Regia di Antonio Albanese vedi scheda film
Un commerciante lombardo, incattivito dalla vita, pensa che gli immigrati siano il Male. Un giorno stordisce l’insistente ambulante africano che gravita davanti al suo negozio e decide di riportarlo a casa sua. L’uomo però lo sorprende: non solo è d’accordo con questa soluzione, ma vuole portare anche sua sorella con sé.
La principale buona notizia è che Antonio Albanese è tornato dietro la macchina da presa dopo ben 16 anni, dalla sua terza regia Il nostro matrimonio è in crisi (2002); sul piano dei contenuti, poi, questo Contromano pare investito dalle migliori intenzioni, seppure scarseggi in concretezza e rimanga sempre un po’ troppo filosofico, insomma astratto, quando si tratta di giungere a delle conclusioni. Un film sull’immigrazione africana in Italia: non una novità, tanto per cominciare; e anche i toni da commedia brillante (che non è sinonimo di spensierata, ma qui purtroppo finisce per diventarlo) non aiutano ad andare a fondo nella questione, tanto che in vari momenti i personaggi, fin dalla loro presentazione, riescono ad apparire poco più che macchiette. Ma Contromano ha anche qualche spunto interessante su cui lavora la sceneggiatura di Albanese – anche protagonista centrale – e Andrea Salerno, quando tenta di scavallare quella cortina invisibile che è il politically correct di cui è permeata la contemporaneità; sebbene non lo faccia con lo stile dissacrante di uno Zalone, Albanese sa far ridere puntando al tempo stesso il dito nella piaga, chiamando ‘negro’ il nero per dimostrare che non è tanto la parola in sé a offendere, ma la forma mentis di tanti nostri connazionali. Non eccelsi i due coprotagonisti, Alex Fondja e Aude Legastelois; fotografia di Roberto Forza; musiche di Pasquale Catalano; produce Domenico Procacci. 4/10.
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