Regia di Robert Eggers vedi scheda film
Conferme e scostamenti. Attualmente, basta poco per farsi un nome ed essere accolto come un nuovo profeta, da venerare a spada tratta, da difendere senza alcuna titubanza quando qualcuno alza il dito per suggerire una critica. Al contempo, al primo soffio di vento contrario partono le critiche, si viene accantonati, talvolta addirittura rinnegati ipso facto, subendo un trattamento che non si augurerebbe nemmeno al peggior nemico.
Anche per questa ragione, la tendenza maggiormente in voga spinge gli autori a rimanere reclusi nel recinto da loro stessi fabbricato, senza azzardare modifiche sostanziali al proprio operato.
Fortunatamente, Robert Eggers non ha paura delle sfide, né tantomeno di aprire eventuali controversie. Di fatto, con The northman riesce nell’arduo compito di ampliare il raggio d’azione senza svendere l’anima al diavolo, realizzando un(o pseudo) fantasy che non ha sostanzialmente nulla da spartire con quanto usualmente invade il mercato.
Anno 985. Di ritorno da una campagna di guerra, il re Aurvandil War-Raven (Ethan Hawke – Gattaca, Prima dell’alba) viene ucciso dal fratello Fjolnir (Claes Bang – The Square), che conquista il trono costringendo la regina Gudrun (Nicole Kidman – The Others, Eyes wide shut) a restare al suo fianco, mentre il giovane erede Amleth (Oscar Novak – The Batman) è condannato a morte ma riesce a fuggire.
Una volta diventato adulto, Amleth (Alexander Skarsgard – True blood, Big little lies) si è trasformato in un guerriero valoroso, che non ha alcuna esitazione quando gli si presenta l’occasione di farsi passare per schiavo, con il fine di prestare servizio proprio presso i possedimenti di Fjolnir.
In questo modo, comincerà a prendere forma il suo piano vendicativo, coltivato con strenua pazienza, un passo alla volta, potendo contare sul supporto di Olga (Anya Taylor-Joy – La regina degli scacchi, Split), un’indovina con la quale intreccia una relazione.
Il sangue accompagnerà il corso degli eventi, fino all’inevitabile resa dei conti finale tra i due contendenti.
Dopo due pellicole (The Witch, The lighthouse) che hanno mandato in solluchero i cinefili di ogni latitudine, Robert Eggers individua e alimenta un equilibrio parzialmente difforme tra forma e contenuto, con una guisa calcificata su abbinamenti estremi e perturbanti.
Per quanto riguarda il racconto, inteso come procedimento di base, The northman è calato in una situazione piuttosto allineata alle consuetudini, con uno scenario recondito, che fa leva sugli elementi naturali, deputato a ospitare dinamiche dominate dal tradimento e dalla vendetta, con legami di sangue scolpiti nella carne viva, la sopraffazione come unica possibilità per saziare istanze impellenti, ossessioni che spronano a compiere azioni che annientano ogni principio di razionalità e risentimenti placabili esclusivamente ricorrendo alla forza. D’altronde, la Storia si scrive con il sangue e si ripete assiduamente seguendo prassi predeterminate, con pozzi avvelenati e insanabili, anime infervorate dall’odio e perse nei loro tormenti, stipulando una prossemica lapalissiana tra le parti in causa.
Passando al manico, ossia al modello illustrativo, il territorio è forgiato con ferrea intransigenza in ogni direttiva, senza perdere tempo inutile nella contabilità, con singoli stage caratterizzati da regole d’ingaggio determinate alla fonte e proiezioni oniriche, dei distacchi vertiginosi dalla percezione reale che conducono al cospetto del fuoco degli dei.
Un’aggregazione di fattori estetici e pratici che intercetta un punto di rugiada prettamente cinefilo, dove il come (il metodo imposto dal regista) sopravanza nettamente il cosa (quello che effettivamente accade), mollando ripetutamente gli ormeggi per sconfinare nei meandri più oscuri della natura umana, tra rituali ancestrali e profezie impossibili da insabbiare, il sudore scaturito dalla fatica, le lacrime generate dal dolore e il sangue che sgorga da ferite impietose, il metallo delle lame, l’acqua che segna l’habitat e il fuoco che arde impetuoso.
Infine, le interpretazioni vantano un notevole grado di immedesimazione, facendo affiorare l’impegno richiesto da riprese effettuate in condizioni proibitive. Finalmente, viene sfruttata la fisicità rabbiosa di Alexander Skarsgard (insomma, niente a che vedere con il deficitario The legend of Tarzan), Claes Bang tiene testa al collega/avversario esibendo una tempra sorprendente, Anya Taylor-Joy impreziosisce almeno un paio di sequenze con la sua bellezza irreale, quindi perfettamente aderente a un contesto così ardito, mentre Nicole Kidman conferisce una rimarchevole intensità tragica.
Dunque, con The northman, Robert Eggers non disperde i crediti precedentemente accumulati. Anzi, li sfrutta per esportare la sua impronta artistica a un soggetto – sulla carta – più aperto, rimanendo a prescindere fedele alla linea, tra spirali metafisiche (vedi Valhalla rising) e una progressione che mantiene con ostinazione il coltello tra i denti, con marcature strette che non ammettono concessioni. Tra collera e afflizioni, fratture e lacerazioni, rancori e strascichi, fibrillazioni e trasfigurazioni, coerenza e impatti, eccessi e contrappunti.
Perentorio ed esigente, solenne e primordiale.
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