Regia di Daina Oniunas-Pusic vedi scheda film
Psittanathos: la (indicibile, ineludibile) morte (non esiste più), o: “Get up, woman!”
Una volta tanto un radicale seme greco (come in questo caso) o latino non porta a una diramante ramificazione di concetti eterogenei anche antiteci fra loro: “psittakós” (ψιττακóς) significa “pappagallo”, punto (o, al massimo, può generare un paio di derivate quando colonie di Chlamydophila psittaci prolificano e proliferano insorgendo casi o epi/pandemie di “psittacosi” - poveri uccelletti spelacchiati - o un nuovo trapper - poniamo: Clamidia, classe 2014 da Marcallo con Casone - decide di scoprire il magico mondo delle barre autotunnate plagiando l’opera omnia di un simil-Gio Evan - e qui un bel “Dio Tacchino!” ci sta tutto - però cresciuto facendo le penne con l’antenato del T-Max fra la Tangenziale Ovest e il GratoSoglio quando la fonte principale di reddito alle IACP/ALER by Ligresti era l’eroina), ed ecco che Daina O.(niunas) Pusic (che non è - ancòra - Julia Ducournau né Rose Glass, ma se la cava alla grande), scrivendo e dirigendo “Tuesday”, il suo esordio nel lungometraggio dopo una manciata di corti licenziati in un decennio di carriera, ne fa una crasi - surfando sulla cresta dell’onda che si frange contro gli scogli che cingono l’orlo del baratro - con nientepopodimenoche la Morte sotto forma di una via di mezzo tra un’Ara sp. e un’Amazona sp. (digitale, ma con voluti effetti di simil-burattino animatronico): e Psit-Thánatos sia, allora.
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Forse, se non il ruolo, la prestazione migliore nella carriera di Julia Louis-Dreyfus (Saturday Night Live, Seinfeld, Watching Ellie, the New Adventures of Old Christine, Veep, the Falcon and the Winter Soldier, Black Panther: Wakanda Forever), ma il mio giudizio è alquanto inattendibile in quanto, a parte i due piccoli ruoli in “Hannah and Her Sisters” e “Deconstructing Harry” (e il cameo post-credits in “Black Widow”), conosco poco del suo lavoro. Al suo fianco regge alla pari il gioco (il film "gioca" con un dolore annichilente, questo è insindacabile, ma il punto sta nel fatto che lo fa con buone intenzioni e soprattutto con una "forma e sostanza" che rendono l'operazione accettabile, d'istinto, moralmente, ma pure, meditando, eticamente) Lola Petticrew [già incisiva in “Shadows”, e poi: “BloodLands”, “Wolf” (in cui interpreta… Parrot) e “She Said”], che venticinquenne ai tempi delle riprese mette in scena una credibile quindicenne, mentre completano il cast Arinzé Kene (la voce della Morte) e Leah Harvey (l’infermiera). Ottima tecnarte: fotografia di Alexis Zabé (“Stellet Licht / Luz Silenciosa”, “Lake Tahoe”, “Post Tenebras Lux”, “the Florida Project”, “Tyrel”), montaggio di Arttu Salmi e musiche di Anna Meredith (con Ice Cube che ci dice che tutto sommato questa è stata una buona giornata). Co-produzione/distribuzione britannico-statunitense (BBC/BFI & A24).
Postille collaterali a corollario...
L’indicibile ineludibile; poi: “Get up, woman!”
* * * ¾ - 7.5
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