Regia di Navot Papushado vedi scheda film
Mentre è uso piuttosto diffuso barcamenarsi tra una posizione e l’altra cercando di non scontentare nessuno, c’è ancora una sparuta minoranza con ben chiaro in testa che direzione imbeccare, dove andare a sferrare il colpo decisivo e quali modalità adottare per uncinare il proprio obiettivo.
Su un film qual è Gunpowder milkshake si possono esprimere i giudizi più disparati senza correre il rischio di essere assediati dai sensi di colpa, ma non si può proprio dire che non prenda una posizione. Di fatto, stabilisce confini netti, sceglie da che parte stare e agisce di conseguenza, perseguendo le interpellanze femministe in un universo cinematografico che, pur essendo dominato dagli uomini, le ha già viste più volte protagoniste (dalla vendetta di Kill Bill fino a sfondare tra i supereroi con Wonder woman).
Sam (Karen Gillan – Guardiani della galassia) è un sicario infallibile che lavora per un’organizzazione senza scrupoli chiamata Impresa, seguendo alla lettera gli ordini impartitigli da Nathan (Paul Giamatti – Sideways. In viaggio con Jack).
Di punto in bianco, Sam si ritrova sola contro tutti quando uccide incautamente la persona sbagliata mandando su tutte le furie il temibile Jim McAlester (Ralph Ineson – The witch) e poi, per salvare la piccola Emily (Chloe Coleman – My spy), fallisce una missione considerata fondamentale.
Inseguita da decine di uomini con il preciso incarico di eliminarla, riceverà un aiuto cruciale da tre donne – Anna (Angela Bassett – Strange days), Florence (Michelle Yeoh – La tigre e il dragone) e Madeleine (Carla Gugino - Spy kids) – tutto fuorché arrendevoli, senza dimenticare che, dopo averla abbandonata parecchi anni prima, tornerà a farsi viva sua madre Scarlet (Lena Headey – Il trono di spade).
A cominciare dai cromatismi accentuati, Gunpowder milkshake è una pellicola dall’allestimento inequivocabile e ampolloso, redatto senza temere affatto di schierarsi e di scandire decisioni dirimenti, così come il suo regista israeliano Navot Papushado aveva già fatto intendere nel sorprendente Big bad wolves.
Dunque, rompe precocemente gli indugi facendo volare gli stracci a suon di chiassose randellate e mette in campo un temperamento agguerrito senza andare troppo per il sottile, dragando una landa dominata dalla violenza ma non priva di istinto protettivo, che vede la costituzione di due schieramenti in opposizione, in pratica contrapponendo tra loro uomini e donne.
Inoltre, attinge alla fonte del cinema di genere, con preferenze radicate nell’applicazione dai fumetti (per non andare troppo lontano, vedi ad esempio Polar e Guns akimbo), sfoderando un armamentario action esposto al gran completo, sprazzi di thriller in prevalenza rivolto alla vendetta, pillole di humour nero e addirittura tracce residuali di western.
Di conseguenza, l’imbottitura è quantitativamente considerevole, eccentrica e ludica, al contrario la traiettoria della storyline è decisamente consueta, programmatica e quindi largamente anticipabile, con una successione di eventi connessi attraverso agganci ridotti all’osso, al minimo indispensabile.
Un’impaginazione bizzosa, marchiata a ferro e fuoco dalle presenze femminili. Mentre Karen Gillan figura come elemento di assoluto rilievo essendo perennemente sotto i riflettori in versione macchina da guerra, Angela Bassett, Michelle Yeoh, Carla Gugino e Lena Headey collaborano in maniera fruttuosa, dando vita a un team affiatato che accentua la trasmissione della solidarietà femminile.
Computando i vari addendi che lo definiscono, Gunpowder milkshake è destinato a creare divisioni non troppo dissimili da quelle che ne siglano lo svolgimento. Verticalizza spesso e volentieri, oscilla tra onde alte e il mare calmo, distribuisce sparatorie pirotecniche, che assomigliano a balletti in virtù di musiche intonate alle contingenze e quindi armonizzanti, ed è talora situato in area saturazione, sostanzialmente cotto al sangue, tra ferite interiori ed esteriori, con un body count di un certo livello.
Esuberante e scomposto.
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