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Dune

Regia di Denis Villeneuve vedi scheda film

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La recensione su Dune

di YellowBastard
6 stelle

Portare al cinema un racconto come Dune non è certo una cosa semplice.

E trasportare su schermo le pagine scritte da Frank Herbert divenute negli anni un classico intramontabile della fantascienza, senza contare in passato del tentativo fallito di una prima trasposizione ad opera di Alejandro Jodorowsky (come documentato dal regista Frank Pavich nel recente Jodorowsky’s Dune) e il confronto inevitabile con il film del 1984 diretto da David Lynch, una rilettura ambiziosa del primo romanzo tanto visionaria quanto bizzarra (e anche poco fedele all’opera originale), é sicuramente un compito da far tremare i polsi a chiunque.

 

Dune (2021): Recensione, trama e cast del film

 

Non però a Denis Villeneuve, regista ambizioso e spocchioso (a dir poco) specializzatosi negli ultimi tempi in opere di natura fantascientifica, dall’ottimo Arrival al più problematico Blade Runner 2049, con risultati anche altalenanti al botteghino, che si presta a questo nuovo progetto con l’intento di rendere “giustizia” (addirittura!) all’incredibile universo creato da Herbert in una saga, a partire dal 1965, lunga sei capitoli, di cui propone (solo) la prima metà del romanzo originale (in attesa di un secondo capitolo a concludere la storia) ma restandovi fedele in tutto e per tutto.

 

“Io sono un seme” dice Paul a circa metà del racconto del 1965.

Ed é un seme anche questo primo capitolo ad opera di Villeneuve, prodotto da Warner Bros. insieme a Legendary Pictures, di fatto la prima parte di un dittico (e come tale é da considerare) nel tentativo di gettare le basi fondamentali di una storia estremamente complessa, specie nella costruzione di un vero e proprio mondo, e articolata, rimanendovi estremamente fedele seppur in un modo sfrontatamente villeneuviano.  

 

Fran ???????? on Twitter: "Dune Trailer - 4k Stills… "

 

Autore anche della sceneggiatura insieme a Eric Roth (Forrest Gump, Insider, Alì, lo strano caso di Benjamin Button e A Star is a Born) e Jon Spaihts (Prometheus, Passengers, L’Ora Nera e, con la regia dello stesso Villeneuve, Prisoners), il regista canadese ci regala una resa estetica al solito grandiosa, grazie anche a una fotografia meravigliosa di Greig Fraser, caratterizzata specificamente da toni metallici e/o terrosi a secondo del caso, a scenografie dalle forme geometriche massicce, quasi minimaliste specie negli edifici o in interni spartani quanto austeri, dove passato e futuro si scontrano suggerendo un tempo al di fuori del tempo, e da una colonna sonora sontuosa (ma, al solito, anche troppo invadente) di Hans Zimmer, grande fan del romanzo che per lavorare a Dune ha rinunciato di collaborare nuovamente con Christopher Nolan a Tenet, in modo anche che il suono, ad opera del sound designer Theo Green con cui aveva già lavorato in Blade Runner 2049, contribuisca enormemente alla definizione di questo mondo in un lavoro sicuramente impressionante ma anche (spesso) eccessivo per intensità e volume, arrivando addirittura a infastidirne la visione.

 

Rebecca Ferguson

 

Una grandiosità austera e coerente con l’estetica del suo autore ma io ho avuto l’impressione che la pellicola, nonostante le sue eccellenze tecniche e a un’attenzione maniacale a costumi, design e scenografie, non riesca a reggere tutto il peso di un’ambizione sfrenata che, forte di un potere contrattuale e dell’approvazione della critica, gli permette il lusso, non concesso invece a Jodorowsky e a Lynch, di adattare la “prima parte” del romanzo di Herbert prendendosi tutto il tempo necessario (ma abusando spesso di tale libertà), rimanendovi comunque apparentemente molto fedele  ma in realtà sottolineandone (col grassetto) gli aspetti più villeneuviani.

 

Villeneuve ha inoltre il vizio di prendersi maledettamente sul serio e ammanta anche il suo Dune di una solennità esagerato e di una pesantezza quasi plumbea, di una spettacolarità certamente epica ma mai esaltante o liberatoria ma sempre carica di un pathos estremo, tra sfruttamento delle risorse naturali da parte di nazioni ricche (leggi occidentali) a scapito di quelle povere (mediorientali?) e azzardati parallelismi rivoluzionari con la realtà attuale (o anche passate) in un’ottica terzomondista (almeno apparentemente) ed ecologista già presenti però nell’opera di Herbert, nel’65 (per dire quanto era avanti il romanzo) ma con un’affezione tale che sembra cercare facili consensi nei circoli alla moda di oggi, a cui segue una durata paradossalmente eccessiva (per quanto raccontato) e a cui avrebbe giovato sicuramente qualche taglio in più.

Il tutto sintetizzato coerentemente dai BROOOMM incensanti di Hans Zimmer.

Un altro aspetto villeneuviano poi é l’attenzione del regista verso l’importanza fondamentale del linguaggio, sia come modello d’identificazione culturale di un popolo (e di intrecciare quindi relazioni con altri) che per la possibilità di alterare la percezione di ciò che ci circonda e, quindi, come chiave di apprendimento o anche di controllo (la Voce) del Mondo (o realtà) nel suo termine più ampio possibile.

 

Dune (2021) di Denis Villeneuve - Recensione | Quinlan.it

 

Il protagonista, Timothée Chalamet é forse un po' monocorde ma coerente con il personaggio del libro, quasi un moderno Amleto ancora in formazione, e se non spicca particolarmente in questa prima parte avrà modo di emergere quasi sicuramente nella seconda.

Notevole invece l’interpretazione di Rebecca Ferguson anche se temo che il suo personaggio finisca un po' in disparte nella seconda parte in favore di Zendaya, qui appena accennata ma già annunciata come voce narrante “barra” protagonista del secondo capitolo.

Completano il cast, anche piuttosto nutrito, il regale Oscar Issac, l’eroico Jason Mamoe, il (quasi) irriconoscibile Stellan Skarsgard, il possente Dave Bautista, lo scontroso Javier Bardem, il servile David Dastmalchian, la ieratica Charlotte Rampling, il burbero Josh Brolin, l’affidabile Stephen McKinley Henderson, l’innafidabile Chen Chang, il sacrificabile Babs Olusanmokun e l’indecisa Sharon Duncan Brewster.

 

Dune' Trailer Breakdown | GQ

 

Con “Questo é solo l’inizio” si conclude, dopo due ore e mezza, la prima parte del Dune di Villeneuve, una battuta che sembra più rivolto al pubblico che non avere un suo contesto vero e proprio all’interno della pellicola, ma che conferma l’impressione di una puntata pilota che, inevitabilmente, comporta, per una maggiore comprensione dell’opera, anche la visone del seguito per un reale giudizio.

Per questo mi limito a un provvisorio

 

VOTO: 6,5

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