che è riuscito a conferire al film e per come ha saputo saggiamente ricreare un clima di collaborazione ideale, particolare che si evince a chiare lettere dalla disponibilità/qualità – tutt’altro che scontata - espressa dagli interpreti e dagli altri professionisti, che in alcuni casi hanno dovuto svolgere attività al di fuori dal loro usuale repertorio.

Nel 1961, un giovane Bob Dylan (Timothée ChalametDune, Chiamami col tuo nome) giunge a New York per fare visita in ospedale a Woody Gutrie (Scoot McNairyMonsters, Cogan), il suo personale mito musicale. Qui incontra Pete Seeger (Edward NortonFight club, La 25esima ora) che, conquistato dal suo scintillante talento, lo prende sotto la sua ala protettiva.

Dopo qualche apparizione nei club della metropoli, Bob Dylan firma un contratto con la Columbia, venendo seguito da Albert Grossman (Dan FoglerAnimali fantastici e dove trovarli), inizia una relazione con Sylvie Russo (Elle FanningThe Great, Super 8) e incontra varie personalità della scena artistica, tra le quali spiccano le precoci simpatie di Johnny Cash (Boyd HolbrookThe Predator, Logan – The Wolverine) e il rapporto turbolento con Joan Baez (Monica BarbaroFubar, UnReal).

Ci metterà poco tempo a diventare un vero e proprio fenomeno e altrettanto per spiazzare i suoi tanti fan, scontrandosi anche con quella comunità musicale che lo aveva accolto a braccia aperte.

 

 

Timothée Chalamet, Elle Fanning

A Complete Unknown (2024): Timothée Chalamet, Elle Fanning

 

 

Tratto dalla biografia Dylan goes electric! di Elijah Wald e sceneggiato dal regista insieme all’esperto Jay Cocks (Strange days, Gangs of New York), A complete unknown è un film trascinante e multidisciplinare, che va oltre la leggenda stessa che racconta e che sviscera evitando con cura di avventurarsi in azzardi clamorosi (insomma, tutto un altro paio di maniche rispetto al visionario Io non sono qui), facendo della musica – snocciolata a ripetizione e limitando i tagli sulle esecuzioni - un perno tanto essenziale quanto distintivo.

Con un circoscritto arco narrativo, che copre circa cinque anni dal notevole peso specifico, è una sorta di romanzo di formazione artistica, sentimentale e caratteriale che prende/accoglie lo spettatore per mano, vagabondando tra vari personaggi e altrettanti eventi che hanno segnato il periodo storico di riferimento, con un evidente/inevitabile centro di gravità ma anche spazi predisposti ad hoc per somministrare sufficiente luce a gran parte di ciò che vi orbita attorno.

Quindi, attacca bottone e gioca d’anticipo con stupefacente facilità, incanala la creatività che incorpora e ricuce rapidamente i tanti strappi che produce, progredendo con innata scioltezza, tra motivi ricorrenti e innesti estemporanei, tra ripetute esibizioni da pelle d’oca e colpi di fulmine (come le lacrime di una deliziosa Elle Fanning, mai così convincente/espressiva negli ultimi anni).

Un meccanismo filmico box to box appassionato e affollato, nutrito e guizzante, contraddistinto da un abbondante e produttivo buon senso, valorizzato da un montaggio - esemplare per il ritmo che impartisce - eseguito da Andrew Buckland (Le Mans ‘66, La ragazza del treno) e da Scott Morris (Don’t look up, Ad Astra), da bere/guardare/ascoltare tutto d’un fiato, per un girotondo di anime che richiede un apporto sostanziale/primario agli interpreti.

In questa categoria, Timothéè Chalamet è semplicemente sorprendente, annichilendo qualsiasi – più che legittima, in sede di progetto – perplessità, al netto di occasionali espressioni che strizzano l’occhio alle nuove generazioni, Edward Norton regala una prova rassicurante e di straordinaria misura, Elle Fanning conquista il cuore con ogni sguardo/parola, Dan Fogler aggiunge un pizzico di leggerezza e Monica Barbaro si erge ad autentica rivelazione, almeno quando imbraccia la chitarra e sale a piedi nudi su un palco (al contrario, nel versante privato convince di meno).

 

 

Monica Barbaro, Timothée Chalamet

A Complete Unknown (2024): Monica Barbaro, Timothée Chalamet

 

 

Tirando le somme, con A complete unknown si sale su un tappeto volante, realizzato con consapevole/competente perizia, nonché approvato da Bob Dylan in persona, in modo tale da assicurare una piena ed estesa fruizione. Senza puntare dritti alla leggenda, troppo sfuggente ed enigmatica per essere inquadrata/catturata nella sua incommensurabile pienezza, assegnando alla musica il ruolo di principale e fondamentale principio attivo, con tanto di specifici abbinamenti al contesto esterno (verbigrazia, quando la minaccia nucleare tocca il suo apice), rendendo così chiaro/indiscutibile un merito che molti competitor si limitano a sfoggiare/sfruttare.

Con un arrangiamento costantemente intonato e rotondo, una fotografia – di Phedon Papamichael (Nebraska, Il processo ai Chicago 7) – attenta/precisa, un’apprezzabile dedizione alla causa ed estratti da circoletto rosso (come diceva per il tennis Rino Tommasi), tra corteggiamenti e abbandoni, le controindicazioni del successo e uno sfondo florido, tratteggi accentuati e appunti poco più che accennati, semplificazioni e omissioni, insofferenze e tradimenti, performance coinvolgenti e intercapedini preziose.

Folgorante e istintivo, arioso e gemmeo.

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