Regia di Luca Guadagnino vedi scheda film
A furia di battere le palle in campo me le hanno rotte...
Per quanto mi riguarda Luca Guadagnino è un bravo regista, la tecnica non gli manca e non si risparmia di intensificare le scene a livello emotivo e concettuale. Questo gli riesce bene soprattutto nell’horror e nel thriller e lo fa’ in maniera elegante e pulita senza mai essere volgare o kitsch.
Ma quando quei due generi non li tocca solitamente c’è da farsi il segno della croce…
CHALLENGERS con Zendaya, Josh O’Connor e Mike Faist. Nell’arco di tredici anni si intrecciano le vite di due amici molto stretti con quella di Tashi Duncan tra partite di tennis professionistico, triangoli amorosi, discussioni e rivalità. Tali rapporti si plasmeranno fino a migliorare o peggiorare i caratteri e la chimica tra i tre arrivando ad un finale sentimentalmente ambiguo.
Allora, tecnicamente Guadagnino col suo montaggio alternato tra passato e presente, tra un posto e l’altro e tra un personaggio e l’altro ha un approccio narrativo particolare, come se l’intero film fosse un’intera partita a tennis. A volte anche un intero rapporto sessuale, ma a tre. In più le dinamiche sportive e sentimentali sono molto intrecciate seppur si tenti di usare il tennis come pretesto per raccontare le storie dei protagonisti. I personaggi li ho trovati ben scritti, uno più sfaccettato e tridimensionale dell’altro, le musiche sono anche belle e le partite sono ben girate. La storia riesce, almeno nei rapporti tra i personaggi, ad intrigare e ad incollare allo schermo per capire come andrà a finire.
Però il film non mi è piaciuto. L’ho trovato molto pachidermico, retorico, barocco e kitsch. In certi punti è tremendamente rallentato in sequenze da videoclip e spot pubblicitari e rallenty anche ben girati, ma molto superflui. In altri invece ci sono dialoghi sì interessanti, alcuni dove il linguaggio non verbale è azzeccato, ma sfociano in un retorico stucchevole. In più la musica, seppur bella, è troppo presente e scassatimpani. Vi giuro, c’è un pezzo techno music che per tutto il film è ripetuto infinite volte come riempitivo di immagini ferme e interminabili e altre dinamiche. Si poteva lavorare sui silenzi, anche con un andamento lento, ma con tante cose che accadono e invece no. Oltretutto la durata diventa troppa, almeno mezz’ora di meno avrebbe giovato. Gli attori se la cavano anche, Zendaya un po’ meno con espressioni tra bulldog/statua dell’Isola di Pasqua e la bimbaminkia ammiccatrice.
Un vero peccato, per una volta dove finalmente macismo e girlpower vanno di pari passo senza demeriti e dunque annullandosi bene, il tutto viene pasticciato da un regista che trasforma la tensione e le pause in noia e discoteca.
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