Regia di John Madden vedi scheda film
Dormi sepolto in un campo di grano Non è la rosa, non è il tulipano Che ti fan veglia dall'ombra dei fossi Ma sono mille papaveri rossi…
Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori,
le cortesie, l’audaci imprese io canto…
E come Ariosto all’inizio del primo canto del Furioso, dovendo dichiarare l’argomento di tutto il poema, indica non un unico soggetto ma almeno due, la guerra e l’amore, annunciando sin dal principio la molteplicità dei personaggi e degli episodi, cosi John Madden (Il mandolino del capitano Corelli, Shakespeare in love, La mia regina, Il debito, Marigold Hotel) traendo dal romanzo di Ben Macintyre ottimamente sceneggiato da Michelle Ashford, dichiara all’ inizio i suoi intenti e trae la morale a fine film.
La storia, perché di storia vera si tratta, Operation Mincemeat, thriller storico ambientato nel ’43 tra Londra, Spagna e Sicilia, è come una casa a due piani (il romanzo non dice così ma il senso è questo): al primo c’è quella che si vede, le migliaia di morti, il sangue a fiumi e le macerie, al seminterrato quella che non si vede, la storia sotterranea, quella che si muove nei posti di comando, nel mondo delle spie e dei servizi segreti.
L’una intreccia l’altra, l’ha sempre fatto, mutatis mutandis,e dentro c’è di tutto, amore e morte, rivalità e senso dell’onore, cortesie e audaci imprese.
E soprattutto l’inganno, arma quanto mai utile quando si tratta di vincere le guerre.
Poiché la storia vera assume spesso i connotati del thriller, i passaggi non vanno rivelati trattandosi di un film. I libri di storia hanno però raccontato tutto e una buona documentazione si può attingere da quella parte.
A noi interessa vedere come un pezzo della poco nobile storia d’Europa del secolo scorso possa diventare racconto e tenere stretto per più di due ore lo spettatore che certo sa come andò a finire (gli Alleati sbarcarono in Sicilia, i Nazi furono ingannati e li aspettarono in Grecia, i morti furono pochi, e questo dovrebbe consolare tuti tranne loro, e la liberazione dal Grande Dittatore cominciò da lì).
Storia purtroppo vera, come spesso accade le grandi tragedie hanno a volte risvolti paradossali, e se non sembrasse sacrilego potremmo anche dire comici.
Per farla breve, qui si tratta di un cadavere fatto passare per ufficiale della marina inglese affogato in Spagna con una valigetta di finti piani segreti che devono arrivare a Hitler, ingannandolo ben bene sulle intenzioni di sbarco degli Alleati.
L’amico di tante imprese, il generalissimo Franco, è il giusto tramite e Hitler ci cascherà secco.
Il resto è storia nota.
Intorno a questo che può sembrare un episodio collaterale ma in realtà è uno snodo determinante, senza il quale, senza cioè il cadavere di quel povero alcoolizzato “salvato” (si fa per dire) appena in tempo dalla decomposizione, la storia d’Europa avrebbe preso ben altra piega.
La storia segreta s’intreccia così con quella che si vede, riprese d’archivio aprono e chiudono il film, mare, navi, terra, armi, spari, morti.
Ma la guerra non è solo questo. Ha delle tregue, e dopo il successo del 9 luglio nel “seminterrato” si brinda alla buona riuscita dell’inganno. L’operazione Mincemeat, insieme ad altre, tipo il lancio di volantini (“La Germania combatterà fino all'ultimo italiano” o “Ringraziate Mussolini”) sulla testa del popolo italiano, sempre ottuso quando si tratta di guardare in faccia i propri governanti, impedì la catastrofe finale dell’Europa.
Il fantomatico maggiore William Martin, spedito già annegato ad annegare sulle coste spagnole, aveva fatto il suo dovere, il gruppo operativo, fra cui campeggia Ewen Montagu, un massiccio Colin Firth in stato di grazia, riprenderà dopo la guerra la sua strada, le didascalie finali c’informano su vite e destini mortali.
Merito del romanzo, e del film che ne consegue, è aver tolto dalle nebbie, che inevitabilmente li avvolgono, donne e uomini che fanno la storia, e averne ricostruito un’identità a tutto tondo, credibile, non fiction, quello che accade loro può accadere a tutti, manovre sottobanco per ottenere qualcosa, un amore che nasce ma non può e non deve fiorire, iattanza di capetti e intelligenza del vero capo degno di questo nome (nella fattispecie Churchill), insomma il repertorio dell’umana miseria e nobiltà che neppure la guerra riesce a modificare, da che mondo è mondo.
Tranne ai morti (9003 morti, 40655 dispersi nello sbarco in Sicilia), a quelli non interessa certo essere chiamati eroi (anche se per caso, come al nostro povero cadavere di nome Robin) e avere una bella lapide in non so quale angolo del mondo.
A luglio fioriscono i papaveri, quelli siciliani sono i più belli:
Dormi sepolto in un campo di grano
Non è la rosa, non è il tulipano
Che ti fan veglia dall'ombra dei fossi
Ma sono mille papaveri rossi…
www.paoladigiuseppe.it
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