Regia di Isao Takahata vedi scheda film
Takahata si rivela per quello che già era, ovvero il regista più Romantico dell'intero panorama dell'animazione orientale.
Opera destinata a diventare forse la meno famosa e rinomata del regista, Goshu Il Violoncellista rappresenta un passo importante per la carriera e la maturazione artistica di Isao Takahata. Il film è breve, eppure nella sua durata esprime in maniera esauriente almeno tre principi cardine della poetica del maestro: il sacrificio come unica risorsa per migliorare, l'importanza del rispetto per diventare una persona a propria volta rispettabile, l'armonia dei sentimenti e dell'empatia come mezzo indispensabile per poter donare un'emozione all'altro e, in questo modo, far sperimentare una sorta di estasi spirituale attraverso l'arte.
Il film, tratto da un breve racconto di Kenji Miyazawa, è un racconto di formazione sull'importanza dell'impegno, del sacrficio e soprattutto dell'ascolto. Ascoltare gli altri e se stessi è fondamentale per concentrarsi sulle imperfezioni. Capire che tali errori sono correggibili è di primaria importanza, dopodiché il cammino tortuoso per raggiungere il miglior risultato si percorre, nel caso del film, attraverso incontri più o meno curiosi. Gli animali-guida che accompagnano Goshu nelle sue sessioni intensive di studio altro non sono che trasposizioni immaginarie della sua volontà, della sua emotività, della fiducia che prova in se stesso. Tali incontri non incoraggiano il protagonista, bensì ne migliorano l'esecuzione in modo inconscio. Il percorso auto-formativo di Goshu è dettato dalla passione e dal talento, che gli consentirà di fare breccia nelle anime di tutti i presenti durante il concerto finale.
Takahata si rivela per quello che già era grazie alla serie animata Anna dai capelli rossi, ovvero il regista più Romantico dell'intero panorama dell'animazione orientale. In Goshu Il Violoncellista, tuttavia, tale Romanticismo - di netta radice francese e inglese - si espande dalla trama e messinscena, avvolgendo il film in ogni suo lato: la narrazione, sostenuta dalla Pastorale e le Sinfonie di Ludwig Van Beethoven, scorre andante grazie ai ritmi imposti dalle musiche; la colonna sonora è enfatizzata e resa fulcro, asse portante dell'intero lungometraggio ed è, a livello di minutaggio, maggiormente presente rispetto ai dialoghi tra i personaggi; il protagonista - specchio del regista - , che abita in un ambiente rurale, placido e sereno, sembra vivere esclusivamente per impegnarsi nel suo lavoro di musicista orchestrale, dormendo di mattina, suonando di giorno con l'orchestra e da solo a casa tutte le notti. Vi è un costante ritorno alla natura, sia in senso terreno (la campagna, dipinta nell'opera e ripresa con contemplazione, respira grazie alle musiche di Beethoven) sia in senso letterario, in quanto Goshu è l'artista, colui che può sperimentare e perciò far sperimentare il sublime, l'attimo dove l'estro esplode in brevi istanti di divina ispirazione.
Film inserito nei capolavori della storia del cinema animato. (come capo d'opera)
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