Mostra del cinema di Venezia 2023

Il Totoleone di Film Tv

PEDRO ARMOCIDA
Vorrei vincesse Hors-saison di Stéphane Brizé
Vincerà Povere creature! di Yorgos Lanthimos

EDDIE BERTOZZI

Vorrei vincesse El Conde di Pablo Larraín
Vincerà Povere creature! di Yorgos Lanthimos

CATERINA BOGNO

Vorrei vincesse La bête di Bertrand Bonello
Vincerà The Green Border di Agnieszka Holland

 
MASSIMO CAUSO

Vorrei vincesse La bête di Bertrand Bonello
Vincerà The Green Border di Agnieszka Holland


MARIUCCIA CIOTTA

Vorrei vincesse - nessun film
Vincerà Povere creature! di Yorgos Lanthimos


MARIA SOLE COLOMBO

Vorrei vincesse La bête di Bertrand Bonello
Vincerà Povere creature! di Yorgos Lanthimos

ADRIANO DE GRANDIS

Vorrei vincesse Evil Does Not Exist di Ryusuke Hamaguchi
Vincerà The Green Border di Agnieszka Holland

FIABA DI MARTINO

Vorrei vincesse La bête di Bertrand Bonello
Vincerà Memory di Michel Franco

SIMONE EMILIANI

Vorrei vincesse Hors-saison di Stéphane Brizé
Vincerà Evil Does Not Exist di Ryusuke Hamaguchi

ILARIA FEOLE

Vorrei vincesse Povere creature! di Yorgos Lanthimos
Vincerà The Green Border di Agnieszka Holland


MARCO GROSOLI

Vorrei vincesse Ferrari di Michael Mann
Vincerà The Green Border di Agnieszka Holland


ROBERTO MANASSERO

Vorrei vincesse The Green Border di Agnieszka Holland
Vincerà The Green Border di Agnieszka Holland

MATTEO MARELLI

Vorrei vincesse La bête di Bertrand Bonello
Vincerà Povere creature! di Yorgos Lanthimos


EMANUELA MARTINI

Vorrei vincesse Dogman di Luc Besson
Vincerà Povere creature! di Yorgos Lanthimos ex aequo The Green Border di Agnieszka Holland


GIONA A. NAZZARO

Vorrei vincesse La bête di Bertrand Bonello
Vincerà Povere creature! di Yorgos Lanthimos

LUCA PACILIO

Vorrei vincesse Finalmente l’alba di Saverio Costanzo
Vincerà Povere creature! di Yorgos Lanthimos

GIULIO SANGIORGIO

Vorrei vincesse La bête di Bertrand Bonello
Vincerà Povere creature! di Yorgos Lanthimos


ROBERTO SILVESTRI

Vorrei che vincesse Ferrari di Michael Mann
Vincerà Memory di Michel Franco



Le recensioni dei film in concorso



30 agosto
Pierfrancesco Favino
Comandante (2023) Pierfrancesco Favino

Comandante

di Edoardo De Angelis

I naufraghi non si lasciano affogare, anche se sono nemici, perché “Io sono un uomo di mare” scandisce con cadenza veneta Pierfrancesco Favino nella divisa di Salvatore Todaro, capitano del sommergibile Cappellini della Regia Marina militare, anno 1940. Edoardo De Angelis (Indivisibili) dirige e scrive (insieme a Sandro Veronesi) la vera storia dal libro Cuore del salvataggio di 26 marinai belgi dopo l’affondamento del mercantile fantasma Kabalo, in risposta a un colpo di cannone. Inquadrature ritagliate su primi piani, corpi ammassati, dialetti incrociati, e le migliori intenzioni con uno sguardo sghembo ai “blocchi navali” invocati dalla Lega & company. Ma il natante affonda sotto il peso di un mandolino, segno del bel paese e dell’orgoglio militare, sacrifici, denti stretti, retorica visiva. Già, perché Todaro, che entrerà nella X Mas, al capitano fiammingo risponde (tramite inutile interprete) così: “Perché vi ho salvati? Perché sono un italiano”. Vero. Italiani brava gente.


Mariuccia Ciotta, voto: 5

 


Jaime Vadell
El conde (2023) Jaime Vadell

El conde

di Pablo Larraín

Augusto Pinochet è sempre stato il centro eluso del cinema di Larraín. Alla dittatura del generale cileno, iniziata con il colpo di stato del 1973 e formalmente terminata nel 1990, il regista ha dedicato una trilogia (Tony Manero, Post mortem, No - I giorni dell’arcobaleno), più un quarto film, Il club, che di quel mondo raccontava i resti. Fino a oggi, però, Pinochet non era mai stato mostrato da Larraín, laddove al contrario la sua figura anonima e opprimente aveva generato una continua riflessione sulle forme d’incarnazione e seduzione del potere nella storia e nelle immagini del ’900. Con El conde, finalmente (ma ce n’era bisogno?), Pinochet arriva al centro della scena, come un vampiro che ha finto di morire nel 2006 e che dopo secoli di vita ha scelto di andarsene per davvero, pur proseguendo a planare su Santiago in cerca di vittime a cui succhiare il sangue.

Jaime Vadell
El conde (2023) Jaime Vadell

Nascosto su un’isola, l’ex presidente invecchiato ricostruisce l’entità del tesoro di famiglia con la moglie ancora innamorata, i cinque figli inetti e avidi, il fedele maggiordomo vampirizzato e una novizia venuta a rendicontare soldi e proprietà accumulate in anni di potere e di crimini. In un mondo fuori dallo spazio e dal tempo (e così simile a uno dei famigerati campi di prigionia della dittatura), Pinochet è il rimosso della storia contro-rivoluzionaria del mondo e del cinema stesso di Larraín, che in El conde infila buona parte della sua filmografia: nel maggiordomo fedele c’è l’eroe ignobile di Tony Manero e Post mortem, sempre interpretato da Alfredo Castro; nei figli sciatti si riconoscono i “figli della dittatura” di Il club; nella figura stessa Pinochet si scorge il gioco di camuffamenti e riconoscimenti di Neruda; nella giovane suora sorridente c’è la stessa inafferrabilità di Ema, presenza incongrua e moderna che rilegge il passato fuori da ogni ideologia... Il limite di El conde è proprio l’accumulo postmoderno e sbracato di elementi eterogenei, e di conseguenza la confusione narrativa, tra ripetizioni, cambi repentini e svolte di difficile comprensione.

scena
El conde (2023) scena

Da un lato, dunque, Larraín aderisce pienamente alla logica “d’archivio” di Netflix (che produce), adattandosi ancora una volta a una forma narrativa classica (dopo il western di Neruda e l’horror di Spencer, il fantasy, con in più un’ironica voce narrante alla Barry Lyndon di cui sarebbe ingiusto svelare l’identità) e optando formalmente per una patina d’autore tutta di superficie, con l’elegante bianco e nero di Ed Lachman, la camera mobile in stile Iñárritu e i rimandi a Dreyer e al cinema europeo anni ’60. Dall’altro lato, però – ed è questo nonostante tutto il fascino del film – il regista usa ancora una volta Pinochet come emblema di una condanna eterna per il Cile e se stesso (sono noti i legami con la dittatura dell’influentissima famiglia Larraín...), riprendendo l’idea della ripetizione inequivocabile del male e riportando ogni vicenda umana, pubblica o privata che sia, a un punto d’inizio sperduto da qualche parte in un passato impossibile da emendare.


Roberto Manassero, voto: 7



31 agosto
Caleb Landry Jones
Dogman (2023) Caleb Landry Jones

Dogman

di Luc Besson

Arrestato dopo un violento incidente, Douglas, costume da drag indosso, è sottoposto a valutazione psichiatrica: racconta così la sua vita di bambino abusato e di come il suo amore per i cani gli ha restituito una dignità. Dogman - una sfida realizzativa (dirigere un’orda di cani non è una passeggiata) e tecnica (l’interazione tra attori e sfondi virtuali è avvenuta direttamente in camera) – suggerisce piste per poi smentirle: se il dialogo con la psichiatra (Jojo T. Gibbs) adombra il serial killer movie, il racconto dei traumi subiti dal protagonista ha il tono fumettistico della origin story di un villain. Ma al regista, sul tessuto dei generi citati, interessa ricamare il ritratto umanissimo di un personaggio complesso, delineandone il commovente percorso di riscatto e realizzazione personale. Costruisce così un appassionante, (in)verosimile racconto dominato da un Caleb Landry Jones da premio.


Luca Pacilio, voto: 7

 


Adam Driver
Ferrari (2023) Adam Driver

Ferrari

di Michael Mann

Una parabola esistenziale sotto il segno di una pulsione di morte che si sublima nel culto della velocità e della perfezione tecnica. Non meraviglia che Cronenberg abbia inseguito il suo progetto Ferrari per anni. Mann stringe l’ossessione di Ferrari per la velocità all’interno di melò familiare decantato dove l’acribia filologica delle ricostruzioni storiche e d’ambiente contrasta volutamente con l’inautenticità dell’interpretazione – accademicamente perfetta – di Adam Driver e Penelope Cruz. Mann ricrea l’Italia di una volta come il sogno di una cultura di provincia che si affaccia sull’alba della tecnica e le macchine rosse che sfrecciano fra le colline si offrono alla stregua di un sogno nel quale la modernità emerge dalla terra come un incantesimo di metallo e carburante. Resta il sospetto di una distanza che evapora solo nella perfezione mercuriale della composizione delle corse.


Giona A. Nazzaro, voto: 7

 


Mads Mikkelsen
La terra promessa (2023) Mads Mikkelsen

The Promised Land

di Nikolaj Arcel

Danimarca, XVIII secolo. La vasta brughiera è il terreno di conquista di Ludvig Kahlen, capitano in disgrazia, ostinato a costruire una colonia in nome del Re in questa landa ostile e inospitale. Obiettivo: ricevere in cambio il titolo reale a cui tanto anela. Ostacolo: un violento nobile locale pronto a tutto pur di porre fine all’impresa. Ci sarà sangue. Dopo il pluripremiato Royal Affair e il passo falso hollywoodiano La torre nera, il danese Nikolaj Arcel torna a confrontarsi con il dramma in costume, orchestrando una solida narrazione sui temi dell’ambizione cieca e il suo fallimento, sulla violenza e i soprusi del potere. Ma la grandiosità del paesaggio stenta a farsi genuinamente epica oltre la confezione ultra-patinata e il carisma di Mads Mikkelsen da solo non basta per risollevare appieno le sorti di un film che si limita all’esposizione, pur competente, di vicende, trame e personaggi.


Eddie Bertozzi, voto: 6



1° settembre
Emma Stone, Mark Ruffalo
Povere creature! (2023) Emma Stone, Mark Ruffalo

Povere creature!

di Yorgos Lanthimos

E se la nostra società, protesa com’è verso il futuro, fosse il frutto di un aborto del passato, e segnatamente della società vittoriana, a propria volta frutto delle morbose magagne del capitalismo nascente, immortalate dal romanzo gotico britannico? E se noi, nel presente, avessimo il compito di redimere tutto questo? Toccante e ponderoso, come un romanzo vittoriano, Povere creature! esplora questa ipotesi con sbalorditivo rigore concettuale, con ancora maggiore pregnanza visuale (che scolpisce nel marmo, definitivamente, che cosa sia l’estetica digitale) e con un’abilità di sfruttare fisionomia e potenziale degli attori oggi senza pari. Un romanzo di formazione in cui una giovane, creata in laboratorio grazie all’impianto del cervello di un feto vivo nel corpo di una madre morta, diventa, per davvero, umana. Un genialissimo anti-Barbie, che farà ricredere chi ha sempre accusato Lanthimos di cinismo.


Marco Grosoli, voto: 9


 

Alba Rohrwacher
Finalmente l'Alba (2023) Alba Rohrwacher

Finalmente l’alba

di Saverio Costanzo

Il caso Wilma Montesi, ventunenne trovata morta sulla spiaggia di Torvaianica 70 anni fa, il 9 aprile del 1953, servì all’Italia per immaginare le ombre del discorso moralistico della politica (poi scagionato): feste, orge, droghe. Ed effetti collaterali. Costanzo immagina di salvarla e redimerla, la Wilma del suo multiverso, Mimosa, un’amica geniale a un passo da Io la conoscevo bene, candida che ama e sogna il cinema e si perde nella Cinecittà degli anni 50, incantata e usata da una diva americana e da una dolce vita in cui si muovono Piero Piccioni (coinvolto dai media al tempo del fattaccio), Alida Valli, nomi reali e alter ego di spettacolo e parlamento del tempo. Una Babylon nostrana, che non si limita ai dietro le quinte, ma reimmagina anche neorealismo e peplum. Ambizioso, prolisso, confuso. Un dato è certo: Fellini sta diventando un problema per il cinema italiano.


Giulio Sangiorgio, voto: 5

 

2 settembre
Gianmarco Franchini
Adagio (2023) Gianmarco Franchini

Adagio

di Stefano Sollima

“Adagio” come “proverbio” o come “tempo musicale”? La storia è usurata, il luogo comune, il tempo risaputo (per questo, proprio come nell’adagio, lo strumentista è chiamato a ornare sopra di esso). La sinossi è la solita, morale compresa: la mala non è più quella di una volta, tre leggende della Magliana sono coinvolte, vecchie, ammalate, caricaturali (un carnevale decadente: Mastandrea cieco, Servillo demente, Favino terminale), nella difesa di un giovane finito dentro una trama criminale di Roma capitale. Il noir è pece, copia di copia rassegnata, il determinismo meccanico, l’incedere scontato e dunque implacabile. Non servono psicologie, in questo proverbio. La questione è la maniera. Sollima si vuole neoclassico, come Melville, ma al ritmo della serialità. Cupo e americano, ma nel cinema italiano. Ci vuole del coraggio. Ma non sempre basta.


Giulio Sangiorgio, voto: 6



Bradley Cooper
Maestro (2023) Bradley Cooper

Maestro

di Bradley Cooper

Governare l’armonia delle note per Leonard Bernstein è un piacere naturale, ma la vita privata produce stonature: è la spaccatura classica della vita d’artista, e del biopic eretto sul conflitto fra l’ordine del matrimonio con l’attrice Felicia Montealegre (Carey Mulligan, precisa al millimetro) e le fughe del sentimento verso altri uomini. Debordanza e rigore trovano pace solo nell’ossessione musicale, che nel caso del compositore di West Side Story si manifesta muscolarmente: pane per l’istrionismo del regista & protagonista Bradley Cooper, che abbandonata la semplicità grezza dell’esordio (remake) A Star Is Born (Fuori Concorso a Venezia 2018) cerca una maturità (e una credibilità) autoriale spingendo su uno stile spericolato ma perdendosi a sua volta nell’indecisione fra canone (polveroso) e ritratto libero aperto al gioco di forma (sintesi che riuscì a Lin-Manuel Miranda con Tik, Tik... Boom!, sull’allievo Jonathan Larson).


Fiaba Di Martino, voto: 6


 

Jan Bülow, Olivia Ross
The Theory of Everything (2023) Jan Bülow, Olivia Ross

The Theory of Everything

di Timm Kröger

Nove anni dopo The Council of Birds, ecco l’opus n. 2 di Kröger (scoperto dalla SIC e collaboratore/compagno di Sandra Wollner): ancora un film storico (Grigioni, come in Lubo, 1962), e ancora un protagonista incompreso, una scomparsa (e più) a muovere gli eventi, una melodia spettrale, a riecheggiare in queste assenze (dite Badalamenti? Fate bene). La storia è quella di un fisico (di moda, direi) che lavora sul multiverso (di moda, direi) in un hotel d’alta montagna, tra grotteschi omicidi e inquietanti déjà vu. Sono un suo delirio o una congiura? La risposta è ironica e aperta, un remake di La jetée in una parodia spy movie, un Bava giallo in un set di Arnold Fanck, un omaggio a Hitch, al noir, alla tv sci-fi aggiornato all’agenda nerd del contemporaneo. Il metodo è quello di chi conosce Lynch (e ha visto il Soderbergh di Delitti segreti): una delizia (fine a se stessa? Sì, e allora?).


Giulio Sangiorgio, voto: 7

3 settembre
Léa Seydoux, George MacKay
The Beast (2023) Léa Seydoux, George MacKay

La bête

di Bertrand Bonello

Una donna (Léa Seydoux) e un uomo (George MacKay) colti nel tempo, nel 2044 di un mondo salvato dall’IA, nella Parigi della Belle Époque, nella Los Angeles del 2014 (tra Lynch e il dimenticato Crimini invisibili di Wenders). Sono sconosciuti, amanti, vittima, carnefice. La loro storia d’amore e di morte, di ripetizioni e di scarti, occupa le quasi due ore e mezza di un melodramma distopico (vagamente inspirato a La bestia di Henry James) che procede senza un preciso andamento narrativo, ma mesmerizza lo spettatore disposto a farsi trascinare dal suo ritmo dilatato ed estenuato. Dentro c’è tutto Bonello, i corpi ridotti a oggetto (ancora le bambole, dopo L’Apollonide e Coma), le vie misteriose del ricordo e del desiderio, le immagini come unica realtà – incerta, ambigua, riprodotta e riproducibile – per un mondo privato di ogni possibile senso e anche dell’idea che l’amore possa salvarlo. 


Roberto Manassero, voto: 9


 

Michael Fassbender
The Killer (2023) Michael Fassbender

The Killer

di David Fincher

Metodo. Precisione. Nessuna distrazione. Nessuna empatia. È la filosofia del killer di David Fincher interpretato da Michael Fassbender, travolta, sfidata da un suo errore inaspettato. Un po’ troppo facile pensarla anche applicata, oggi, a questo film, prodotto da Netflix (che ha spesato una decina di brani degli Smiths in colonna sonora, altrimenti e da sempre inaccessibili) e firmato da un filmmaker che alla fine del secolo scorso, con Seven e The Game, ha intercettato meglio di altri l’importanza delle immagini e dei generi nella riproduzione della realtà. Un po’ troppo facile perché, francamente, scontato. Eppure The Killer è tutto lì: metodo, precisione; senza distrazioni, e senza empatia. Un impiego. Metodico, appunto; preciso. In ciò, perfetto. Gelido come una missione in solitaria dietro lauto pagamento. Il fallimento, inteso come glitch di sistema, è inaccettabile.  


Pier Maria Bocchi, voto: 7

 


scena
Il male non esiste (2023) scena

Il male non esiste

di Ryusuke Hamaguchi

In un villaggio montano, un «tuttofare» e la figlioletta rispettano le regole della natura, respirano al suo respiro, ne conoscono la lingua, i modi, le forme. L’acqua di sorgente è quel di cui sono fatti. Poi (eccolo!), il neoliberismo: un’ipotesi di glamping (glamour + camping), una riunione con attori per convincere il paesello ad aprirsi all’experience per chi è in cerca di greenwashing, cose che il luogo non può sopportare. Come ci si difende? Nato come visual per un progetto musicale della compositrice Eiko Ishibashi, è un film di placido realismo osservativo, perturbato emotivamente dalla colonna sonora, progressivamente straniato nel punto di vista (e in questo slittamento sta il miracoloso controllo formale, l’arte di questo regista), fino a un finale enigmatico sul piano del vero, ma limpido in quello del senso: è il film stesso a immaginare di fondersi con la logica di quella natura, con il suo sguardo, con la sua legge.  


Giulio Sangiorgio, voto: 8

 


4 settembre
Cailee Spaeny
Priscilla (2023) Cailee Spaeny

Priscilla

di Sofia Coppola

Priscilla nelle stanze ovattate di Graceland, come Marie Antoinette a Versailles: moglie-bambina afflitta dal tedio e dal desiderio inappagato (l’Elvis di Coppola è un dio del sesso sul palco, ma a letto si nega), la fanciulla-trofeo affonda e si confonde nell’arredamento di casa Presley (tana ludica e assurda come la mojo dojo casa villa del Ken di Barbie), lei stessa rimodellata e ritinteggiata secondo il volere del consorte-padrone. Dall’autobiografia di Priscilla, co-produttrice, Sofia Coppola distilla un teorema a tinte confetto sullo squilibrio di potere di una coppia divenuta icona, raccontando senza mezzi termini il grooming (la seduzione manipolatoria, droghe comprese) subìto dall’adolescente, in ideale double bill con l’Elvis di Lurhmann: il ciclo dell’abuso della star plagiata dal Colonnello si compie nella relazione tossica che Presley instaura a sua volta con Priscilla. Ideologico e affilato.


Ilaria Feole, voto: 8



5 settembre
scena
Green Border (2023) scena

Green Border

di Agnieszka Holland

Fra le foreste e le paludi in cui si perde il confine fra Polonia e Bielorussia, i corpi dei migranti vengono rimbalzati brutalmente da un lato all’altro della frontiera spinata, mercificati al pari di armi politiche nella guerra de facto fra il regime di Lukashenko e l’Unione Europea. Le parabole di una famiglia di rifugiati siriani, di una guardia di frontiera e di un’attivista per i diritti umani finiranno per intrecciarsi. Sprofondato in un bianco e nero tetrissimo, la veterana Agnieszka Holland firma il suo lavoro più riuscito da molti anni a questa parte. Un film esplicitamente politico, di sentito impegno civile e morale, che indigna e sostiene la sua portata emotiva senza cadere nelle trappole del ricattatorio, nonostante il peso di qualche sottolineatura drammatica e un generoso eccesso di durata. Il “film necessario” che scuote il festival e la cui urgente attualità non passerà inosservata.


Eddie Bertozzi, voto: 7

 


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Enea

Enea

di Pietro Castellitto

Enea, eccentrico della Roma bene, e Valentino, l’amico crooner e pilota di piper, ficcatisi nel giro grosso della coca ne diventano consoli effimeri. La volontà di potenza però, disprezza il potere. È pura energia, dà intensità alle azioni, ignora il profitto. Un sì alla vita, ma da lasciare come è, col prete, i cani e il matrimonio... In più, Pasolini: la lingua italiana, atrofizzata tra fasci, burocrati e tv, va rianimata con dialetti, cabaret, gerghi e Renato Zero. Pietro Castellitto esegue il compito con pedanteria radicale. Tratta luci, parole, famiglia e Benedetta Porcaroli, come lo street artist le lettere dell’alfabeto. Le rigonfia, dilata, ripete, le fa esplodere. La cocaina, dal traffico caotico e ingestibile, guida questo road-gangster movie fatto strano per statuto tra uffici, ville agiate, piazza dei Mirti, la Cinecittà felliniana, madri suicide, fratelli pestati e locali diurni e notturni sempre più abietti, per sound e design. Produce Guadagnino.


Roberto Silvestri, voto: 6

6 settembre
scena
Io capitano (2023) scena

Io capitano

di Matteo Garrone

Lo sguardo di Matteo Garrone si rivolge alla riva opposta di Gomorra e di tutti i suoi “goodfellas”, e, dice lui, fa un controcampo delle immagini viste in tv, dei senzanome che sbarcano sulle coste italiane. Seydou Sarr e Moustapha “Moussa” Fall, teenager senegalesi di quella Dakar dominata dalla ricca borghesia degli ex coloni francesi (per questo Cannes, dopo i cinque sì al regista, ha rifiutato il film?) vogliono andarsene da lì, e “firmare un autografo ai bianchi”. Saranno famosi. Già, perché non c’è più la guerra in Senegal, per il Casamance, ma solo il saccheggio di risorse e futuro. Seydou e Moussa, attori non professionisti, sono “emigranti economici”, ma non rischiano meno nel deserto giallo, la lunga carovana a piedi, i cadaveri sparsi sulla sabbia, e il tocco fiabesco della donna affranta che vola come un palloncino nelle mani del ragazzo pietoso. Dialoghi in wolof e francese, danze rituali inquadrate strette, primi piani su Seydou, diviso dal cugino ferito, sulla strada dell’Europa. Garrone non cede al fellinismo e nemmeno al cinema del reale, ma l’Africa è più scritta nell’espressione del piccolo senegalese. Pinocchio è diventato un bambino in carne e ossa (ancora Massimo Ceccherini sceneggiatore, insieme a Massimo Gaudioso e altri) e affronta le carceri libiche, l’ammasso umano, le torture, tutto sventagliato sulla faccia di Seydou, il resistente.
Per la prima volta in concorso a Venezia, Garrone sfoggia un’empatia che ricordiamo in Estate romana, al seguito del racconto La rotta di Mamadou, scritto da un ivoriano emigrato in Italia. “Io sono il capitano!”, il grido di trionfo sale dalla nave carica di richiedenti asilo. Fuori campo, Seydou, 17 anni, finirà nella lista dei “trafficanti di esseri umani”.


Mariuccia Ciotta, voto: 7


 

Aunjanue Ellis, Jon Bernthal
Origin (2023) Aunjanue Ellis, Jon Bernthal

Origin

di Ava DuVernay

Come rendere “umana” e coinvolgente la trasposizione non di un romanzo, ma di un saggio di tenore sociologico? Ava DuVernay, per portare sullo schermo il libro Caste: The Origins of Our Discontents della premio Pulitzer afroamericana Isabel Wilkerson, sceglie di rendere narrativamente la genesi del volume attraverso un patinato mélo, che fa da cornice alla tesi della giornalista: ossia che il razzismo sistemico statunitense, l’Olocausto e la struttura delle caste in India siano connessi da una medesima cultura dell’oppressione e dell’esclusione sociale. L’impaginazione è scolastica, tra il pamphlet declamatorio e la pubblicità progresso, con abbondanza di ralenti, inerti frammenti storici e l’onnipresente voce narrante che rende il film poco più di un lungo podcast illustrato: forse eccesso di benintenzionato didascalismo, ma un vero passo falso, sia per la regista, sia per il Concorso veneziano.


Ilaria Feole, voto: 4

 

7 settembre


 

Franz Rogowski
Lubo (2023) Franz Rogowski

Lubo

di Giorgio Diritti

Grigioni, 1939. Lubo (Rogowski, corpo da coproduzione europea) è uno jenisch che sopravvive con spettacolini itineranti (travestito da bestia, rinato in donna, sempre in maschera) allestiti con la propria famiglia. Lo stato elvetico lo chiama a difendere i confini dai tedeschi, gli uccide la moglie, si prende i suoi figli. Per rintracciarli, Lubo sottrae l’identità a un contrabbandiere. Una nuova vita in maschera, anche nell’amore, vissuta sempre con un altro fine: placare il dolore primario, trovare la verità su bimbi di strada che il governo impone di rieducare sottraendoli alle famiglie. Da Il seminatore di Mario Cavatore, Diritti trae ancora una parabola su un uomo la cui morale non è riducibile agli schemi del tempo e dei luoghi che attraversa, lascia allo spettatore il cruccio sulla “giustizia”, denuncia un orrore storico che parla al presente. Ma sono tre ore di realismo piano e opaco, prive di scarti, sfinite dal proprio sedicente rigore.


Giulio Sangiorgio, voto: 5



 

Cathalina Geraerts, Greet Verstraete
Holly (2023) Cathalina Geraerts, Greet Verstraete

Holly

di Fien Troch

Colta da un presentimento, Holly, un’adolescente semi-emarginata, rimane a casa da scuola proprio quando scoppia un incendio. Viene dunque bollata come strega dai coetanei. La sua ipersensibilità, tuttavia, la dota di strani poteri taumaturgici che si faranno sentire su un amico in odor di Tourette, su un’insegnante generosa alle prese con la sterilità, e su altri che, forse, hanno solo bisogno di empatia in un ambiente generalmente freddo, spento, ostile. Intimismo minimalista senza molte pretese, ma con qualche virtù formale. A fronte di più di qualche scena tirata via (troppe, forse), altre riescono a orchestrare luci, colori, montaggio, silenzi, angolazione e movimenti in modo da far intravedere per davvero un Mistero che nessun personaggio osa verbalizzare. Non riuscendo a dominarlo, Holly creerà mini-sconquassi talvolta delicatamente coinvolgenti, ma spesso troppo meccanici dal punto di vista narrativo.


Marco Grosoli, voto: 6

 

Mateusz Wieclawek
Woman of... (2023) Mateusz Wieclawek

Woman of...

di Małgorzata Szumowska, Michael Englert

Non di marmo, né di ferro. E nemmeno uomo, ma Woman of... Il nuovo film di Malgorzata Szumowska e Michal Englert dialoga idealmente con gli eroi della Polonia (post)comunista raccontati da Vajda e scrive 45 anni di storia del paese sul corpo di una donna transgender, che lotta per se stessa. Il suo nome è Aniela, ma è nata come Andrej e conquista la sua identità affermandola in famiglia (una moglie e due figli) e nella società (il lavoro, i giudici). Szumowska e Englert sul corpo hanno scritto la mutevolezza delle relazioni e le mutazioni dei tempi (Body, Non cadrà più la neve, Un’altra vita). In Woman of... innestano un potente racconto di “riassegnazione” di genere nel contesto di un paese che, liberatosi del comunismo, si è consegnato all’estrema destra. La forma del dramma veste la presenza lieve e gentile di Aniela, la sua progressiva emancipazione, la dolcezza e la fermezza della sua affermazione: il tono è cupo, ma l’accento cade sul suo spirito libero.


Massimo Causo, voto: 7



8 settembre
Guillaume Canet, Alba Rohrwacher
Le occasioni dell'amore (2023) Guillaume Canet, Alba Rohrwacher

Hors-saison

di Stéphane Brizé

Un famoso attore in crisi professionale e esistenziale. Un’insegnante di pianoforte insoddisfatta della sua vita di provincia. Innamorati molti anni prima, i loro percorsi di vita si sono separati, le tracce disperse, le ferite aperte lentamente rimarginate. Si rincontrano quasi per caso sulle cose piovose della Francia settentrionale e li travolge la malinconia. Sospesi fra panico e estasi, si immaginano vite passate, ripercorrono scelte fatte e strade non prese, le possibilità mancate, le sottili scorie del cuore. Conclusa la trilogia del lavoro (La legge del mercato, In guerra, Un altro mondo), Stéphane Brizé ci regala un film magnificamente borghese. Una storia di conversazioni sentimentali, una scrittura finissima che si anima fra introspezione e umorismo, guidata da Guillaume Canet e Alba Rohrwacher, protagonisti ispirati. Brizé si conferma una delle voci più preziose del cinema francese di oggi.


Eddie Bertozzi, voto: 8

 

Peter Sarsgaard, Jessica Chastain
Memory (2023) Peter Sarsgaard, Jessica Chastain

Memory

di Michel Franco

Ricordare. Infinito presente, verbo imperfetto. Il passato diventa pensiero: vero, falso, confuso, inventato. Sylvia è un’ex alcolista, ha una figlia, ma del padre non sappiamo niente. Una sera è seguita fino a casa da un uomo, che dorme sotto la pioggia, davanti al suo portone. È Saul, senza memoria breve e incapace di capire cosa sta facendo. Sylvia lo accusa di molestie adolescenziali, ma è presto smentita. Sylvia e Saul si avvicinano, forse iniziano a volersi bene, forse la vita sta cambiando. Michel Franco trova la forza di amare finalmente i suoi personaggi, rischia di diventare perfino sentimentale. Memory è un ormeggio per due solitudini, è un rincorrere le proprie paure, per annientarle. Forse basta solo crederci, anche contro l’esitazione degli altri, amici e parenti, mentre il ricordo sfiorisce nel pallore della memoria. A whiter shade of pale.


Adriano de Grandis, voto: 7



I film in concorso

locandina The Killer

The Killer

Azione - USA, Francia 2023 - durata 113’

Titolo originale: The Killer

Regia: David Fincher

Con Michael Fassbender, Tilda Swinton, Kellan Rhude, Monika Gossmann, Sophie Charlotte, David Storm

in streaming: su Netflix Netflix basic with Ads

locandina Memory

Memory

Drammatico - USA 2023 - durata 100’

Titolo originale: Memory

Regia: Michel Franco

Con Merritt Wever, Jessica Chastain, Peter Sarsgaard, Josh Charles, Elsie Fisher, Jessica Harper

Al cinema: Uscita in Italia il 07/03/2024

in streaming: su Amazon Video

locandina Le occasioni dell'amore

Le occasioni dell'amore

Drammatico - Francia 2023 - durata 115’

Titolo originale: Hors-saison

Regia: Stéphane Brizé

Con Guillaume Canet, Alba Rohrwacher, Sharif Andoura, Emmy Boissard Paumelle

Al cinema: Uscita in Italia il 25/12/2024

locandina Woman of...

Woman of...

Drammatico - Polonia, Svezia 2023 - durata 132’

Titolo originale: Kobieta z...

Regia: Malgorzata Szumowska, Michal Englert

Con Malgorzata Hajewska-Krzysztofik, Joanna Kulig, Bogumila Bajor, Mateusz Wieclawek

locandina Holly

Holly

Drammatico - Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Francia 2023 - durata 102’

Titolo originale: Holly

Regia: Fien Troch

Con Cathalina Geraerts, Felix Heremans, Greet Verstraete, Serdi Faki Alici, Els Deceukelier

locandina Lubo

Lubo

Drammatico - Italia, Svizzera 2023 - durata 175’

Regia: Giorgio Diritti

Con Franz Rogowski, Valentina Bellè, Christophe Sermet, Noemi Besedes, Joel Basman, Oliver Ewy

Al cinema: Uscita in Italia il 09/11/2023

in streaming: su Now TV Apple TV Rakuten TV Google Play Movies Timvision Amazon Video

locandina Origin

Origin

Storico - USA 2023 - durata 135’

Titolo originale: Origin

Regia: Ava DuVernay

Con Victoria Pedretti, Nick Offerman, Connie Nielsen, Jon Bernthal, Vera Farmiga, Niecy Nash

locandina Io capitano

Io capitano

Drammatico - Italia, Belgio 2023 - durata 121’

Regia: Matteo Garrone

Con Moustapha Fall, Seydou Sarr

Al cinema: Uscita in Italia il 07/09/2023

in streaming: su Now TV Apple TV Rakuten TV Google Play Movies Amazon Video Microsoft Store

locandina Enea

Enea

Drammatico - Italia 2023 - durata 115’

Regia: Pietro Castellitto

Con Pietro Castellitto, Benedetta Porcaroli, Giorgio Quarzo Guarascio, Chiara Noschese, Giorgio Montanini, Adamo Dionisi

Al cinema: Uscita in Italia il 11/01/2024

in TV: 21/12/2024 - Sky Cinema Drama - Ore 05.50

in streaming: su Apple TV Google Play Movies Now TV Sky Go Timvision Rakuten TV

locandina Green Border

Green Border

Drammatico - Polonia 2023 - durata 147’

Titolo originale: Zielona Granica

Regia: Agnieszka Holland

Con Behi Djanati Atai, Agata Kulesza, Maja Ostaszewska, Tomasz Wlosok, Piotr Stramowski, Jasmina Polak

Al cinema: Uscita in Italia il 08/02/2024

in streaming: su Rakuten TV Now TV Sky Go Timvision

locandina Priscilla

Priscilla

Biografico - USA 2023 - durata 110’

Titolo originale: Priscilla

Regia: Sofia Coppola

Con Jacob Elordi, Cailee Spaeny, Kamilla Kowal, Deanna Jarvis, Emily Mitchell, R Austin Ball

Al cinema: Uscita in Italia il 27/03/2024

in TV: 26/12/2024 - Sky Cinema Due - Ore 16.50

in streaming: su Now TV

locandina Il male non esiste

Il male non esiste

Drammatico - Giappone 2023 - durata 106’

Titolo originale: Aku wa sonzai shinai

Regia: Ryûsuke Hamaguchi

Con Hitoshi Omika, Ryo Nishikawa, Ryuji Kosaka, Ayaka Shibutani

Al cinema: Uscita in Italia il 06/12/2023

in streaming: su Amazon Video Apple TV Mediaset Infinity Google Play Movies Rakuten TV

locandina Comandante

Comandante

Drammatico - Italia 2023 - durata 120’

Regia: Edoardo De Angelis

Con Pierfrancesco Favino, Massimiliano Rossi, Silvia D'Amico

Al cinema: Uscita in Italia il 31/10/2023

in streaming: su Paramount Plus Apple TV Channel Apple TV Mediaset Infinity Amazon Video Google Play Movies Netflix Netflix basic with Ads

locandina The Beast

The Beast

Fantascienza - Francia, Canada 2023 - durata 145’

Titolo originale: La Bête

Regia: Bertrand Bonello

Con Léa Seydoux, George MacKay, Tiffany Hofstetter, Guslagie Malanda, Julia Faure, Philippe Katerine

Al cinema: Uscita in Italia il 21/11/2024

locandina The Theory of Everything

The Theory of Everything

Drammatico - Germania 2023 - durata 118’

Titolo originale: Die Theorie von Allem

Regia: Timm Kröger

Con Jan Bülow, Olivia Ross, Hanns Zischler, Gottfried Breitfuss, David Bennent, Philippe Graber

locandina Maestro

Maestro

Biografico - USA 2023 - durata 129’

Titolo originale: Maestro

Regia: Bradley Cooper

Con Bradley Cooper, Maya Hawke, Carey Mulligan, Matt Bomer

Al cinema: Uscita in Italia il 06/12/2023

in streaming: su Netflix Netflix basic with Ads

locandina Adagio

Adagio

Giallo - Italia 2023 - durata 127’

Regia: Stefano Sollima

Con Pierfrancesco Favino, Toni Servillo, Adriano Giannini, Valerio Mastandrea, Gianmarco Franchini, Francesco Di Leva

Al cinema: Uscita in Italia il 14/12/2023

in streaming: su Apple TV Now TV Sky Go Google Play Movies Netflix Netflix basic with Ads Rakuten TV Amazon Video

locandina Finalmente l'Alba

Finalmente l'Alba

Drammatico - Italia 2023 - durata 140’

Regia: Saverio Costanzo

Con Rebecca Antonaci, Lily James, Willem Dafoe, Rachel Sennott, Joe Keery

Al cinema: Uscita in Italia il 14/02/2024

in TV: 27/12/2024 - Sky Cinema Drama - Ore 23.50

in streaming: su Apple TV Rakuten TV Google Play Movies Now TV Timvision Amazon Video

locandina Povere creature!

Povere creature!

Fantascienza - USA, Irlanda 2023 - durata 141’

Titolo originale: Poor Things

Regia: Yorgos Lanthimos

Con Willem Dafoe, Margaret Qualley, Emma Stone, Christopher Abbott, Mark Ruffalo, Kathryn Hunter

Al cinema: Uscita in Italia il 25/01/2024

in streaming: su Disney Plus Apple TV Rakuten TV Google Play Movies Microsoft Store Amazon Video Timvision

locandina La terra promessa

La terra promessa

Biografico - Danimarca, Norvegia 2023 - durata 127’

Titolo originale: Bastarden

Regia: Nikolaj Arcel

Con Mads Mikkelsen, Gustav Lindh, Amanda Collin, Kristine Kujath Thorp, Magnus Krepper, Lise Risom Olsen

Al cinema: Uscita in Italia il 14/03/2024

in streaming: su Rakuten TV Now TV Timvision

locandina Ferrari

Ferrari

Biografico - USA 2023 - durata 130’

Titolo originale: Ferrari

Regia: Michael Mann

Con Shailene Woodley, Adam Driver, Penélope Cruz, Sarah Gadon, Patrick Dempsey, Jack O'Connell

Al cinema: Uscita in Italia il 14/12/2023

in TV: 21/12/2024 - Sky Cinema Drama - Ore 11.55

in streaming: su Now TV Amazon Prime Video Apple TV Google Play Movies Mediaset Infinity Rakuten TV Microsoft Store Amazon Video Timvision

locandina Dogman

Dogman

Drammatico - USA 2023 - durata 114’

Titolo originale: DogMan

Regia: Luc Besson

Con Caleb Landry Jones, Jojo T. Gibbs, Marisa Berenson, James Payton, Christopher Denham, Michael Garza

Al cinema: Uscita in Italia il 12/10/2023

in streaming: su Now TV Sky Go Apple TV Google Play Movies Rakuten TV Amazon Video Timvision

locandina El conde

El conde

Commedia - Cile 2023 - durata 110’

Titolo originale: El conde

Regia: Pablo Larrain

Con Alfredo Castro, Paula Luchsinger, Gloria Münchmeyer, Jaime Vadell

in streaming: su Netflix Netflix basic with Ads