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Your Name.

Regia di Makoto Shinkai vedi scheda film

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La recensione su Your Name.

di ilcausticocinefilo
5 stelle

 

Il ritorno di Shinkai dopo il non molto convincente Il giardino della parole è diventato – per oscuri e insondabili motivi – un caso nazionale e internazionale.

Quando si tratta d’opera prevedibile e in certa misura standardizzata, ovvero che prosegue per l’ennesima volta la sedicente “poetica” del suo grande autore, “famigeratamente” incentrata, con pervicace sforzo tematico, sulla solita manciata di questioni: la distanza e separazione tra gli individui, l’incomunicabilità tra loro e in particolare tra le generazioni, e in definitiva, gli amori infranti e gli pseudo-pregnanti tormenti tardo-adolescenziali.

 

 

scena

Your Name. (2016): scena

 

 

Tematiche già di per sé non tremendamente stimolanti (in quanto già ampiamente sviscerate da una moltitudine di cinema precedente e in quanto sempre a forte rischio di “favorire” la realizzazione di trame sciape, scontate e melense), soprattutto se riproposte ad ogni pie’ sospinto, delle quali per l’appunto Shinkai ci offre mestamente l’ennesima “declinazione” cinematografica, incontrando però a sorpresa questa volta un grandissimo successo di pubblico a livello mondiale (Your Name è giunto infatti a superare la miyazakiana Città incantata per affermarsi quale l’anime di maggior successo della storia del cinema).

 

La superba qualità delle animazioni basta forse da sola a spiegare in buona parte il perché di tale exploit. Difatti, da questo punto di vista, il film lo si può tranquillamente considerare assolutamente eccezionale, quasi stupefacente, fin ammaliante, dato che esibisce una minuziosissima (un po’ maniacale) cura nel dettaglio, un’attenzione insolita alla resa di panorami naturali e architettonici, alla resa delle più lievi variazioni di luci ed ombre...

 

 

scena

Your Name. (2016): scena

 

 

Già. Peccato che sul versante, invece, della narrazione, come quasi sempre avviene con Shinkai, il film non convinca affatto.

Presenta una trama alquanto scontata, poco originale nelle premesse (l’espediente del “body swap” è veramente quanto di più trito e ritrito) e inutilmente “contorta” negli sviluppi (pur mai realmente complessi), che fatica ad ingranare.

Your Name risulta di conseguenza vagamente più riuscito nella seconda parte, quando la narrazione finalmente si decide a farsi più serrata, mentre nella prima rimane irrimediabilmente ingabbiato in quell’ottica da commedietta degli equivoci di grana grossa che non si rivela molto nelle corde del suo autore, riducendosi pertanto alla continua reiterazione forzata delle solite due-tre gag concernenti le scombinate reazioni dei due protagonisti di fronte allo scambio dei corpi, e finendo con l’annoiare.

 

 

scena

Your Name. (2016): scena

 

 

Come un tutto unitario, poi, non riesce ad evitare di confondere il sentimento col sentimentalismo e di scivolare nelle sabbie mobili della più svenevole melensaggine.

Ciò detto, bisogna ammettere che, pur con tutti i limiti del caso, il film riesce a farsi in rari casi sinceramente emozionante (come, ad esempio, nella sequenza della scoperta da parte del protagonista, Taki, della verità circa quanto avvenuto ad Itomori) e che, grazie in misura determinante alla raffinatezza delle animazioni, riesce in linea di massima ad intrattenere abbastanza spensieratamente per un’oretta e mezza. Ecco, ma nulla di più.

E un po’ stupisce, di conseguenza, sia l’apprezzamento critico ricevuto da quest’opera sia che la stessa (come già ricordato, superando qualunque film del grande Miyazaki), abbia infranto ogni record d’incasso nel suo genere. Quando Your Name è un anime tutt’al più discreto, che però ovviamente non arriva mai nemmeno anche solo a sfiorare il capolavoro, come taluni parrebbero invece credere.

 

 

scena

Your Name. (2016): scena

 

 

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