Regia di Chris Peckover vedi scheda film
Tff 34 – After hours.
Dall’Australia senza paura ma nemmeno (troppa) pietà, Chris Peckover scodella un armamentario da horror comedy senza prendersi troppo sul serio. Gli abbinamenti sono proposti nel solco della tradizione del (sotto)genere e gli automatismi sono snocciolati a memoria per un divertissement istantaneo che come inizia, arriva al sodo ed esaurisce.
Il Natale è alle porte, Ashley (Olivia DeJonge) è pronta per cambiare città, le rimane solo da dire addio al suo boyfriend e trascorrere l’ultima serata da babysitter con Luke (Levi Miller), il quale a sua volta vuole dichiararle tutto il suo amore, nonostante gli anni che li dividono.
Mentre il romantico piano del ragazzino non sortisce gli effetti sperati, strani rumori mettono in allarme la ragazza; la minaccia diventa reale, un uomo mascherato sembra intenzionato a spaventarli a morte se non proprio ucciderli.
È proprio vero che non ci sono più i ragazzini di una volta. Anche loro vogliono tutto e subito, crescono troppo velocemente, seguendo le lezioni impartite da televisione e videogames, imparano a essere smaliziati e possono escogitare piani fuori controllo. Partendo dal clima natalizio, e da un passaggio simbolico di un gatto nero, Safe neighborhood si presenta fortemente debitore dei meccanismi che, tra gli altri, portarono enorme, quanto meritata, fortuna a Scream di Wes Craven.
Con tutti i distinguo del caso - la struttura è più ristretta e chiaramente meno strutturata - la lezione è ripresa e proposta senza tentennamenti, duettando apertamente con il lato comedy, rilanciandosi continuamente.
Così, ecco servito un Natale rosso sangue, con la classica immagine della scream queen, la profusione di urla è costante, tra stop e ripartenze, e un continuo ricorso agli stereotipi, messi in fila con un ritmo decisamente pop. In più, abbondano i passaggi truculenti, tesi all’esclamazione sopra le righe più che alla ricerca della paura vera e propria, e alcuni trappoloni sembrano fuoriusciti da Mamma ho perso l’aereo, ovviamente più sanguinolenti, tra cui almeno un paio sono proprio gioiosamente splatter.
Su questa giostrasalgono Alice DeJonge che, sospesa tra l’essere vittima ed eroina, ha tutto ciò di cui necessita la parte (giovane, bella e disposta a urla, rincorse e capitomboli), e il giovane Levi Miller, già visto nello sfortunato Pan, che ha un’evidente marcia in più; volto da ragazzino modello, ma anche credibile nell’esatta nemesi, calcolatore folle in grado di manipolare una situazione allegramente fuori portata.
Alla fine, il successo risiede principalmente nel saper creare il clima più appropriato - non prendersi troppo sul serio e intortare il pubblico - per un film dal percorso chiaro che riadatta modalità espressive aventi un certo richiamo popolare, procedendo a bruciapelo su un binario caotico che si consuma tutto d’un fiato.
Come uno shot di tequila sale e limone (vivace ma non particolarmente indicato ai puristi).
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