Regia di Matt Reeves vedi scheda film
Comparazioni. All’interno di un contesto macro che vede nella reiterazione una formula generalizzata, ricercata con assiduità, i paragoni con chi è arrivato prima a dama sono all’ordine del giorno, assumendo – volenti o nolenti - un tratto di sostanziale importanza. Alcuni errori non sono considerati ammissibili, tanto da scatenare feroci campagne di demonizzazione, ed è contestualmente indispensabile non risultare anonimi, individuando una specifica identità, che aggiorni i canoni consolidati formulando ulteriori sfumature che arricchiscano il soggetto originario.
Con quest’ennesima rivisitazione di Batman, Matt Reeves parte da zero e stabilisce una dimensione autonoma, smarcandosi nettamente da tutti i suoi più o meno illustri predecessori, dal gotico di Tim Burton (dall’apripista Batman alla massima espressione in materia del meraviglioso - e clamorosamente sottostimato al botteghino – Batman returns), dalle tinte sovraeccitate impresse da Joel Schumacher (l’abbondante Batman forever e lo sciagurato Batman & Robin), perfino dalla più recente trilogia di enorme successo diretta da Christopher Nolan (Batman begins, Il cavaliere oscuro, Il cavaliere oscuro – Il ritorno), con la quale ha comunque qualche punto di generico contatto nell’impostazione.
Quando un assassino (Paul Dano – Il petroliere, Prisoners) semina il panico uccidendo personalità di prestigio di Gotham, Batman (Robert Pattinson – Tenet, Good time) collabora strettamente con il commissario James Gordon (Jeffrey Wright – Westworld, Shaft) per fermarne la spregiudicata azione.
In base ad alcuni indizi, comincia a seguire da vicino Oswald Cobblepot (Colin Farrell – The lobster, In Bruges – La coscienza dell’assassino) e il malavitoso Carmine Falcone (John Turturro – Barton Fink, The night of), finendo per imbattersi in Selina Kyle (Zoë Kravitz – Alta fedeltà, Kimi), che si schiererà al suo fianco, seppure con dei distinguo nel modo di operare.
Mentre il cerchio intorno al ricercato si stringe, continuano ad aumentare i morti, Bruce Wayne scopre particolari sconvolgenti sulla sua famiglia e l’intera popolazione di Gotham sta per correre un pericolo di portata inimmaginabile.
In The Batman, Matt Reeves conferma l’impronta stilistica, fondata su un’esecuzione adulta, coerente e perseverante, che gli aveva già procurato tante fortune con Apes revolution e The war – Il pianeta delle scimmie.
Dunque, prende le distanze da colleghi e competitor, riscrive e plasma a suo piacimento un immaginario arcinoto, attua una ristrutturazione profonda, praticamente radicale, stipulando un patto d’integrità che non conosce la minima concessione o inflessione.
In linea con i tempi che corrono, descrive una società al collasso, minata da atteggiamenti deplorevoli e vizi capitali, in primis da una dilagante corruzione, posti su una bilancia che dall’altra parte ha come contrappesi complessi di colpa e anime sfigurate, predisponendo un terreno di caccia che riempie tutte le caselle in maniera inconfutabile.
Fondamentalmente, sceglie di giocare in trasferta, di affrancarsi da tutti i modelli che decifrano le tante pellicole dedicate ai supereroi, virando con decisione sul noir, su un poliziesco fatto di indizi e indagini, motivazioni e rivalità, debitore dei film appartenenti a questi generi, su tutti Seven, a cominciare dalle atmosfere, qui sempre più cupe (vedi la combinazione tra buio notturno, pioggia incessante e un’illuminazione ridotta al minimo sindacale), rese compatte e scevre da qualsiasi sfarfallio dalla granitica fotografia dell’australiano Greig Fraser (Dune, Zero dark thirty).
Un ordine del giorno che traccia una rotta specifica, accompagnata da satelliti dall’influenza variabile (per quanto scritto pocanzi, il commissario Gordon ha una spiccata rilevanza), contrassegnata da un respiro ponderato che lascia spazio a sporadiche infiltrazioni action (c’è comunque di tutto, tra combattimenti, inseguimenti e un epilogo fragoroso) e a spioventi rabbiosi, delineando un’interfaccia nella quale ogni elemento è funzionale alla causa.
Questo aspetto riguarda anche gli interpreti, tutt’altro che dominanti, con un tormentato Robert Pattinson nei panni del protagonista e un Colin Farrell trasfigurato al punto di essere completamente irriconoscibile, mentre Jeffrey Wright ha un portamento inappuntabile, John Turturro prende rapidamente confidenza con il suo personaggio e Paul Dano si guadagna il suo momento di gloria. Invece, fa eccezione a questa convenzione Zoë Kravitz, atletica, avvenente ed esuberante, la mina vagante che ravviva la scena e rimescola più volte le carte in tavola.
Nel complesso, The Batman fornisce una prolungata – anche troppo, la durata è effettivamente smisurata, parzialmente smussabile - immersione ma necessita di mostrare il manuale con le istruzioni per l’uso, onde evitare di lasciare di stucco, considerando che il suo marchio di fabbrica si affranca da quanto il pubblico generalista è abituato a ingurgitare senza troppe pretese. Nel segno di un passo da maratoneta, una configurazione d’insieme dosata con coscienza fino a determinare ogni singolo condimento, fondamenta e direttive lapalissiane e una scocca di rara consistenza, con una preview su quello che avverrà (dato il successo riscontrato, la strada è solo agli inizi).
Integerrimo e massiccio.
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