Regia di Valdimar Jóhannsson vedi scheda film
Ecce Agnus.
Il dio proteiforme a guisa di eiaculante roccia sfinterica si staglia sulla soglia in attesa dell'alba di domani...
Non v’è tracci’alcuna dell’ombra frondosa d’Yggdrasill, il patibolare Albero Cosmico del Mondo: sin dove può perdersi lo sguardo, solo sterminati pascoli d’erba magra titillano i conici fotorecettori sensibili alle infinite sfumature di verde; e, quando il sole tende sempre più ad inabissarsi sempre meno oltre le lontane catene montuose, rinsecchiti tuberi solanacei da seminare, ché anche il cielo, oltre alla terra, è basso, qui. E qui vivono María (Noomi Rapace – oltre alla Lisbeth Salander della Millennium Trilogy: Daisy Diamond, Prometheus e Passion – in un’ennesima prov’al contempo tanto robusta e diretta quanto profonda e stratificata, oltre che co-produttrice esecutiva assieme allo spirito guida e nume tutelare Béla Tarr) e Hilmir Snær Guðnason (101 Reykjavík), una coppia di quarantenni che qualche anno addietro ha perso un figlio (prima dell'entrata in scena di un'eloquente culla/lettino in legno ripescata dal capanno/garage, già alcune sottili allusioni non troppo didascalicamente esibite: “Dicono che ora sia teoricamente possibile viaggiare nel tempo… Non che abbia fretta di vedere il mio futuro… Mi trovo bene qui nel mio presente…” - “Quindi penso che si potrà anche… tornare indietro nel tempo…”) ed ora riceve la visita di un presunto Dono provvidenziale, reso tale da un atto di violenza materno, che la legge del taglione pareggerà: non un sostituto fittizio (Alpeis, “Family Romance, LLC”, Servant), non una seconda possibilità, ma l’opportunità sui generis d’andare oltre, e reiniziare…
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Dopo essere stato coinvolto a vario titolo nel settore degli effetti speciali (e la resa di quelli creati per questa occasione è magnifica, pari ad esempio a quella di “Mandibules”, se pur diversissimi rispetto a quelli utilizzati per il film di Quentin Dupieux), facendosi le ossa e i muscoli durante la realizzazione di alcuni blockbuster hollywoodiani e dintorni, soprattutto per quanto riguarda le riprese delle seconde troupe in territorio islandese (Flags of Our Fathers, lo stesso Prometheus, e Rogue One, m’anche il Faust di Sokurov), per poi occuparsi del conterraneo “Katla”, l’esordiente nel lungometraggio Valdimar Jóhannsson scrive la sua opera prima (dopo un paio di cortometraggi), “Dýrið” (ovvero “Animale”, mentre il meno generico, non trasl-e/i-tterale e più specie-specifico titolo internazionale è “Lamb”, cioè “Agnello”), a quattro mani col connazionale Sigurjón Birgir Sigurðsson, in arte Sjón (scrittore, poeta e librettista per Bjork – da Isobel a Bachelorette, approdando al “Dancer in the Dark” di Lars von Trier, e futuro co-sceneggiatore del prossimo “the NorthMan” del Robert Eggers di “the Witch: a New England FolkTale” e “the LightHouse”), organizzando una grimmiana fiaba/favola a chiave condita da un messaggio etico/morale: ma il “compitino” contenutistico viene immediatamente e costantemente subissato da un’idea di cinema figurativo abbastanza impressionante, e le due cose insieme lavorano alla grande, sorreggendosi e rilanciandosi a vicenda.
La fotografia dell’israeliano Eli Arenson gioca con (citandone più o meno direttamente le opere) Turner/Friedrich e Dürer, passando dal romanticismo al realismo e, immersa nel paesaggio, la MdP (posizionamento dell’ARRI Alexa Mini + utilizzo di focali corte, inferiori ai 50mm, negl’interni come e soprattutto negli esterni) rende il divario tra primo piano e orizzonte talmente ampio che per più di un paio di volte durante il film quando compare un personaggio inquadrato a mezza figura mentre cammina preceduto da un carrello/dolly laterale sembra quasi che sia stato messo a (non) muoversi su di un tapis roulant perché lo sfondo immensamente vasto rimane percettibilmente immobile.
Completa il cast Björn Hlynur Haraldsson, fratello del marito/padre e cognato della moglie/madre.
Il montaggio della polacca Agnieszka Glinska (appartenente ad uno dei paesi produttori assieme alla Svezia e oltre all’Islanda, mentre la A24 lo distribuisce in U.S.A. e la Wanted in Italia) è in totale supporto e mimesi con il ritmo compositivo del regista. Le ottime musiche sono di Þórarinn Guðnason, affiancato da altri fra i quali un certo Georg Friedrich Händel col terzo movimento (Sarabanda) della quarta suite per clavicembalo (Barry Lyndon, Redacted): coraggio, ingenuità o furbizia?
- Che cazzo è quella cosa?
- Felicità.
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Ecce Agnus (Hedulus). Ecco l'Agnello (ovino, con rimandi caprini) di Dio, Ecco il Figlio di Pan, ovvero: il Richiamo del Gregge/Armento Famigliare.
Film inserito a suo tempo in una PlayList sul Cinema IperBoreale.
“Dýrið” si porta a casa un bel * * * ¾ (7.5) d’incoraggiamento e speranza (cioè di “investimento” e “ammonimento”: t’ho dato un gran bel voto, quindi vedi di non deludermi girando ad HollyWood il remake di “Laggiù nella Giungla” o “2061: un Anno Eccezzziunale”).
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