Il vero nome di Indiana Jones non è Indiana. Si scopre alla fine del terzo film della saga, in una scena apparentemente comica, un controfinale giovale, in cui i personaggi interpretati da Harrison Ford, Sean Connery, Denholm Elliott e John Rhys Davis si sono appena salvati dal crollo del palazzo del Sacro Graal e si preparano a ripartire. Quando il personaggio di Connery, Henry Jones Sr., chiede a suo figlio cosa abbia ottenuto dalla ricerca del Graal si rivolge a lui con l’appellativo di “Junior”. Sallah allora chiede che cosa significhi questo “Junior”: “È il suo nome”, spiega Connery, “Henry Jones Junior”. “A me piace Indiana” ribatte rabbioso il giovane, ma Henry Sr. ancora non concorda (“Abbiamo chiamato il cane Indiana”).
Indiana Jones e l’ultima crociata si apre con il racconto della giovinezza del famoso archeologo, prosegue con l’avventura per trovare la santa reliquia e si chiude con questo semplice battibecco famigliare, lo sfogo di un adolescente contro il proprio padre. Jones Senior in realtà innervosisce apposta il figlio, perché poco prima, per richiamarlo alla coscienza di fronte all’inevitabile perdita del Graal, lo ha riconosciuto, l’ha chiamato proprio “Indiana!”. L’anziano intellettuale fa finta di non capire che ciò che suo figlio ha tratto dalla ricerca del Graal è la pace nel conflitto paterno: Indiana, d’altra parte, lo ha salvato dalla morte, versandogli sulla ferita l’acqua salvifica del calice santo.
Per farlo ha dovuto superare tutte le prove richieste dal libro sacro: ha interpretato correttamente la prima sfida, inginocchiandosi come l’uomo penitente di fronte al signore ed evitando così la decapitazione istantanea da parte delle lame nascoste nella roccia; ha compreso il senso della seconda, scegliendo le giuste lettere da calpestare per comporre il nome di Dio; ha compiuto il salto di fede richiesto dalla terza, proprio saltando nel vuoto di fronte a sé. Infine, a differenza del miliardario Donovan, non si è fatto allucinare dalla bellezza dell’oro e ha scelto saggiamente tra le tante copie false una coppa intagliata dal legno, fatta da un falegname.
Come ha fatto a indovinarle tutte? Semplice, ha interpretato alla lettera gli indizi trovati da Jones Sr. nelle cronache di Sant’Anselmo: “Solo l’uomo penitente potrà passare”, “Egli procederà solo sulle orme di Dio”, “Solo balzando dalla testa del leone egli proverà il suo valore”. L’eroe non ha interpretato allegoricamente il dettato, ha seguito invece letteralmente la regola del testo scritto, la legge. Quale legge però?
Il montaggio alternato tra i gesti di Indiana e la bocca dolorante di Henry, che cerca di farsi sentire mentre ripete gli indizi, lo mostra chiaramente: l’indisciplinato Indy ha trovato la salvezza nell’adeguamento alla legge del proprio padre – e per questo è avvenuto un reciproco riconoscimento finale.
A Spielberg non interessa fare una lezione di teologia sulla parola del Padre Eterno, anzi, pone nel cuore della parabola pseudoreligiosa un netto ribaltamento - invece di un padre che salva il proprio figlio sul punto di morte, c’è un figlio che salva il padre morente - e un alleggerimento: quando il Graal si perde tra le macerie mentre tutto il tempio crolla, nessuno dei salvati sembra soffrire molto della tragedia biblica.
Ma il calice della vita eterna è davvero solo un MacGuffin, un pretesto per mettere in scena il problematico conflitto tra padri e figli? Sì e no. Per Spielberg è soprattutto il modo di rappresentare ciò che sta al centro della propria estrazione identitaria, americana ed ebraica: lo scontro tra legge e negazione della legge. O meglio, la sclerotica incompatibilità tra il Mito di un’identità fondata nella legge (sia essa la Torah del Padre o la costituzione dei padri) e la Storia di una nazione più e più versata nella negazione indisciplinata della legge (il tempo di Spielberg è quello del neoliberismo e della diaspora).
Questa tensione nascosta nell’identità è presente da sempre nel cinema del regista (1941. Allarme a Hollywood era il tentativo di raccontala in scala 1:1) ma trova formalizzazione sostenibile solo con la saga di Indiana Jones – con cui Spielberg si rifà dal fiasco commerciale di 1941, mostrando agli studios di essere in grado di giocare secondo le regole. È attraverso la storia del simpatico archeologo che trova il bandolo della propria identità (il proprio nome) solo confrontandosi con ciò che rifiuta da sempre (il nome del padre), che il regista capisce che l’identità, anche artistica, non si raggiunge scegliendo il disordine incondizionato del mondo, ma fingendo di stare nelle regole del sistema, interpretandole alla lettera, per riprodurre poi questo disordine esistenziale dall’interno.
Le prove del Graal che Indy deve attraversare, ma in generale tutte le peripezie del personaggio, sono un buon esempio di questo modo di intendere il cinema come un meccanismo di confusione ad alta precisione travestito da continuo movimento che scioglie e armonizza le contraddizioni drammaturgiche in una partecipativa sospensione di fede. Ma c’è un’immagine che sintetizza meglio di altre quanto Spielberg consideri il cinema un modo per dare forma alle tensioni costruttive dell’identità. È quella che si staglia dopo che alla fine Henry Sr. lascia il passo al figlio (“Dopo di te, Jr”) e quest’ultimo esclama “Sissignore!”: rappresenta la linea dell’orizzonte spostata di molto dal suo centro, mentre i personaggi galoppano al tramonto.
Di fronte a questa inquadratura è impossibile non pensare al finale di The Fabelmans, in cui il giovane Spielberg ascolta John Ford, il suo papà cinematografico, spiegare come rendere figurativamente proprio l’inevitabile scollamento tra Mito e Storia: “Se l’orizzonte sta in basso, è interessante; se l’orizzonte sta in alto, è interessante; se l’orizzonte sta in mezzo, è una merda noiosa!”.
Il film
Indiana Jones e l'ultima crociata
Avventura - USA 1989 - durata 127’
Titolo originale: Indiana Jones and the Last Crusade
Regia: Steven Spielberg
Con Harrison Ford, Sean Connery, Alison Doody, Denholm Elliott, John Rhys-Davies, Julian Glover
in streaming: su Now TV Sky Go Apple TV Google Play Movies Rakuten TV Microsoft Store Amazon Video
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta