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American Beauty

Regia di Sam Mendes vedi scheda film

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La recensione su American Beauty

di Antisistema
5 stelle

Lester è un uomo di poco più di 40 anni, una vita borghese, una bella casa ed una famigliola perfetta all'apparenza, in realtà è un morto che cammina pur essendo vivo; con la moglie Carolyne (Annette Benning) non ha un rapporto sessuale da lungo tempo, la figlia Jane (Thora Brich) detesta l'ipocrisia di entrambi i suoi genitori e porta avanti un lavoro di scrittore per una rivista che non lo appaga per nulla. Una vita piena di responsabilità senza ricevere alcun beneficio in cambio, l'esistenza di Lester sembra destinata a spegnersi mestamente anno dopo anno con in una routine sempre più monotona, per poi giungere all'età di 70 anni, guardarsi allo specchio e comprendere di aver buttato tutta la propria esistenza dietro l'idea di un ideale americano mai esistito; c'è bisogno di una scossa netta quindi, solo che Sam Mendes e la sua regia di chiara derivazione teatrale, non è per niente adatta ad una storia del genere, data la sua evidente affinità per lo status quo e a dire il vero, non viene neanche aiutato dalla maldestra sceneggiatura di Alan Ball, scehamtica, ruffiana e semplicistica nell'affrontare il bisogno di vitalità in un contesto sociale vissuto come una prigione a cui tutti si sono mestamente conformati. La regia di Mendes non indugia nei primi piani, ma ama la staticità e il campo medio, in cui il cineasta mostra le sue doti passate di regista teatrale, con una messa in scena pretenziosa nella sua rigorosità limpida, poggiando molto su una scenografia multicolore dai banali simbolismi (le rose rosse sempre al centro del tavolo) e dalla fotografia "fascista" di Conrad L. Hall, con quei colori levigati e quella insostenibili "laccatura alto-borghese", che leviga ogni elemento in scena ricoprendolo di una sorta di "patina vetrata", in cui lo sporco ed il torbido sembra bandito del tutto, anche quando lo richiederebbe la necessità dei luoghi (ma prima ancora di una satira nera anti-borghese come dichiarato da chi ha lavorato al film), come la piastra degli hamburger del fast food, oppure nel finale ambientato nel salone di casa Burnham, con quella pioggia che leviga perfettamente la finistra lì presente, invece di sporcarla o lasciare segni della propria presenza, accentuando quindi la sensazione di un'opera fasulla e costruita, che avrebbe necessitato di ben altro comparto tecnico per portare veramente alla luce il torbido nascosto, dietro delle esistenze false, vuote ed ipocrite, lucentemente messe in scena; forse sarebbe stato opportuno trarre spunto da un Re-animator di Stuart Gordon (1985), di cui gli strafatti Ricky (Wes Bentley), ragazzo vicino di casa dei protagonisti e Lester, discutono divertiti a proposito della testa mozzata che cerca di fare sesso con la pupa presente nel suddetto film, in cui più che la scena in sè, a disgustare ed accentuare la sensazione di disturbo, era l'estetica sporca adottata da Stuart Gordon, forse in realtà Mendes e Alan Ball, avrebbero dovuto vedere anche quel bel film Society - The Horror di Brian Yuzna (1989), quest'ultimo produttore di Re-animator, che nella sua satira nerissima e orrorifica anti-borghese, non risparmia di mostrare orifizi, culi e nudità, che disturbano a vedersi, ma danno bene l'idea dello squallore presente nella società americana, mentre Mendes non ha neanche il coraggio di mostrare il cetriolo di Kevin Spacey e l'atto finale della masturbazione, in modo da far capire che siamo fatti tutti della stessa sostenza. 

 

 

Pervaso da una messa in scena eccessivamente artefatta, troppo perfetta e costruita, non possono mancano le profonde "metafore" come quella del sacchetto di plastica scosso dal vento (simbolo della vitalità borghese scossa da forze esterne che dura il momento di un soffio di vento) inquadrato da Ricky e mostrato poi a Jane, risultano di una banalità sconcertante, volendosi applicare molto semplicisticamente alla persona di Lester, che vedendo uno spettacolo di danza della propria figlia durante l'intervallo della partita di basket scolastica, si focalizza su Angela (Mena Suvari), la migliore amica di Jane, la quale con le sue movenze ed i suoi capelli biondo lo strega e ci fa delle fantasie voyeristica-oniriche sopra, durante le quali Sam Mendes abbonda si sequenze kitsch con quei ridicoli petali rosa che fuoriescono dal corpo della ragazza per poi ricoprirla. 

Il problema è che la svolta risulta affrontata in modo semplicistico e con molto pressappochismo, infatti Lester lascia il suo lavoro pieno di responsabilità a favore di un tranquillo impiego di dipedente in un fast food, senza che questo risenta sul suo tenore di vita, inoltre comincia ad essere sfacciato e diretto nelle risposte verso sua moglie e sua figlia, che essendo (guarda un pò!) totalmente in difetto non hanno argomentazioni per replicare, decide  inoltre di mettere su massa muscolare e fumare erba, come se avesse tanto tempo libero a disposizione e non dovesse lavorare; in pratica Lester prende su di sè tutti i vantaggi della propria condizione sociale, senza pagare alcun dazio per le proprie scelte di vita; intelligente lui e fessi gli altri, oppure Mendes e Ball affrontano la faccenda con il pennarello grosso nel tratteggio, fregandosene di dare un risvolto sociale ed umano veramente approfondito alla questione, se Kevin Spacey con la sua enorme classe di attore regge su di sè il peso dell'opera, gli altri attori non riescono mai a superare i tratti iper-caricaturali con cui sono scritti, cominciando da un'esagitata e costantemente sopra le righe Annette Benning (che quando nel film scopa, le gambe sono quelle di una controfigura come da lei preteso...c'è una cosa vera in sta bufala di film?) e dalla recitazione totalmente artefatta dei ragazzi, specialmente quelle di Brich e Bentley, mai tangibili nel loro essere alterntivi, ma risultano alla fine solo dei non-personaggi.

Moralista nell'affrontare gli argomenti del sesso, dove se ci si fa caso chiunque lo pratichi (Carolyne) o tenti di praticarlo (Angela) è uno stronzo, quindi per Mendes il rapporto sessuale non può mai essere fonte di felicità, così come pure lo sguardo reazionario contro le droghe dove chi le usa e smercia è uno psipocatico; due elementi decisamente a sfavore di un film che si propugna come satira nera contro il ceto medio quando il ritratto che esce di questa borghesia finisce con l'essere edoculturante, dove anche le scene più forti vengono censurate o fermate un attimo prima con esiti piuttoso infelici sotto l'aspetto narrativo, suscitando tra l'altro una certa ilarità (no; neanche se Angela mi porta tutte le cartelle cliniche credo a quel che dice a Lester nel finale); ed infine risvolti banali e anche omofobi probabilmente nella descrizione del colonnello Frank Fittis (Chris Cooper), vicino di casa dei protagonisti e padre di Ricky, dalla mentalità fortemente conservatrice e militarista, con palesi idee naziste (il servizio di porcellana), che praticamente ha ridotto a fredda apatia la propria moglie e pesta il figlio ogni volta che non gli si conforma, ma la sua violenza deriva dall'essere un omosessuale represso e non in realtà un nazista di merda, quindi tale scelta non solo ha risvolti palesemente omofobi (l'uomo è violento perchè è gay), ma finisce con l'affossare gli intenti anti-borghesi della sceneggiatura, che alla fine si rifugia in una edoculturazione del ritratto di questo ceto medio americano, in fondo non così marcio come sembra, tanto che lo stesso Lester alla fine nella sua ribellione non vuole mai sottrarsi alle regole sottostanti tali condizione sociale, ma come detto prima solo sfruttare i vantaggi senza pagare alcun pegno. 

Un filmetto costruito per scandalizzare (fallendo), quando in realtà è totalmente innocuo, d'altronde se questi fossero i veri problemi del ceto medio allora sarebbe tutto facilmente risolvibile in due secondi ed infatti incontrò i gusti dell'academy che gli diede oscar a volontà (tra cui miglior film, attore protagonsita, sceneggiatura e regia) a scapito di capolavori veri come Insider di Michael Mann (1999) e venne baciato dal grandioso successo ai botteghini, da parte del pubblico medio, pensando di elevarsi con qualcosa di più sofisticato, quando  in realtà stava vedendo solo la solita sbobba in confezione extra-lusso. 

 

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