Nel 1934, Georges Berr e Louis Verneuil scrivono la pièce Mon crime!: la storia di Madeleine e Pauline, amiche squattrinate, l’una scrittrice, l’altra avvocata, che tirano a campare in un pulcioso studio di Parigi. Un grosso imprenditore offre a Madeleine un “lavoro”, ovvero diventare la sua amante, mantenuta, nella garçonnière, ma lei se ne va indignata; poco dopo l’uomo viene trovato morto e Madeleine è accusata del delitto. La ragazza è innocente, ma se il processo fosse l’occasione di diventare celebre e uscire, finalmente, da miseria e anonimato?
Quasi un secolo dopo, Ozon ripesca il testo e lo trasforma in un brillante, feroce e onestamente spassoso teorema sull’epoca del #MeToo, con minime e cruciali variazioni: Madeleine, ora, è un’aspirante attrice (Nadia Tereszkiewicz, perfetta), e l’imprenditore è un famoso produttore che, davanti al suo rifiuto, tenta di violentarla. Per la giovane donna, il tribunale è un potenziale, formidabile palcoscenico dove testare la sua bravura di interprete: con la fedele Pauline (Rebecca Marder, vera rivelazione del film) come voce della difesa (anche per lei è la chance di rivelare il talento da avvocata), Madeleine si finge colpevole, per recitare, a favore della giuria e dell’opinione pubblica, la “parte” della donna umiliata e vessata che, fatalmente, reagisce per legittima difesa. L’operazione di Ozon è di raffinata lucidità: da un lato mette in scena il - pressoché letterale - teatrino di ipocrisie, false sorellanze, populismo e ottusità che orbita da anni intorno alle legittime istanze del movimento #MeToo; dall’altro, racconta di una società patriarcale incapace di riconoscere il valore delle donne e disposta a vedere la violenza di cui sono sistematicamente vittime solo in casi eclatanti, solo quando c’è una “storia” da raccontare.
Madeleine e Pauline mentono, sì; e per loro l’innocenza vale meno della fama, è vero. Ma quello che mettono in scena in tribunale è un atto audace e paradossale di affirmative action, di discriminazione positiva che mette in luce, tramite una menzogna, la verità di mille ingiustizie reali. Il testo diventa così di modernità cocente, nelle forme di una commedia screwball irresistibile, con dialoghi sapidi e ritmati, che si ispira a Sacha Guitry, a Lubitsch, a Billy Wilder (le ragazze vanno al cinema a vedere Amore che redime) e a La regola del gioco di Renoir, in quello che per Ozon è un ulteriore tassello di rielaborazione dei generi cinematografici in chiave “smascherante” e consapevole. Terzo capitolo, come dichiara lui stesso, di una trilogia iniziata con 8 donne e un mistero (da dove ritorna qui, con un ruolo esilarante, una Isabelle Huppert che eleva al cubo il gioco di menzogna e “sorellanza” del film) e proseguita con Potiche. La bella statuina, che come Mon crime adattavano testi teatrali d’annata in chiave “revisionista”, ovvero rileggendone, aggiornandone e potenziandone l’elemento femminista. Può essere femminista un film che racconta di donne bugiarde, che cavalcano un caso di cronaca per ottenere la fama? Sì, a patto di posizionarsi dalla stessa parte dove sta Ozon: quella dell’intelligenza.
Il film
Mon crime - La colpevole sono io
Giallo - Francia 2023 - durata 102’
Titolo originale: Mon crime
Regia: François Ozon
Con Isabelle Huppert, Jean-Christophe Bouvet, Dany Boon, Fabrice Luchini, Félix Lefebvre, Nadia Tereszkiewicz
Al cinema: Uscita in Italia il 25/04/2023
in TV: 27/11/2024 - Sky Cinema Suspense - Ore 19.10
in streaming: su Now TV Sky Go Apple TV Google Play Movies Rakuten TV Amazon Video Timvision
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta