In apertura della parte finale di Léon di Luc Besson il sicario professionista di origini italiane interpretato da Jean Reno annuncia alla giovane Mathilda – la ragazza che ha salvato dalla strage che ha ucciso tutta la sua famiglia – che non la porterà con sé per la prossima missione. Lei, con gli occhi e lo sguardo contrito di una Natalie Portman appena tredicenne, dice che ormai è cresciuta del tutto e sta solo invecchiando, e che quindi è in grado di farcela. E a quel punto Léon deve confessare che è lui a non sapere se ce la farà, a voler stare da solo, ad aver bisogno di crescere. L’apparenza è che i due non si possano davvero incontrare.
Léon è una storia d’amore impossibile perché anomala, platonica, al confine con la legalità e l’accettabilità, sullo sfondo di una New York esplosiva, affollata e ben oltre il confine della legalità. Besson, che riempie il film di carrellate virtuosistiche e close up perforanti, è interessato a disegnare le traiettorie dei suoi due protagonisti imprendibili su questo campo di battaglia allucinato in cui tutta la polizia è corrotta e anche i malavitosi più “benevoli” sono profittatori senza scrupoli – come il Tony di Danny Aiello che finge di proteggere Léon “conservandogli in soldi” ma che in realtà li tiene per sé e manovra il sicario come meglio crede sfruttandone l’ingenuità.
Gli ultimi dieci minuti di film descrivono formalmente le due traiettorie inevitabilmente parallele su cui si muovono i due protagonisti, ideando un loro impossibile incrociamento solo tramite un evento estremo come la morte. Questo si verifica quando Léon ha il suo faccia a faccia finale con il crudele Norman Stansfield di Gary Oldman, l’assassino della famiglia di Mathilda.
Sono in un corridoio, Léon a terra ferito alla testa, Stansfield sopra di lui per dargli il corpo di grazia. Léon si sacrifica per vendicare Mathilda esibendo il “trucco dell’anello”, cioè a dire facendosi esplodere innescando una granata, uccidendosi insieme all’antagonista. Sussurrando “da parte di Mathilda”. Besson descrive l’esplosione tramite una successione rapida di inquadrature: quella decisamente più memorabile è un carrello orizzontale, che dal palazzo va in mezzo alla carreggiata, seguendo il fronte d’onda della nuvola di fuoco.
Contemporaneamente, Mathilda fa visita a Tony e poi raggiunge la scuola per “ragazzi con problemi” da cui era sfuggita abilmente tempo addietro. Fra le due cose, un passaggio apparentemente insignificante la vede salire con una funivia in alto verso il panorama di New York, tagliando la città obliquamente, salendo fino alle altezze da cui Léon le aveva insegnato a sparare con il fucile di precisione.
Un moto verticale confermato anche dal finale: Mathilda raggiunge il cortile della scuola e scava nell’erba lo spazio per la pianta tanto amata da Léon, per farla crescere e farle mettere radici più forti – quelle che Léon rifiutava ma che Mathilda lo incoraggiava a sviluppare. A quel punto la camera sale in plongée centrata su Mathilda e poi lancia un ultimo sguardo malinconico su New York.
Con un’impossibile croce, il carrello orizzontale della morte di Léon e i moti verticali di Mathilda che decide di farsi aiutare dal mondo civile, Besson suggella un legame che aveva a più riprese mostrato i suoi limiti e le sue ambiguità. Risolvendone i sottintesi più provocatori – la possibile storia di sesso fra un uomo di trent’anni e una ragazzina di dodici – ma affidandolo alla tragedia umana. Una croce che condanna un mondo oscuro e violento, che non si ferma neanche di fronte alla morte di un bambino, celebrando i germogli nascosti che sbucano fra le macerie.
Il film
Léon
Gangster - Francia/USA 1994 - durata 110’
Titolo originale: Léon
Regia: Luc Besson
Con Jean Reno, Gary Oldman, Natalie Portman, Danny Aiello
in streaming: su Google Play Movies
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