Su Wes Anderson esiste più di un equivoco. Il principale è che si tratti di un cineasta anti-cinematografico, immobile nel suo formalismo manierista. La realtà è che a partire da Grand Budapest Hotel il cinema del texano ha messo da parte le dinamiche di gruppo, familiari e ambientali, per trasferirle in una topografia immaginaria tesa a documentare luoghi mai esistiti come se fossero reali. In questo senso il film-cerniera è Moonrise Kingdom, nel quale il territorio e i personaggi s’intrecciano creando un altrove fantasmatico dove le geometrie e l’immaginario diventano segno di un sentire.
L’attenzione di Anderson per le strutture del racconto rivela una fiducia straordinaria nell’atto della sospensione dell’incredulità: il dettaglio è la garanzia del fatto che quanto si vede sullo schermo è “emotivamente” vero. Il racconto attendibile di un narratore... inaffidabile. Asteroid City è un luogo che non c’è, ideato da uno scrittore, allestito da un regista, una pièce teatrale impossibile (non potrebbe esistere su un palcoscenico), trasmessa in un contenitore televisivo. Un gioco di scatole cinesi, con tantissimi personaggi, troppi autori. A nostro avviso, Anderson si offre come una versione cinematografica di Thomas Pynchon: entrambi condividono il gusto per una narrazione che mette insieme un ampio gruppo di protagonisti sovrapponendo numerose linee, ed entrambi provano un piacere perverso nell’accennare a tracce di plot che restano sospese.
Anche in Asteroid City questa modalità corale di affrontare il racconto “in forma di mappa” si manifesta attraverso un cast selezionato meticolosamente e attraverso scenografie di precisione kubrickiana. La scelta del cast porta a composizioni attoriali che si fanno rilievi in miniatura nella topografia dell’insieme. E le scenografie sono “semplicemente” la geografia del film. Come in Pynchon il plot, i suoi archi e le sue deviazioni celano la sfiducia nell’atto del racconto come rivelazione (il mondo resta inconoscibile), ma veicolano anche la convinzione che il narrare sia il motore di una comunità che vuole sospendere - anche se momentaneamente - il dolore. L’evidenza della messa in scena è il positivo di un trauma che resta fuori campo, anche quando l’epifania di un finale inatteso sembrerebbe suggerire il contrario.
Le vite che ruotano intorno alla non-cittadina e che poi si ritrovano come materiali di scena sul palco sono il segno di un’atomizzazione della percezione, impassibile e immobile nella sua frontalità. L’assurdo, in fondo, è conoscibile solo attraverso la riorganizzazione dei materiali del reale. È come se Anderson filmasse il reale (e il processo del fare cinema) attraverso una mdp a raggi X, rivelando sempre la struttura dietro l’immagine: così facendo, si conferma ancora una volta forse l’unico cineasta genuinamente impuro, addirittura nel segno di Bazin, del cinema d’oggi. Asteroid City è il controcampo del titanismo di Oppenheimer: se Nolan filma la volontà di potenza come hybris, Anderson racconta l’anomia come ultima forma di epica possibile e come chance potenzialmente infinita di (continuare) a dare nomi al mondo.
Il film
Asteroid City
Sentimentale - USA 2023 - durata 104’
Titolo originale: Asteroid City
Regia: Wes Anderson
Con Margot Robbie, Tom Hanks, Scarlett Johansson, Jeffrey Wright, Maya Hawke, Adrien Brody
Al cinema: Uscita in Italia il 28/09/2023
in TV: 22/11/2024 - Sky Cinema Due - Ore 23.00
in streaming: su Apple TV Microsoft Store Mediaset Infinity Google Play Movies Rakuten TV Now TV Sky Go Amazon Video
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