Regia di Gil Kenan vedi scheda film
Garraka, sei tu il Mastro Condizionatore? Se sì, salvaci dal surriscaldamento globale, se no, a me la granita piace menta e melone, grazie.
Un paio d’anni fa, in occasione dell’uscita di “Ghostbusters: Afterlife”, il sequel & revival dei due archetipico-fondativi capitoli (più il primo, gozer-marshmallowso, che il secondo, statueoflibertynesco, “certo”) anni ‘80 e ovviamente al contempo per forza di cose anche un poco reboot/restart e financo “remake”, ebbi a scrivere che l’apporto di Gil Kenan (Monster House, City of Ember, Poltergeist, A Boy Called Christmas) alla sceneggiatura scritta col regista Jason Reitman, figlio di Ivan, era “forse il vero tallone d'Achille del film”: ebbene, col qui brevemente trattato secondo capitolo, “Ghostbusters: Frozen Empire”, che parte - anche da questo PdV: “per forza di cose” - già in corsa (i personaggi sono cresciuti, ma non sono nuovi) mentre si è spostato (anzi: è ritornato) a New York City, invece posso dire l’inesatto contrario, ovvero che l’apporto di Reitman al copione è “forse il vero punto di forza del film”, così come nel caso specifico il fatto che Kenan si sia traferito alla regìa: meno pretese, fattori invertiti, macchina rodata, altrettale buon risultato.
Paul Rudd (Wet Hot American Summer, Prince Avalanche, OMitB 2,3,4) e Carrie Coon (“Fargo 3”) viaggiano sì col pilota automatico, ma il loro mestiere basta e avanza, McKenna Grace (“Troop Zero”) si conferma molto brava e Finn Woolfhard (la quota “Stranger Things”) si conferma un po’ un bel/buon soprammobile, le new entry Kumail Nanjiani (“Welcome to Chippendales”, “Only Murders in the Building 4”), Patton Oswalt (“United States of Tara”) e Emily Alyn Lind, per una ragione o per l’altra, sono un valore aggiunto e Bill Murray, Dan Aykroyd, Ernie Hudson e Annie Potts più per l’occasione William Atherton (ma questa volta non Sigourney Weaver) fanno il resto, assieme all’ottima resa degli effetti speciali (fotografia di Eric Steelberg, montaggio di Nathan Orloff & Shane Reid, musiche di Dario Marianelli e scenografie di Eve Stewart: il negozio di Ray è sostanzialmente un book nook, e sì, quando iniziano ad appassionarti i book nook, se non hai 10 anni - o anche se li hai - sei vecchio dentro) para-“artigianali” (costituiti ovviamente da una massiccia dose di computer grafica che però riesce a conferire a Garraka una texture e un’animazione à la Ray Harryhausen del tutto credibili), in questo caso riconducibile al background proprio di Gil Kenan.
“Il mondo intero in questo momento sta sperimentando un’attività paranormale del tutto anomala.”
* * * ¼/½ - 6.75
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