Regia di Sergio Castellitto vedi scheda film
Un vero omaggio alla storia del cinema, un cammeo in un dramma tutto italiano, anzi romano. Ma è la Roma della periferia degradata, con negozi sbarrati da tempo, erbacce e rifiuti, con monumentali archi di antico acquedotto romano, imbarazzanti ingombri alla sfrenata lottizzazione con case popolari.Hanna Schygulla appesantita ed invecchiata compare subito nei panni di una anziana madre affetta da Alzheimer in stato avanzato con pochi momenti lucidi e tanta nostalgia per i tempi trascorsi di brillante attrice e che cita l' Antigone per dare un tocco classico alla vicenda.Tra queste vie tutte uguali di periferia una giovane donna trascina affannosamente un trolley con gli attrezzi del mestiere di parrucchiera a domicilio, ha con sé una bambina problematica,ma bisognosa di affetto,nata dal matrimonio fallito con un uomo brutale,che fa il vigilante. Jasmine Trinca è molto credibile nel ruolo di Fortunata, una donna fragile e forte dal colore dei capelli artificialmente colorati e che solo nell'incontro col neuropsichiatra inafantile, impersonato da Stefano Accorsi, rallenta i suoi ritmi per comprendere il suo diritto ad una felicità apparentemente perduta. Il suo ex marito non esita a renderle la vita difficile nel carpirle una frettolosa sessualità, nella gestione della figlia minore e a sfoderare la pistola di ordinanza quando le discussioni vanno degenerando. Certamente la sua visione dei fatti drammatici in cui si evolve la storia non risulta oggettivamente attendibile, ma conseguenza di una profonda sofferenza ,di un senso di protezione materna per chi le è vicino. Irrompe la figura dello psichiatra che pur rappresentando la razionalità della scienza inciampa nell'infortunio dell'innamoramento. tanto da trasgredire dal codice deontologico e da uscire con difficoltà dallabirinto di uno sconosciuto ospedale, che Castellitto ha scelto nella sua conformazione architettonica per rappresentare la complessità labirintica del cervello umano.Nel frattempo compare sullo sfondo una comunità,quella cinese silenziosa e laboriosa, che sa anche esprimersi in romanesco che con la tipica pazienza sa attendere per rilevare attività in crisi per dare ricchezza e sostentamento ai suoi addetti. La Mazzantini vede soprattutto nelle scene corali di questi cinesi in attività anche ricreative uno spirito nuovo che può risollevare i destini di un' attardata società,anche economicamente, pur conservando la propria individualità imprenditoriale.
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