Regia di Sergio Castellitto vedi scheda film
Per un film che s'intitola "Fortunata" l'ellenico-impressionista sottofinale meravigliosamente callipigio-renoiriano risulta figurativamente pleonastico, ma autosufficientemente bastante a sé.
Sempre meglio del cinema medio francese, ovvero: Gian Filippo Corticelli / 2 (“Nessuno si Salva da Solo”, “Fortunata”, “Napoli Velata” e “la Dea Fortuna”).
Prodotto con Viola Pestrieri dalla Indigo (Paolo Sorrentino’s Touch) di Nicola Giuliano e Francesca Cima e distribuito da Universal, “Fortunata” è il miglior film ad oggi film di Sergio Castellitto regista & Margaret Mazzantini soggettista e (con la collaborazione dello stesso coniuge e Francesca Manieri) sceneggiatrice.
Partiamo dalle cose belle: alcuni interessanti ed inventivi movimenti di macchina architettati dal direttore della fotografia Gian Filippo Corticelli e dall'operatore Luigi Andrei, alcune ellissi sorprendenti, certi jump cut inconsueti e qualche campo-controcampo contro-intuitivo mess'insieme dal montaggio di Chiara Vullo, alcune appropriate ed azzeccate creazioni musicali ad opera di Arturo Annecchino e una scelta ultra-mainstream (che sfiora il livello "Cestone delle MegaOfferte del SuperMercato") di consoni brani preesistenti (Antony and the Johnsons, Chubby Checker, Creedance ClearWater Revival, the Cure, Vasco Rossi-bis -- dopo "Non Ti Muovere"...).
Alcuni dialoghi.
L'interpretazione di Jasmine ♥ Trinca, da una parte sguaiatamente sublime e dall'altra, checché se ne dica, iperrealista. Quella di Edoardo Pesce (che qui fa più paura e schifo che in "Dogman"). In gran parte anche quella di Alessandro Borghi. Il modo in cui Stefano Accorsi riesce quasi sempre a salvarsi in corner dal ridicolo più spinto mettendo in scena un carattere dicotomico, tanto disponibile quanto viscido. Ottima, inoltre, la prova (e la direzione) della piccola Nicole Centanni.
Un fassbinderiano ritratto fotografico in B/N di Hannah Schygulla appeso alla parete, altre fotografie che volano dalla finestra.
Tor Pignattara.
Finiamo con le cose meno belle e quelle brutte: tutto il resto.
Dialoghi forzati e imbarazzanti, scrittura filmica retorica e banale.
Lontano tanto da Pasolini quanto da Matarazzo: anni luce.
Ma che bella ch'è 'sta luce che bagna il cencioso sottoproletariato! Ah!
Per un film che s'intitola "Fortunata" l'ellenico-impressionista sottofinale meravigliosamente callipigio-renoiriano risulta figurativamente pleonastico, ma autosufficientemente bastante a sé.
(**¾) * * * (***¼)
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta