Con quella corsa in mantella invernale e con quell’urlo “Motore!” ripetuto più volte: è così che inizia il finale di Aprile, l’ottavo lungometraggio di Nanni Moretti, metà documentario metà autofiction, ambientato nei 5 anni di crisi creativa successiva a Caro diario. È un finale che vuole rispondere finalmente a una domanda che Moretti, protagonista nei panni di se stesso, si pone: cosa voglio riprendere? Come fuggo da questa crisi indotta dalla mia ostinazione di documentare e cercare di capire un’Italia politica che non tollero più?
Il primo piano di Silvio Orlando che sorride in camera preannuncia il set del film musicale che Moretti vuole realizzare fin dall’inizio di Aprile ma che per capriccio, insicurezza e un’idea ottusa di senso civico non “si sente di realizzare”. La camera indietreggia mentre il set viene preparato, la musica è già partita da un pezzo: siamo in una cucina perché il film è su un pasticcere trozkista che negli anni Cinquanta è contro il regime di Stalin in Unione Sovietica e solo in cucina può dimenticarsi del brutto mondo e ballare.
E quindi si balla: molto presto non più Orlando, relegato allo sfondo e con un solo altro comicissimo primo piano, ma tutti i cuochi e le cuoche, che infornano, lavorano impasti, agitano un mattarello, si dimenano in una variegata coreografia.
Nel bel mezzo della grande cucina un lunghissimo nastro fa scorrere dolci e torte di vario genere, mentre in rigorosa simmetria cuochi e cuoche si alternano al centro della scena, finché i cuochi non si siedono e cominciano a incrociare le gambe distese.
A quel punto finalmente il controcampo rompe l’illusione della scena musicale, nell’ultimo carrello in avanti del film: in fondo sta tutta la troupe di Moretti, che ondeggia al ritmo di musica in un loop idealmente infinito. La camera si avvicina finché non torna su un doppio fulcro centrale, com’era con i ballerini vicini al nastro: adesso a sinistra c’è Nanni Moretti, a destra c’è l’obbiettivo della cinepresa con cui Moretti stesso sta girando il film.
Se è vero che l’immagine finale inquadra i due protagonisti del film in lotta fra di loro in tutto Aprile (Moretti e il cinema) finalmente insieme a ballare, allora l’irreale musical sul pasticcere trozkista, che è un buffo sogno di disimpegno, ha invece reali conseguenze sul “fare” e sul “creare” cinema, sul produrre delle immagini che diano soddisfazione al suo autore e che raccontino qualcosa, in effetti, del suo mondo.
Aprile finge di essere un accumulo incompiuto di situazioni e di ritagli di un’epoca, e finge di essere il naufragare nevrotico di un uomo di sinistra che non riesce a raccontare né un’Italia di destra (maggio ’94-gennaio 95’) né un’Italia di sinistra (da aprile ’96 almeno fino al ’98, anno di uscita di Aprile). In realtà Aprile riesce a trovare una sintesi profetica e lucida, che tra destra al governo (l’incipit) ed episodio del disastro dei migranti albanesi parla anche dell’oggi, in un finale che finge di chiudersi in un passato inesistente degli anni Cinquanta ma che è invece un reale, sardonico e forse fragile momento di serenità a compendio di una sfiducia totale in un Paese irraccontabile.
Il film
Aprile
Commedia - Italia 1998 - durata 78’
Regia: Nanni Moretti
Con Nanni Moretti, Silvio Orlando, Silvia Nono, Pietro Moretti, Angelo Barbagallo, Daniele Luchetti
in streaming: su Apple TV Google Play Movies Rakuten TV Now TV Sky Go Amazon Video Timvision
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