Che il cinema di François Ozon sia attraversato dalla passione per Rainer Werner Fassbinder (e dunque Douglas Sirk) lo dicono i suoi film, anche direttamente. L’adattamento della pièce scritta dal tedesco a 19 anni, Gocce d’acqua su pietre roventi. La gabbia melodrammatica e barocca Angel (in cui porta Sirk a coincidere con RWF, via Effi Briest). Il video-essay ante litteram Quand la peur dévore l’âme, in cui riflette Secondo amore in La paura mangia l’anima e viceversa.
Tutte acute riscritture critiche in differenti guise. Pure questo Peter von Kant (di cui è anche produttore), piccolo film girato in interni durante la pandemia e presentato in apertura alla Berlinale 2022, è, se vogliamo, un critofilm: allestisce un rifacimento di Le lacrime amare di Petra von Kant, opera quello che l’industria chiama un gender swap, scegliendo un uomo come protagonista e un maschietto come oggetto del desiderio (Denis Ménochet al posto di Margit Carstensen, Khalil Gharbia invece di Hanna Schygulla), e costruisce un museo-remake abitato dal fantasma biografico del medesimo regista tedesco.
Peter è Rainer, Ménochet è un sosia, un omaggio, una parodia, Fassbinder rinasce dentro la sua opera. D’altronde non si dice che il suo lavoro coincidesse con la vita? E quale omaggio, allora, può essere più adeguato di questo? Così il film si ritrova a essere un aggiornamento, soprattutto, del privato politico di Germania in autunno, un’ipotesi di biografia che sprofonda nel bignami di poetica: una casa di spettri (Schygulla compresa). Lo dico: ci sono in giro pochi cineasti intelligenti quanto François Ozon.
Il film
Peter von Kant
Drammatico - Francia 2022 - durata 85’
Titolo originale: Peter von Kant
Regia: François Ozon
Con Isabelle Adjani, Denis Menochet, Hanna Schygulla, Stefan Crepon, Khalil Ben Gharbia, Aminthe Audiard
Al cinema: Uscita in Italia il 18/05/2023
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